Diocesi di Matera-Irsina: ecco l’omelia di Mons. Caiazzo per la festa della Madonna della Bruna

Di seguito il testo dell’omelia che Mons. Antonio Giuseppe Caiazzo, Arcivescovo della Diocesi di Matera-Irsina e Vescovo di Tricarico, ha pronunciato questa mattina alle ore 11:00 durante la Messa pontificale nella Cattedrale di Matera per la solennità di Maria SS.ma della Bruna, patrona della città dei Sassi:

“Carissimi,

con il saluto dell’Arcangelo Gabriele a Maria, mi rivolgo a voi: “Rallegratevi…il Signore è con voi!”. Rallegratevi voi presenti a questa solenne concelebrazione eucaristica, incominciando da S. E. il Prefetto di Matera, al Signor Sindaco della città, al Presidente della Provincia, a tutte le autorità, civili e militari. Rallegratevi voi tutti confratelli nel sacerdozio e Diaconi.

Rallegratevi voi tutti fedeli che affollate questa Basilica Cattedrale. Rallegratevi voi dell’Associazione Maria SS. della Bruna, con il Presidente, voi Confraternite presenti, voi Cavalieri della Bruna e associazioni di giovani.

Rallegratevi voi tutti che ci state seguendo da casa, soprattutto ammalati: il Signore è con voi e per mezzo di Maria SS. della Bruna entra nelle vostre case, negli ospedali, nelle case di cura e per anziani, per darvi la sua carezza, e dirvi che lui non vi ha abbandonati: è vicino ad ognuno di voi e vi dice: Coraggio!

Nel Vangelo della Visitazione ci viene detto che Maria entra nella casa di Zaccaria e saluta Elisabetta, sua parente, anziana e al sesto mese di gravidanza.

Una scena bellissima: due donne gravide che stanno una di fronte all’altra.

Custodiscono il segreto della vita perché in loro si è manifestata la potenza di Dio attraverso lo Spirito Santo.

Entrambe portano un figlio nel loro grembo, perché voluto da Dio.

Ognuna delle due, come abbiamo ascoltato nel Vangelo ha accolto Gesù: Maria ha permesso che s’incarnasse in lei, Elisabetta nel coglie la presenza insieme a Giovanni che porta nel suo seno. E chi accoglie Gesù accoglie Colui che lo ha mandato.

Quanto Gesù ci ha detto stamattina è fondamentale: bisogna metterlo al primo posto, prima di tutti gli altri affetti e della nostra stessa vita, per essere capaci di amarli con maggiore intensità e amare noi stessi.

Questo è il segreto della felicità generata in noi dallo Spirito Santo. Ecco perché Maria ed Elisabetta vivono l’esperienza della maternità custodendo i figli come dono di Dio.

Infatti un figlio è sempre un dono di Dio: non è l’uomo a decidere, di fronte alla sacralità della vita, se un figlio deve nascere o morire.

Il ventre sterile di Elisabetta e quello vergine di Maria diventano come due tende per custodire due embrioni sui quali Dio ha un progetto ben preciso.

Il figlio di Elisabetta, Giovanni Battista, deve “camminare davanti al Messia con lo spirito e la potenza di Elia”, pieno di Spirito Santo agisce da profeta già dal sesto mese, danzando di gioia nel seno di sua madre.

E questo perché il figlio di Maria, appena concepito, si manifesta come il Messia, quale Figlio del Dio Altissimo e il vero Re che siede sul trono di Davide.

Dall’incontro di Maria con Elisabetta, come credenti, siamo invitati ad uscire dalla logica comune di pensare che un figlio è solo il prodotto della capacità biologica di generare.

Per i cristiani che ascoltano la voce del Maestro, Cristo Gesù, e venerano la Madonna, ogni figlio è un miracolo che apre il cuore dei genitori a Dio che si rende presente proprio attraverso questo grande dono;

è una visita di Dio che si manifesta.

E se un figlio è dono di Dio non ci può essere un figlio che è preteso come un diritto dei genitori.

