È rivolto ai giovani e ai loro sogni, in particolare alla legittima aspirazione ad avere un lavoro dignitoso il messaggio che Mons. Antonio Giuseppe Caiazzo, Arcivescovo della Diocesi di Matera-Irsina e Vescovo di Tricarico, ha scritto in occasione della festa del lavoro facendo propria la sollecitudine dell’intera Chiesa italiana.
Eccolo nei dettagli:
“A tutte le Autorità civili regionali, provinciali, locali
Agli imprenditori regionali
Ai Sindacati di Basilicata
Ai lavoratori
Ai Presidenti delle Cooperative
Ai Dirigenti scolastici
Ai Docenti e Alunni
Alle Associazioni sportive
Carissimi,
la Commissione Episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace, in occasione della festa di S. Giuseppe, ci ha consegnato un messaggio per la Festa dei Lavoratori: ‘Giovani e lavoro per nutrire la speranza’.
Mi permetto di calarlo nella nostra realtà della Lucania con particolare riferimento al territorio dell’Arcidiocesi di Matera-Irsina e di Tricarico che sto imparando a conoscere, cosciente che non è compito mio dare indicazioni a coloro che sono impegnati nella cosa pubblica, ma che sono collaboratore della gioia dei fratelli e delle sorelle (2 Cor 1,24).
C’è grande preoccupazione per il numero sempre più crescente di disoccupati e, in particolare, di giovani che non trovano un’occupazione degna di questo nome.
Nell’era del benessere, dello spreco, è assurdo che ci siano persone (non numeri) che soffrano per mancanza del minimo indispensabile.
La giustizia sta alla base di ogni convivenza umana.
L’equità non fa crescere solo un popolo ma l’umanità intera. Purtroppo, spesso, anche gli enti preposti a risolvere i problemi delle famiglie, delle singole persone, a promuovere le loro dignità, fanno riferimento a noi Chiesa per risolvere situazioni di emergenza economica e sociale.
E noi ce ne prendiamo cura volentieri, per quanto possiamo, ma rimaniamo perplessi nel ricevere una tale delega da parte di chi dovrebbe impegnarsi in maniera strutturata per il bene di tutti.
Come vescovo non posso non condividere le «gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi» (Gaudium et Spes, 1).
La mia riflessione, rivolta a tutti, è frutto di ascolto di centinaia di colloqui durante l’anno, e intende dare un primo contributo, senza nessuna pretesa, affinchè si possano aprire momenti e spazi di riflessione e di confronto.
Ritengo che questa sia la strada principale da tracciare per aiutare la società civile e le istituzioni preposte a «nutrire il futuro soprattutto per i nostri giovani».
Continuo a ripetere che è assurdo che ancora non si riesca a trovare una soluzione adeguata, con progetti mirati a favore delle nuove generazioni e per il bene della nostra terra.
A mio parere è necessario un tavolo di lavoro con tutte le istituzioni regionali, provinciali e comunali, i sindacati, gli imprenditori, abbassando le bandiere politiche, ma non per arrivare a interventi tampone di quelli che servono solo per accontentare ma per avviare un serio processo di sviluppo locale.
Un tavolo a cui partecipino anche con quanti hanno il non facile compito di educare le nuove generazioni (famiglie, scuola, associazionismo, sport, Chiesa…).
C’è bisogno di una seria progettualità con investimenti mirati.
Il nostro territorio offre tante possibilità.
Il Compendio della Dottrina sociale della Chiesa al n. 302 sottolinea un aspetto che nel nostro territorio è fortemente presente ma tenuto nascosto.
Dice esattamente: “La remunerazione è lo strumento più importante per realizzare la giustizia nei rapporti di lavoro. Il «giusto salario è il frutto legittimo del lavoro»; commette grave ingiustizia chi lo rifiuta o non lo dà a tempo debito e in equa proporzione al lavoro svolto (cfr. Lv 19,13; Dt 24,14-15; Gc 5,4)”.
Nel messaggio dei vescovi si sottolinea:
‘Un’attenzione particolare merita la situazione di precarietà lavorativa che vivono molti giovani: dove scarseggia la domanda di lavoro i giovani sono sottopagati, vedono frustrate le loro capacità e competenze e perciò interpellano la coscienza dei credenti in tutti gli ambiti lavorativi e professionali.
