Prosegue anche a gennaio, con molta più intensità rispetto al mese precedente, la “frenata” dell’inflazione.
L’indice nazionale dei prezzi al consumo, secondo i dati preliminari dell’Istat registra infatti un aumento dello 0,2% su base mensile e del 10,1% su base annua (a dicembre era +11,6%).
Un rallentamento che si spiega in primo luogo per l’inversione di tendenza dei prezzi dei Beni energetici regolamentati (da +70,2% a -10,9%) e, in misura minore, di quelli degli Energetici non regolamentati (da +63,3% a +59,6%), degli Alimentari non lavorati (da +9,5% a +8%) e dei Servizi ricreativi, culturali e per la cura della persona (da +6,2% a +5,5%).
In controtendenza i prezzi dei Beni alimentari lavorati (da +14,9% a +15,2%), dei Beni non durevoli (da +6,1% a +6,8%) e dei Servizi relativi all’abitazione (da +2,1% a +3,2%).
La “inflazione di fondo”, quella al netto degli energetici e degli alimentari freschi, sale da +5,8% a +6%, mentre quella al netto dei soli beni energetici rimane stabile a +6,2%.
Su base annua sono in rallentamento i prezzi dei beni (da +17,1% a +14,2%), mentre c’è un lieve incremento per i servizi (da +4,1% a +4,2%).
L’aumento dell’indice generale si deve prevalentemente ai prezzi dei Servizi per l’abitazione (+1,6%), degli Alimentari lavorati (+1,5%), dei Beni durevoli e non durevoli (+0,8% per entrambi), degli Energetici non regolamentati (+0,7%). Con il segno meno, invece, i prezzi degli Energetici regolamentati (-24,7%) e dei Servizi relativi ai trasporti (-1,6%).
L’indice armonizzato dei prezzi al consumo (Ipca) diminuisce dell’1,3% su base mensile e aumenta del 10,9% su base annua (in rallentamento da +12,3% di dicembre).
Questo il commento dell’Ufficio Studi Confcommercio:
“Dopo quelle riguardanti la dinamica dell’economia, ulteriori buone notizie giungono dal versante dell’inflazione.
L’anno si apre con una crescita dei prezzi inferiore alle attese grazie a una forte riduzione dei prezzi dei beni energetici regolamentati, e con un tendenziale che risulta compresso a poco più del 10%.
Nel confronto internazionale, l’indice armonizzato scende nell’euroarea di quattro decimi di punto, in Italia dell’1,3%, a conferma, se ce ne fosse bisogno, di un sistema produttivo-distributivo, ben funzionante.
Non mancano fattori che inducono a moderare gli entusiasmi: la core inflation è infatti in crescita di mezzo punto percentuale e raggiunge il 6% su base annua.
Ciò significa che gli impulsi di fondo continuano ad alimentare la dinamica inflazionistica, la trasmissione da monte a valle dello shock energetico non si è esaurita e la crescita dei prezzi del paniere acquistato in alta frequenza d’acquisto, che contribuisce a formare le aspettative d’inflazione delle famiglie, raggiunge il 9%, con accentuati potenziali effetti depressivi sulla propensione al consumo.
Che l’orizzonte si rassereni sul versante dei costi dell’energia non significa che i problemi per la crescita economica dell’anno in corso siano automaticamente risolti”.