Sia Elisabetta che Maria non hanno preteso di avere un figlio: l’hanno accolto come dono che viene dall’alto.

Con Papa Francesco diciamo:

“La gioia dei figli fa palpitare i cuori dei genitori e riapre il futuro. I figli sono la gioia della famiglia e della società. Non sono un problema di biologia riproduttiva, né uno dei tanti modi di realizzarsi.

E tanto meno sono un possesso dei genitori … No, no. I figli sono un dono, sono un regalo: capito? I figli sono un dono. Ciascuno è unico e irripetibile; e al tempo stesso inconfondibilmente legato alle sue radici.

Essere figlio e figlia, infatti, secondo il disegno di Dio, significa portare in sé la memoria e la speranza di un amore che ha realizzato se stesso proprio accendendo la vita di un altro essere umano, originale e nuovo.

E per i genitori ogni figlio … è differente, è diverso”.

Nell’incontro tra Maria ed Elisabetta avviene qualcosa di straordinario e che, secondo l’evangelista Luca, si mostra subito dopo il saluto di Maria. Le parole del saluto non vengono riportate perché tra ebrei è scontato.

Maria infatti comunica a Elisabetta lo “Shalom”, cioè porta nella casa la pace di Dio.

Ed è in questo momento che lo Spirito Santo entra in azione scendendo su Elisabetta avvolgendo e riempiendo sia Elisabetta che il figlio che si mette a danzare.

Elisabetta non parla semplicemente da donna portatrice di vita, ma da Dio, supera ogni conoscenza umana e coglie ciò che la carne non riuscirebbe mai a capire: “Tu, Maria, sei benedetta tra tutte le donne, sei beata perché hai creduto alla parola del Signore, sei la madre del mio Signore”.

C’è ancora di più. Elisabetta riconosce che in quell’embrione, ancora di pochi giorni, c’è tutta la vita, anzi è Dio stesso, e Maria è come la terra benedetta perché contiene la benedizione di Dio per tutta l’umanità.

La visita di Maria a S. Elisabetta, quindi la festa della Bruna, ci insegna che la vita non può essere manipolata secondo gusti, desideri, o ancor peggio commercializzata e ordinata attraverso l’utero in affitto o la maternità surrogata.

La CEI ci ricorda:

«Riconoscere l’istituto familiare nella sua originalità, unicità e complementarità significa tutelare, in primo luogo, i figli, che mai possono essere considerati un prodotto o l’oggetto di un pur comprensibile desiderio… In tal senso, molte persone ormai, pur con idealità diverse, riconoscono come inaccettabili pratiche che mercificano la donna e il nascituro».

Come credenti, come devoti della Madonna, crediamo che la vita è sacra dal suo concepimento al suo morire, perché ogni vita nasce da una relazione d’amore tra un uomo e una donna.

Relazione che manifesta quella di Dio con l’umanità alla quale ha affidato il compito di continuare ad essere con lui concreatrice.

La storia che Dio sta scrivendo per il bene dell’intera umanità, attraverso queste due donne, Elisabetta e Maria, mette in evidenza come da sempre Dio ha affidato alla donna il compito di guidare la storia della salvezza, di cambiare il cuore dell’uomo e di aiutarlo a liberarsi da tante catene, da tante schiavitù che nel tempo, senza rendersene conto l’hanno reso schiavo e prigioniero. Non a caso Maria è definita la “Benedetta fra tutte le donne” e che tutte le generazione la chiameranno “beata”.

Stasera, prima di partire da Piccianello, la statua della Madonna della Bruna, sarà posta sul carro trionfale che, nella tradizione locale, nessuno può toccare, anzi viene difeso perché nessuno si avvicini.

Nella Sacra Scrittura troviamo scritto che l’Arca dell’Alleanza, nella quale c’erano le tavole della legge, la potevano toccare e portare solo i sacerdoti. Se qualcuno la toccava moriva (cf. Lv 17,1; Es 33,20).

La nuova Arca dell’alleanza è Maria che porta dentro di sé quella legge, quella Parola che nel suo grembo si è fatta carne.

