Uno straordinario inno al nero, colore della fertilità e delle tenebre, ma anche del meridione, del lutto e del riparo.
Ma anche una rinascita della musica popolare che, grazie al talento e alla sensibilità di Vinicio Capossela, ha saputo parlare una lingua contemporanea, totalmente immersa nel contesto culturale del tempo che viviamo.
È durato quasi tre ore il concerto dell’istrionico cantautore che, nella suggestiva Cava del Sole, ha trascinato in una sorta di trance collettiva le oltre 4 mila persone presenti.
Complice, uno straordinario repertorio musicale, composto appositamente per il progetto Trenodia, coprodotto da Fondazione Matera Basilicata 2019 e da SponFest Sottaterra, che ha pescato dalle radici più profonde della tradizione meridionale per arricchirla di nuovi sensi, di nuovi mondi espressivi.
Complice anche la bravura dei musicisti presenti sul palco, a partire dalla presenza dei Cubba Cubba di Tricarico, eredi originali della profonda ricerca guidata da Antonio Infantino a cui Capossela ha praticamente dedicato il concerto.
Lunghi applausi finali e un ricordo lanciato dal palco dal direttore della Fondazione Matera Basilicata 2019, Paolo Verri:
“In questa giornata di lamentatio per la terra, la terra ha inghiottito due operai che sistemavano un pozzo in una discarica chiusa da sei anni.
A Donato e a Leonardo il nostro ricordo, la nostra preghiera, il nostro canto.
A tutti, la responsabilità di tutelare il lavoro e la sicurezza dei lavoratori”.
Il concerto è stato preceduto, nella platea della Cava, dall’ultima performance di Trenodìa, ideato da Mariangela e Vinicio Capossela.
Il corteo in forma di arte che ha attraversato Calabria, Alta Irpinia e Basilicata per trasformare il pianto funebre in lamentazione collettiva, espressione di una comunità che ritorna così alla vita.
Potente ed evocativa la scelta del percorso: il punto di raduno e di partenza, la Fabbrica del Carro, la Chiesa dell’Annunziata, sono infatti coincisi con quelli della Festa della Bruna.
Il corteo, però, dopo aver attraversato Piccianello, attirando la curiosità della gente e di decine di fotografi appassionati, ha girato le spalle alla città per puntare appunto verso Cava del Sole.
Attraversando la vecchia strada dei Cavamonti, la strada sterrata, oggi appena coperta da una colata di calcestruzzo, attraverso cui i mulattieri trasportavano i pesanti blocchi di pietra con cui è stata fabbricata la Matera del Piano, le grandi chiese monumentali, i grandi palazzi che oggi ne arricchiscono il pregio urbanistico al di là dell’unicità dei Sassi.
Un corteo affollato: circa 150 prefiche, irrobustito dalla presenza delle delegazioni dei sei paesi che sono stati protagonisti del progetto.
A cui si sono aggiunte le donne di Colobraro accompagnate dal Sindaco e dal direttore artistico dell’evento che mette in campo la fama magica del paese.
A precedere il corteo e a scandire il ritmo delle stazioni dedicate alle orazioni civili e ai quadri dolenti delle prefiche:
- gli ottoni della banda di Tolve e i cupa cupa della band di Agostino Trance;
- i Cubba Cubba di Tricarico, che con il loro suono potente e ossessivo avevano segnato la conclusione della precedente tappa di Trenodìa, nel paese di Rocco Scotellaro e Antonio Infantino.
A seguire, una folla di cittadini interessati e appassionati dall’originale performance.
Una messa in scena potente e ieratica, in cui hanno giocato un ruolo importante non solo la musica e le orazioni civili scandite nelle numerose stazioni di posta lungo il percorso, ma anche le pause, i silenzi, la presenza immobile e lacerante dello spazio delle prefiche, che hanno accompagnato il percorso di avvicinamento al rito di liberazione del concerto finale di Vinicio Capossela e dei suoi complici.