Il 10 Marzo del 1946 le donne italiane andarono per la prima volta a votare (all’epoca l’età minima per accedere al voto era 21 anni).
Non solo, per la prima volta potevano essere elette tutte le donne di età minima 25 anni.
Questa data rappresenta il frutto di lotte secolari che si sono intensificate soprattutto negli anni della Seconda guerra mondiale, quando la donna ha avuto un ruolo determinante nelle scelte politiche del Paese (si veda ad esempio la Resistenza).
Le prime elezioni alle quali le donne furono chiamate a votare furono le amministrative mentre le prime elezioni politiche (si trattava del Referendum istituzionale monarchia-repubblica) si tennero il 2 Giugno 1946.
Già nel 1946 furono elette le prime donne in diverse amministrazioni, tra cui due sindache.
Invece nell’Assemblea Costituente del 2 Giugno 1946, che doveva redigere la nostra attuale Costituzione, confluirono ben 22 donne tra cui, ricordiamo, Nilde Iotti e Lina Merlin.
Sul voto alle donne c’è una curiosità che vogliamo riportare pubblicata il 2 Giugno 1946 dal Corriere della Sera:
“Senza rossetto nella cabina elettorale. Siccome la scheda deve essere incollata e non deve avere alcun segno di riconoscimento, le donne nell’umettare con le labbra il lembo da incollare potrebbero, senza volerlo, lasciarvi un po’ di rossetto e in questo caso rendere nullo il loro voto. Dunque, il rossetto lo si porti con sé, per ravvivare le labbra fuori dal seggio”.
Insomma, un chiaro avvertimento a tutte le donne per evitare che il loro voto, così duramente conquistato, venisse invalidato per una distrazione.
Il primo Paese che estese il diritto di voto ed eleggibilità alle donne fu la Finlandia nel 1907. Certo, c’erano già stati Paesi che avevano intrapreso questa strada, come la Nuova Zelanda nel 1893 che tuttavia non era ancora uno stato indipendente bensì una colonia britannica.
L’ultimo Paese ad estendere questo diritto è stato l’Arabia Saudita nel 2015.