Il Carro trionfale che porta l’Arca dell’Alleanza è sacro e può essere toccato solo quando l’immagine di Maria viene posta nella Basilica Cattedrale.

Solo allora ognuno può “strazzare” un pezzo o una parte del carro da portare a casa e custodire gelosamente. Quel pezzo di carro, fosse anche un pezzettino, ricorda ad ognuno che agli occhi di Dio siamo sacri, figli amati, ai quali affida oggi la missione di essere portatori di pace, costruttori di speranza, di fraternità, di umanità, di relazioni d’amore.

Prendere anche solo un pezzetto del carro significa voler contribuire a costruire una società più giusta che ha come fondamento il rispetto e la dignità di ogni persona che è sacra, guardando l’altro come fratello e non come un numero.

Chi strazza il carro è invitato a riflettere, insieme a tutti noi, che ogni pezzo di carro, nella sua sacralità, fa parte di quell’unico manufatto, quest’anno realizzato con competenza e genio femminile, e indica un parto nato dall’incontro di più donne gravide d’amore secondo Dio.

Alla luce di queste considerazioni il nostro pensiero va nei luoghi dove c’è la guerra, non solo quella in Ucraina, che stravolge ogni cosa, come il legame che unisce gli uomini in quanto fratelli, nella tratta di esseri umani disperati che vengono lasciati al loro destino per morire nei nostri mari.

Papa Francesco ci ricorda:

“La cupidigia, l’intolleranza, l’ambizione al potere… sono motivi che spingono avanti la decisione bellica, e questi motivi sono spesso giustificati da un’ideologia; ma prima c’è la passione, c’è l’impulso distorto.

L’ideologia è una giustificazione, e quando non c’è un’ideologia, c’è la risposta di Caino: ‘A me che importa del mio fratello?’: a me che importa … . «Sono forse io il custode di mio fratello?» (Gen 4,9).

Carissimi, ognuno di noi da stasera, anche simbolicamente, sarà possessore di un pezzo del carro della Bruna che la presenza della Madonna lo ha reso sacro. Ognuno sull’esempio della Madonna della Bruna è chiamato a rendere sacro ciò che tocca per aiutare quest’umanità a vincere interessi di potere, avidità di ricchezze con l’industria delle armi e la vendita di esseri umani su barconi fatiscenti.

Noi che amiamo la Madonna della Bruna vogliamo contribuire ad impedire la pianificazione del terrore, dell’ingiustizia, ritornando ai sani principi che i nostri padri ci hanno trasmesso: fedeltà all’amore, alla famiglia, all’accoglienza, alla fraternità, per essere portatori di pace e difensori della vita quale dono sacro di Dio.

Concludo con quanto Papa Francesco ci ha detto il 25 settembre scorso, a conclusione del XXVII Congresso Eucaristico Nazionale:

“Fratelli, sorelle, da questa città di Matera, “città del pane”, vorrei dirvi: ritorniamo a Gesù, ritorniamo all’Eucaristia. Torniamo al gusto del pane, perché mentre siamo affamati di amore e di speranza, o siamo spezzati dai travagli e dalle sofferenze della vita, Gesù si fa cibo che ci sfama e ci guarisce.

Torniamo al gusto del pane, perché mentre nel mondo continuano a consumarsi ingiustizie e discriminazioni verso i poveri, Gesù ci dona il Pane della condivisione e ci manda ogni giorno come apostoli di fraternità, apostoli di giustizia, apostoli di pace.

Torniamo al gusto del pane per essere Chiesa eucaristica, che mette Gesù al centro e si fa pane di tenerezza, pane di misericordia per tutti. Torniamo al gusto del pane per ricordare che, mentre questa nostra esistenza terrena va consumandosi, l’Eucaristia ci anticipa la promessa della risurrezione e ci guida verso la vita nuova che vince la morte”.

La Vergine Santissima della Bruna ci aiuti e ci sostenga in questi nostri propositi.

Così sia”.