Vito Messina, il segretario regionale dell’Unione Sindacati di Polizia Penitenziaria scrive ai vertici dell’amministrazione, regionale e locale, per denunciare la grave situazione che interessa il carcere di Matera.
Di seguito il comunicato ufficiale che è stato inviato alla nostra Redazione:
“Ogni giorno ormai nelle strutture penitenziarie si registrano nuovi episodi di violenza in danno degli agenti di Polizia Penitenziaria; episodi continui che hanno connotati preoccupanti, sia per la graduale escalation che stanno assumendo, sia per gli effetti che hanno provocato e per quelli che potrebbero causare in danno della incolumità fisica del personale in servizio.
E’ il caso del carcere di via delle Ceriere a Matera, dove un detenuto, ha cercato di aggredire un nostro collega, con grossi rischi di ordine e sicurezza per la struttura penitenziaria.
Grazie all’operato dal personale di servizio, il peggio è stato evitato.
Le radici di un tale fenomeno sono facilmente individuabili se si tiene conto della intesta campagna mediatica cui è stata sottoposta la popolazione detenuta convinta che l’apertura (sconsiderata) delle celle nelle sezioni detentive, la vigilanza dinamica, la norma approvata sul reato della tortura – quest’ultima con evidenti distorsioni sull’applicazione i cui effetti sono ancora tutti da verificare – possano determinare una sorta di immunità per tutto ciò che viene commesso all’interno delle mura carcerarie.
Va anche sottolineato che, ad avviso di chi scrive, soprattutto nell’ultimo quinquennio, il fatto che si sia parlato molto di una riforma del Corpo di Polizia Penitenziaria, o meglio di una possibile trasformazione in Corpo di Giustizia, ha indotto chi guida i penitenziari (anche per necessità non essendo sufficienti le altri figure professionali) ad adottare un criterio sanzionatorio molto blando (se non inesistente) nei confronti di chi compie gesti pregiudizievoli per l’ordine e la sicurezza interna delle carceri.
Ciò che è grave, sta nel fatto che il detenuto assume atteggiamenti ancora più aggressivi e irridenti nei confronti del personale proprio a causa di questa volontà “normalizzatrice”, o meglio “minimizzatrice”.
È chiaro che in alcuni contesti ci sono sia i Direttori penitenziari che i Comandanti di reparto: i primi dei quali sempre più spesso fungono da mediatori tra il mantenere un regime (che dovrebbe essere comunque rispettoso delle regole) e le concessioni ai detenuti ristretti che vedono sempre più una riduzione delle stesse; i secondi, in forte affanno (per la carenza di risorse umane) a trovare una linea di governo del personale che non sia demotivante e deprimente per le funzioni chiamate a svolgere – donne e uomini in divisa – restano incastrati in un vortice di emergenze come quella del sovraffollamento che non consentono agli stessi una pianificazione degli interventi.
I fatti gravi che si stanno succedendo, per fortuna ad oggi non hanno avuto epiloghi fatali per i malcapitati agenti che sono incappati in gesti sempre (va detto) più spesso messi in atto da soggetti che nel carcere dovrebbero non esserci o essere seguiti da figure professionali diverse da quella della polizia penitenziaria.
Non è una novità infatti che spesso si tratti di detenuti con problematiche psichiatriche o presunte tali, più che soggetti con alto indice delinquenziale.
Alla luce di questa situazione – che a nostro avviso rappresenta la punta di un iceberg – non ci resta che chiedere a codesto Provveditore di valutare, unitamente agli Uffici Dipartimentali, così come anche caldeggiato dall’ex Ministro dell’Interno Matteo Salvini, che si è tradotto con un nulla di fatto del Ministro Guardasigilli BONAFEDE, l’ipotesi dell’estensione dell’avvio dei test sulla pistola elettrica “TASER” anche alla Polizia Penitenziaria.
L’ostracismo con cui potrebbe essere accolta una sperimentazione finalizzata all’utilizzo di quello che è uno strumento certamente meno offensivo delle armi attualmente in dotazione che, è bene ricordare, sono utilizzate solo nei servizi esterni e per le funzioni di pubblica sicurezza rivestite dal personale anche fuori dal servizio, deve essere messo sulla bilancia degli effetti benefici che un deterrente del genere potrebbe determinare con certezza.
Questo in attesa che si valutino anche modifiche legislative alle norme che riguardano questi odiosi reati commessi in spregio della dignità delle persone che nella loro funzione rappresentano le istituzioni Repubblicane e, non ultimo, nella speranza che si profilino modifiche all’ordinamento penitenziario affinché si realizzi un percorso di inasprimento della possibilità di accesso ai benefici di legge (misure alternative in primis) per coloro che si rendono protagonisti di tali odiosi e pericolosi atti contro la polizia penitenziaria e le altre forze dell’ordine (anche questo l’attuale Ministro Guardasigilli, sembra non ha ritenuto far inserire nel decreto sicurezza bis).
Di certo questo strumento non sarebbe il solo di cui necessita il Corpo, che ovviamente ha bisogno principalmente di risorse umane almeno per ripianare la grave carenza nell’organico, falcidiato da norme fratricide e decisioni prese senza valutarne gli effetti.
A riguardo le dichiarazioni stampa del Capo del Dipartimento (seppur ci vi sono stati arruolamenti di recente) necessitano di essere esplicitate perché temiamo si tratti solo di un palliativo mediatico, qualora sia riconducibile solo al reintegro del turn over, di pari sesso che non avviene di recente.
Nello spirito di contribuire a mettere in sicurezza il lavoro degli operatori di Polizia Penitenziaria, è auspicabile dunque che codesto Dipartimento dia anche seguito all’intento di avviare una serie di confronti che possano tracciare un percorso da compiere affinché ne benefici anche il risultato che lo Stato è tenuto a corrispondere alla società.
Vi è da ricordare anche gli ultimi interventi nella struttura: apertura di un nuovo reparto e non solo; oggetto di nostra dura presa di posizioni pochi giorni or sono.
Ciò che fa molto riflettere, vi è da dire che tutto questo va contro le logiche del solito piagnisteo cui si assiste, ove l’amministrazione decanta una grave carenza di dotazione di organico, in ogni incontro che ha con le rappresentanze dei lavoratori nel momento in cui si va a discutere dei benefici, dei turni e sicurezza dei lavoratori.
La complicità di alcune Sigle sindacali filo amministrazione ha visto i lavoratori gare i conti con turni sempre più brevi.
Per Noi della USPP, sicuramente la situazione materana non è delle migliori – anzi tutt’altro – ma il sindacato non può annuire davanti a queste colossali prese in giro: se l’amministrazione ragionerebbe come la massaia, non aprirebbe nuovi reparti detentivi, se non davanti ad un incremento serio di una giusta dotazione organica.
Proprio per queste ragioni la USPP scenderà in piazza a manifestare il proprio dissenso.
Chiamando in causa la Politica farà qualsiasi azione consentita a contrastare questo modus operandi.
Non si può giocare al massacro della Polizia Penitenziaria, con il silenzio assenso di buona parte di chi ha responsabilità”.