“Il governo Meloni non ha di certo mai fatto mistero della propria posizione in merito al reddito di cittadinanza.
L’intero sistema è stato smantellato, proponendo al Paese un’alternativa che è stata applaudita e osteggiata, ovviamente a seconda degli schieramenti”.
È quanto di apprende da quifinanza che aggiunge:
“Tutti sanno che il RdC sparirà del tutto a partire dal 2024 ma non sarà così per tutti.
Alcune fasce, infatti, vedranno sparire tale beneficio già a partire da agosto 2023. Vediamo nel dettaglio di chi si tratta.
Chi rifiuta un’offerta di lavoro
La prima regola per veder decaduto il Reddito di Cittadinanza, prima della sua prevista conclusione a fine 2023, è rifiutare un’offerta di lavoro ritenuta congrua. Viene quindi da porsi una domanda in merito al concetto di congruità.
Per rientrare in questo schema, un’offerta di lavoro deve rispettare i principi di coerenza con quelle che sono le esperienze e le competenze del soggetto in cerca di impiego.
In parole povere, rifiutare un’offerta da netturbino, nel caso in cui studi ed esperienze lavorative siano stati indirizzati verso l’ambito ingegneristico, non comporta la decadenza del beneficio.
Occorre tener presenti inoltre anche la distanza del luogo di lavoro dalla propria abitazione, considerando i tempi di trasferimento via mezzi pubblici.
Nello specifico l’area di lavoro deve rientrare nel raggio di 80 km dalla residenza.
In termini temporali, invece, il raggiungimento via mezzi pubblici deve poter avvenire entro 100 minuti.
Per quanto concerne la retribuzione, inoltre, questa dev’essere superiore di almeno il 10% al beneficio massimo fruibile da un singolo individuo.
I nuclei familiari esclusi
Luglio 2023 è un mese decisamente importante per i percettori del Reddito di Cittadinanza.
Una fetta significativa, infatti, ha ricevuto la propria ultima quota prevista.
Alcuni nuclei familiari, infatti, stando al programma stilato dal governo Meloni, avrebbero potuto infatti beneficiare soltanto di sette mesi di sostegno economico.
Stando a quanto sottolinea l’Inps, le famiglie che non vantano al loro interno soggetti d’età superiore ai 60 anni, minorenni o persone affette da disabilità, vedranno sospeso in maniera permanente il reddito.
In precedenza il tutto veniva interrotto dopo 18 mesi, per poi avere l’opportunità di rinnovare il beneficio, previa approvazione, dopo 30 giorni di sospensione.
Considerando l’abolizione del sistema da parte del governo, però, non ci sarà ovviamente la chance per nessuno di ottenere un rinnovo.
Come detto, continueranno a ricevere la cifra pattuita quelle famiglie con all’interno le tre categorie indicate.
Nello specifico sono escluse dalla sospensione, o meglio abolizione, almeno fino a dicembre 2023, i soggetti affetti da disabilità media, grave o non autosufficienti. Da gennaio 2024, però, la prestazione sarà totalmente abolita.
Fondo per il sostegno alla povertà
La manovra attuata ha consentito un netto risparmio economico.
Considerando lo stop nel mese di luglio all’erogazione economica, l’Inps prevede uno ‘sconto’ rispetto allo scorso anno di 958 milioni di euro.
Una somma a dir poco considerevole, che resterà però nelle casse immobile.
L’ente ricorda, infatti, quello che è il progetto in atto.
I soldi risparmiati andranno a supportare il Fondo per il sostegno alla povertà e per l’inclusione attiva. Nuova istituzione da parte del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali”.