Si avverte la fatica di far incontrare la domanda e l’offerta di lavoro, per cui molte professionalità non trovano accoglienza nei giovani’.
Nell’ascoltare quotidianamente i tanti che bussano alla porta del vescovo per un posto di lavoro, mi risulta che sono molti i contratti di lavoro, con salario pieno, regolarmente firmati dai lavoratori ma di quel salario concordato ne percepiscono, a volte, nemmeno la metà.
E’ una grave ingiustizia che non aiuta a promuovere la dignità e la crescita umana e dell’intero territorio.
Chi ne paga le conseguenze sono le famiglie che devono accontentarsi sotto il ricatto: “prendere o lasciare”.
Penso anche ai lavoratori del “reddito minimo d’inserimento” o “tirocinanti d’inserimento sociale”.
Non basta, certo, che sia riconosciuto il diritto al lavoro, bisogna che il lavoro sia retribuito con giustizia e soddisfi le esigenze primarie per una vita dignitosa personale e familiare.
Non possiamo tacere lo sfruttamento lavorativo di tanti migranti e delle donne soprattutto nei paesi, del caporalato.
Nella logica del profitto personale viene meno il bene comune e soprattutto i giovani vengono penalizzati e mortificati.
Bisogna ritornare a sognare e a sperare. Già! Sognare e sperare!
E’ possibile accompagnare i nostri giovani a perseguire queste due mete?
Da quando sono anche vescovo di Tricarico sto visitando e incontrando le diverse comunità di quest’aria interna.
Si avverte forte lo spopolamento.
Le nuove generazioni sono costrette a lasciare la nostra terra per mancanza di prospettive future affidando il destino di questi piccoli centri ai tanti anziani e ai pochi bambini.
Se da una parte assistiamo a fenomeni di migrazione di massa verso l’Italia e l’Europa, dall’altra, attoniti e con grande dolore, assistiamo impotenti alla partenza della nostra meglio gioventù.
E’ assurdo che ancora non si riesca a trovare una soluzione adeguata, con progetti mirati a favorire le nuove generazioni e per il bene della nostra terra.
Ritengo che bisogna agire, e in fretta, perché si ritorni a sperare e a sognare in grande, contribuendo a rilanciare il nostro territorio che è terra da amare, custodire, valorizzare.
Mi sembra opportuno il richiamo del messaggio dei vescovi quando si afferma:
‘Sollecitiamo la politica nazionale e territoriale a favorire l’occupazione giovanile e facciamo sì che il rapporto scuola-lavoro, garantito nella sua sicurezza, aiuti a frenare l’esodo e lo spopolamento, soprattutto nei territori con maggiore tasso di disoccupazione’.
Sono passati circa due anni da quando ci siamo incontrati nella Settimana sociale a Taranto, come Chiesa italiana, mettendoci in dialogo e in ascolto di tutte le istituzioni, ma anche presentando le nostre esperienze “cariche di novità e di speranza, come Economy of Francesco, il Progetto Policoro, le cooperative sociali, le Fondazioni di Comunità, le buone pratiche in campo economico, lavorativo e di microcredito”.
Anche noi, come Chiesa lucana, ormai da anni, stiamo donando il nostro apporto affinché i giovani lucani restino in questa meravigliosa terra.
Ne è testimone il cosiddetto “Progetto Policoro”.
Nella sola provincia di Matera, con la nascita di diverse Cooperative sono centinaia i posti di lavoro creati.
La Chiesa italiana ci ha creduto investendo economicamente e professionalmente.
E’ una strada che stiamo continuando a perseguire e rilanciare.
Ciò significa che è possibile valorizzare il nostro territorio, comprese le rovine, come quelle di Craco Vecchio, prese in considerazione e affidate a una nostra Cooperativa.
Un’attenzione particolare va riposta sempre alla sicurezza dei luoghi di lavoro al fine di ridurre i rischi e i pericoli che possono procurare malattie invalidanti e morti sul lavoro.
In questi primi mesi del 2023 la Basilicata ne ha avute ben 2, un giovane operaio di 45 anni a Brienza il 13 aprile e 1 di 65 anni il 31 marzo a Calvera”.