Sgomento per il terribile incendio che, alle prime luci dell’alba, ha spezzato la vita di una giovane donna.
Dopo la triste notizia del rogo scoppiato alla Felandina, il ghetto sito nel Comune di Bernalda, ad intervenire con una nota è TerreJoniche, lanciando un appello alla politica tutta, alle Istituzioni, alle associazioni, ai cittadini:
“L’incendio della Felandina di queste ore è l’ultima grande tragedia, in ordine di tempo, che vive il nostro territorio.
La Felandina rappresenta l’ennesima vergogna italiana.
Il ghetto è infatti, uno dei tanti non luoghi dove vivono in condizioni disumane centinaia di persone (uomini, donne e bambini) molti di loro lavoratori regolari nel nostro agroalimentare.
“Agglomerati urbani di fortuna”, baracche prive di acqua, luce e servizi igienici, luoghi non consoni per chi il nostro sistema produttivo contribuisce a mantenerlo.
Tutto questo nella totale indifferenza e impotenza dello Stato, della Regione, del Comune, istituzioni incapaci di garantire il rispetto minimo dei diritti umani; istituzioni che da più parti e più di una volta, sono state interpellate da associazioni locali per capire quali politiche intendeva applicare per porre fine ai problemi del lavoro stagionale.
Tuttavia le uniche parole d’ordine sono sempre state le stesse: ruspe, sgomberi.
Parole d’ordine frutto di una politica demagogica che non affronta con serietà i problemi ma cerca azioni ad effetto per soddisfare la pancia degli elettori.
Come molti di voi sanno, fin da quando TerreJoniche si è costituita, all’indomani dell’alluvione nel Metapontino, ha sempre lavorato per tutelare le comunità e difendere i diritti calpestati.
In un territorio in cui da una parte la comunità bracciantile tutta, senza distinzioni né di sesso né di etnia, è vessata da piaghe ataviche come il caporalato ed è costretta spesso a vivere in condizioni di sussistenza senza l’attenzione giusta delle Istituzioni che si facciano carico dei problemi senza strumentalizzarli, e dall’altra numerose imprese agricole sono strozzate dalla crisi, dalla morsa della commercializzazione, dalla GdO, e dalla criminalità organizzata è fondamentale segnare la nostra presenza non potendo più rimanere inermi, fermi e silenti.
Abbiamo bisogno, ora più che mai di fare fronte comune.
Di costruire intorno alle campagne di raccolta dell’ortofrutta nel nostro territorio servizi adeguati, accoglienza, intermediazione di manodopera trasparente ed efficace per garantire sia le imprese agricole che hanno bisogno delle braccia nei campi sia i braccianti che vi lavorano (italiani e non italiani).
Il nostro sistema straordinario dell’ortofrutta non può permettersi condizioni barbare da medioevo e le istituzioni non possono lasciare soli i nostri agricoltori e i braccianti a pagare i costi dell’inefficienza, della mancanza di servizi di intermediazione di manodopera, di trasporti, di accoglienza per poi finire, tutti, a pagare lo sfruttamento di prezzo al campo ed a scaricarlo sui più deboli.
Per farlo invitiamo tutte le Istituzioni, le associazioni di territorio, i cittadini a incontrarci quanto prima per capire come e in che modo arginare questa deriva e quali azioni mettere in campo.
Invitiamo tutti a sottoscrivere numerosi il nostro appello e a mobilitarci.
La morte di una donna nigeriana, deceduta nell’incendio di questa mattina, alla quale va il nostro ricordo e il nostro cordoglio più sincero, lo impone affinchè la sua morte non resti vana.
Tragedie come questa non devono più accadere perchè possono essere evitate mettendo in campo reali politiche di accoglienza e di rispetto dei diritti di tutte le persone.
Possiamo restare umani e decidere da che parte stare oppure con il nostro silenzio contribuire ad alimentare questo clima di odio che ci sta travolgendo.
A farne le spese di tutta questa brutalità sono gli esseri umani, non dimentichiamolo, che continueranno a morire, in mare come sulla terra ferma”.
(foto: il fatto quotidiano).