Il Garante regionale dell’Infanzia e dell’Adolescenza scrive ai Presidenti dei Tribunali di Matera, Potenza, Lagonegro. La richiesta

“E’ da tempo che registro, con sempre più frequenza, segnalazioni di coinvolgimento dei figli nelle decisioni e nei conflitti derivanti dalla separazione dei loro genitori”.

Questo l’inizio della missiva del Garante regionale dell’Infanzia e dell’Adolescenza, Vincenzo Giuliano, ai Presidenti dei Tribunali di Potenza, Matera, Lagonegro, al Presidente del Tribunale per i minorenni di Potenza e per conoscenza all’Autorità Garante dell’ Infanzia e dell’Adolescenza.

Continua il Garante:

“La necessita di riorganizzazione, i contrasti, i cambiamenti, i problemi legati alla sfera economica non devono distogliere l’attenzione dalle esigenze e dai diritti dei figli soprattutto di sentirsi amati da entrambi i genitori.

Bisognerebbe trovare un modo perché la Carta dei Diritti dei Figli nella separazione dei Genitori, vademecum per i genitori che affrontano la crisi della loro unione, messa in campo già da qualche anno dall’Autorità Garante dell’Infanzia e dell’Adolescenza, potesse condizionare nei fatti i genitori a rispettare i diritti dei loro figli.

Sarebbe il risultato più atteso per l’affermazione e l’armonizzazione di una nuova cultura della bigenitorialità, finalizzata all’evoluzione del diritto di famiglia nel pieno e paritetico ruolo e rispetto dei genitori separati, padre e madre, al fianco dei loro figli.

Lo scopo del protocollo è quello di dare voce anche ai figli minori di genitori separati, attraverso una forte collaborazione fra il Garante di Basilicata e i Tribunali di Basilicata e il Tribunale dei Minorenni di Potenza che si estrinseca con due modalità: con l’obbligo di partecipazione dei genitori separati, comunque prima dei provvedimenti da parte del tribunale, al corso di formazione predisposto dal Garante dell’Infanzia sulla conoscenza dei 10 principi sanciti nel manifesto sopraccitato; e con il conseguente ascolto del Garante dell’Infanzia come consulente nella fase dell’affidamento.

Sarebbe anche l’occasione per dare corso con il prendere dei provvedimenti su quanto emerso da una indagine, condotta da Demographic Research, su oltre 9mila bambini europei che mostra come nel nostro Paese solo il 2,6 per cento delle coppie vive un affido congiunto “equo”, contro percentuali che si aggirano intorno al 40% nel resto d’Europa.

Infatti, l’indagine citata sui casi di affido condiviso in Italia, ci riporta un quadro non proprio idilliaco per i figli di separati che sarebbero i più infelici d’Europa: “Se per un figlio di separati e/o divorziati conservare un rapporto sereno con entrambi i genitori significa vivere in modo positivo ed equilibrato grazie al sostegno che, malgrado tutto, continuano ad assicurare mamma e papà, i figli dei separati italiani sono tra i più infelici in Europa” AVVENIRE –FAMIGLIA del 18.04.2024”, non vedo perché ciò non debba avvenire anche da noi.

“I genitori che, in sede di separazione, accettano e – nel migliore dei casi – richiedono congiuntamente l’affido condiviso o congiunto, hanno sulla carta le migliori intenzioni per continuare ad occuparsi in modo positivo e concreto dell’educazione dei figli. Sulla carta, beninteso.

Perché capita molto spesso che, nonostante l’affido condiviso venga deciso dal giudice, la corresponsabilità educativa non si realizzi per tanti motivi, non escluso l’ostruzionismo di uno dei due… per tradurre l’affido condiviso in buone prassi educative, non è sufficiente la firma di un giudice, ma servono protocolli d’intensa sottoscritti al momento della separazione in cui vengano indicati in modo dettagliato impegni, orari, compiti da assolvere da parte dell’una e dell’altro.

In alcuni tribunali questa “carta delle buone pratiche” è diventata un punto fermo, in altri – la maggioranza, e questa ricerca lo dimostra – ci si affida ancora a propositi e ammonizioni verbali che poi ciascuno rispetta quando e come vuole.

L’affido è quindi formalmente condiviso, ma non è “equo”. In questo caso l’aggettivo è più importante del sostantivo.

Perché solo se “equo”, cioè davvero strutturato per assicurare ad entrambi i genitori pari diritti e pari doveri, l’affido condiviso funziona”.