Blind Sensorium. Il Paradosso dell’Antropocene: questo il titolo della mostra inaugurata lo scorso 6 Settembre, negli spazi del museo Ridola e dell’ex scuola Media “Alessandro Volta”; un evento che corona dieci anni di ricerca del fotografo e filmmaker Armin Linke sulle forze che modificano il volto della Terra.
Mai, prima d’ora, era esistita una rete più ampia di tecnologie e sensori in grado di accumulare conoscenze sul pianeta e i suoi ecosistemi.
E tuttavia i saperi generati da questo potentissimo apparato tecnologico sono caratterizzati dai punti ciechi prodotti dalla sua implicazione nello sfruttamento accelerato della natura.
Blind Sensorium. Il Paradosso dell’Antropocene è simile a una vasta antropologia visiva del controverso ruolo svolto dagli esseri umani e dalle moderne società capitalistiche nella trasformazione della Terra.
Un tema di stretta attualità oggi, alla luce della nuova ondata di movimenti ecologistici suscitata dalla straordinaria avventura di Greta Thunberg.
E infatti ha partecipato alla preview, dedicata in mattinata alla stampa, una delegazione del movimento che fa capo alla giovanissima leader ambientalista svedese.
La mostra sottolinea anche l’assoluta inadeguatezza della fotografia come media dedicato a una narrazione naturalistica del reale.
Armin Linke, sottolinea come:
“La scelta espositiva elaborata con Anselm Franke è stata però di non limitarci a illustrare questi grandi temi attraverso la fotografia.
Ci interessava presentare ai visitatori anche le immagini prodotte dai dispositivi che osservano e raccolgono i dati di quanto sta avvenendo e/o è avvenuto su e intorno al nostro pianeta e invitarli a interrogarsi insieme a noi sul perché, nonostante tutti i meccanismi sensoriali di cui disponiamo e che non sono per forza sempre sensori ottici nel senso classico, persistiamo in una sorta di cecità”.
Rossella Tarantino, manager Sviluppo e Relazioni della Fondazione Matera Basilicata 2019, osserva:
“Realizzare una mostra come Blind Sensorium a Matera nell’anno di capitale europea della cultura, è particolarmente significativo: una città dai tempi lunghi e dalle mille stratificazioni come Matera è infatti il luogo per eccellenza dove lanciare spunti e riflessioni sulle responsabilità del genere umano rispetto al futuro del pianeta che abita.
Ma la differenza rispetto al progetto che avevamo descritto in candidatura è che non si tratta più di un ‘futuro remoto’.
In soli 5 anni, quanto era ipotizzabile come necessario è ora urgente, imprescindibile.
Siamo altresì orgogliosi che la mostra – che come tutto il ciclo delle grandi mostre è stata realizzata in coproduzione e strettissima collaborazione con il Polo museale della Basilicata- consenta di aprire e fruire luoghi inediti, quali il piano terra dell’ex Scuola Volta e nuovi eccezionali spazi dei depositi e degli uffici del Museo Ridola.
Spazi innovativi e simbolici insieme: quali necessità più importanti per il sapere contemporaneo e per un nuovo agire collettivo che non quelli dell’educazione e degli archivi?”
La mostra è articolata in tre sezioni che hanno distinte e suggestive location.
“Immagini cieche”, è ospitata al piano terra della ex scuola media Volta, un bene pubblico che si avvia così a essere restituito alla fruizione collettiva.
Questo il commento di Salvatore Adduce, presidente della Fondazione Matera Basilicata 2019:
“Dobbiamo ringraziare il Comune di Matera per aver reso possibile la realizzazione dell’allestimento in tempi così brevi.
Ma va reso merito anche alla nostra tenacia e dei tanti che hanno lavorato a Blind Sensorium.
Una cosa va detta con chiarezza: anche se sulla carta oggi inauguriamo la quarta e ultima mostra proposta nel dossier di candidatura per Matera 2019, in realtà sappiamo che questa è la penultima mostra.
Perché sappiamo che il nostro lavoro non finisce il 19 dicembre e ci sarà sempre una nuova grande mostra da costruire”.
Il curatore Anselme Franke spiega:
“L’opera di Armin Linke è una riflessione artistica sul cambiamento del ruolo della fotografia in un mondo viepiù governato da processi astratti e dalle loro infrastrutture materiali e concettuali.
La prima parte della mostra propone un’ampia selezione del suo archivio fotografico di Linke, organizzata come un laboratorio a più strati”.
La seconda sezione “L’immagine del tempo” è ospitata tra le migliaia di oggetti archeologici conservati nei depositi del museo Ridola.
Materiali che si concentrano tra 1000 a.c. e 1000 d.c. ma attingono anche alle precedenti civilizzazioni paleolitiche e neolitiche.
Qui si riflette sul nostro mutevole rapporto con il tempo (profondo) nelle condizioni determinate dall’Antropocene.
La documentazione archeologica viene accostata a immagini che mostrano come gli esseri umani stiano interferendo con la Terra e come la Terra stia a sua volta “interferendo” con la storia umana.
Nel suo intervento di saluto e di ringraziamento la direttrice del Polo Museale della Basilicata, Marta Ragozzino si è rivolta commossa all’ingegner Corazza, che del progetto di ampliamento del Museo Ridola è stato protagonista:
“Sono tanti i miei collaboratori che hanno lavorato senza interruzione quest’estate per la realizzazione di questa mostra, così come è stato fondamentale il ruolo del nostro personale Mibac per le altre tre grandi mostre di Matera 2019.
In questa occasione è importante sottolineare come si restituisca alla sua destinazione d’uso un pezzo della nostra struttura, il 1° piano della palazzina FIO, ma anche un luogo ad altro deputato, il deposito, diventi un elemento essenziale dell’esposizione, perché non solo offre i materiali alla visione dei visitatori ma li arricchisce di una più ricca potenza narrativa”
La terza e ultima sezione della mostra “The deep time of now”– ospitata al 1° piano dell’edificio del Museo Ridola – offre una sintesi di oltre dieci anni di lavoro fotografico e cinematografico sul campo di Armin Linke e dei suoi collaboratori Giulia Bruno e Giuseppe Ielasi.
Linke e il suo team hanno seguito e intervistato scienziati, politici e attivisti, accedendo a laboratori, centri di elaborazione dati e alle sale delle negoziazioni delle Nazioni Unite; a siti di estrazione delle risorse e a luoghi cruciali per l’ecosistema della Terra.
Si tratta di una ricerca sulle istituzioni moderne – politiche, scientifiche, economiche – e sul loro ruolo nel mondo attuale.
Il film nato da questa ricerca è il resoconto di questo percorso.
Di seguito alcune immagini della mostra.