L’Italia risulta essere nel 2019 uno dei maggiori importatori di alimenti biologici da Paesi extracomunitari (acquistati per ben 1/3 dall’Asia).
Agrifoodtoday segnala questo trend in crescita per la nostra nazione:
“Così come riporta sul piano produttivo l’Italia è nel 2019 il primo Paese europeo per numero di aziende agricole impegnate nel biologico: sono saliti a 80.643 gli operatori coinvolti (+2%) mentre le superfici coltivate a biologico sono arrivate a sfiorare i 2 milioni di ettari (+2%).
L’incidenza della superficie biologica nel nostro Paese ha raggiunto nel 2019 il 15,8% della Superficie Agricola Utilizzata (Sau) a livello nazionale, e questo posiziona l’Italia di gran lunga al di sopra della media Ue, che nel 2018 si attestava all’8%, e a quella dei principali Paesi produttori come Spagna (10,1%), Germania (9,07%) e Francia (8,06%).
È quanto emerge da ‘Bio in cifre 2020’, il rapporto annuale del Sinab (Sistema di Informazione Nazionale sull’agricoltura biologica).
Nel rapporto, emerge anche un aumento delle importazioni di prodotti biologici da Paesi extracomunitari con un incremento complessivo del 13,1% delle quantità totali nel 2019 rispetto all’anno precedente.
I cereali, le colture industriali e la frutta fresca e secca sono le categorie di prodotto biologico più importate, con un’incidenza rispettivamente del 30,2%, 19,5% e 17,0%.
I tassi di crescita delle importazioni bio più rilevanti si sono avuti per la categoria di colture industriali (+35,2%), di cereali (16,9%) e per la categoria che raggruppa caffè, cacao, zuccheri, tè e spezie (+22,8%).
L’Italia è uno dei maggiori importatori di alimenti biologici da Paesi extracomunitari da dove nel 2018 ne sono arrivati ben 210 milioni di chili di cui quasi 1/3 dall’Asia, così come osserva il presidente della Coldiretti Ettore Prandini.
A questo proposito ‘è necessario intensificare le attività di controllo e certificazione del prodotto biologico in entrata da paesi extracomunitari anche con un maggiore coinvolgimento delle autorità doganali, al fine di garantire sia i consumatori finali rispetto alla qualità delle produzioni, sia una corretta concorrenza tra produttori intra ed extra Ue’ conclude Prandini.”