Il desiderio come motore di cambiamento collettivo.
È stato questo il filo conduttore della presentazione di “Spazio al desiderio”, il nuovo saggio di Paolo Venturi e Flaviano Zandonai, che ieri ha animato il dibattito presso OpenSpace APT – Piazza Vittorio Veneto a Matera.
L’incontro, che ha registrato un’ampia partecipazione di operatori del terzo settore, amministratori locali, studenti e cittadini, ha messo in luce la necessità di ripensare l’innovazione sociale partendo dalle aspirazioni delle persone, come leva per affrontare le sfide attuali e dare nuova linfa ai processi di cambiamento.
Ad aprire l’evento, il saluto del Presidente del Consorzio La Città Essenziale, Giuseppe Bruno, che ha sottolineato:
“Viviamo un’epoca in cui il desiderio sembra smarrito, sostituito da logiche di pura reazione alle emergenze.
Questo libro ci offre uno spunto fondamentale: senza desiderio non c’è innovazione, non c’è impatto, non c’è futuro condiviso.
Per il terzo settore, che per sua natura costruisce risposte ai bisogni collettivi, questa riflessione è cruciale.
Siamo chiamati a creare non solo servizi, ma percorsi di trasformazione capaci di generare significato per le comunità”.
Nel corso della presentazione, Venturi e Zandonai hanno evidenziato come la grande defezione – il progressivo ritiro delle persone dalla partecipazione attiva nella società – sia uno dei sintomi più preoccupanti della nostra epoca.
Eppure, proprio da qui può nascere una nuova prospettiva: ritrovare il desiderio non solo come leva individuale, ma come forza collettiva in grado di ridefinire il modo in cui lavoriamo, ci organizziamo e generiamo impatto sociale.
Scrivono gli autori:
“Per ribaltare i modelli e le logiche che hanno fin qui soprasseduto al fare innovazione, l’ultima grande leva trasformativa rimasta è il desiderio, l’aspirazione a fare cose nuove insieme che producano impatti positivi, tangibili, duraturi e, soprattutto, ormai necessari e urgenti.
Una prospettiva che continuasse a sterilizzare il desiderio comprometterebbe la generatività delle azioni e delle interazioni, mettendo in crisi la sostenibilità delle transizioni sociali e ambientali faticosamente in atto. Il desiderio ci porta fuori dal nostro io, ci fa sconfinare dal nostro perimetro conosciuto e ci trasporta verso l’inatteso.
L’innovazione sociale è dunque tutt’altro che un fenomeno passeggero e fugace, utile magari per esigenze di mero posizionamento o di dibattito, spesso autoreferenziale, tra addetti ai lavori.
È invece il vero e proprio vettore di cambiamento che anche questo libro vuole continuare ad alimentare affinché non solo i suoi esiti ma anche i suoi processi di formazione e di governo siano sociali perché di natura collettiva”
L’evento si è chiuso con un momento di confronto aperto con il pubblico, durante il quale sono emerse riflessioni su come il desiderio possa essere coltivato all’interno delle organizzazioni, delle istituzioni e dei movimenti sociali.
Per chi non ha potuto partecipare, il volume è disponibile nelle principali librerie e piattaforme online.