Si può non essere perplessi di fronte alla proposta del presidente Bardi che, per non essere in grado di garantire assistenza sanitaria e trasporti sicuri, propone di interrompere tutte le attività didattiche in presenza, a partire dalle elementari?
Nella giornata di martedì 10 il presidente Bardi ha convocato con urgenza una video-riunione per sottoporre alle organizzazioni sindacali della Scuola, e a varie rappresentanze istituzionali (Presidenti delle Provincie, ANCI, Ufficio Scolastico Regionale) l’ipotesi, già avanzata in un comunicato dei giorni scorsi, di interruzione di tutte le attività didattiche in presenza, scuola primaria inclusa, per un periodo ipotizzato in 10-15 giorni.
Già nei giorni scorsi avevamo indicato in un comunicato tutte le nostre preoccupazioni a fronte di una simile ipotesi: una cosa è garantire a chi opera nel mondo della scuola (studenti e lavoratori) tutte le condizioni di sicurezza e tutela della salute, altra cosa è contrapporre salute e diritto all’istruzione. Quest’ultima scelta sarebbe la conseguenza e la prova dell’incapacità di garantire la prima.
Quello che riscontriamo in questi giorni ne è la drammatica testimonianza: l’indice di contagio Rt (1,73) è tra i più alti d’Italia, per 152 casi di positività non è stata ricostruita la catena di contagio (come attestato dall’Istituto Superiore di Sanità nel suo report settimanale) e questo sta a indicare che il sistema di tracciamento è saltato con tutte le implicazioni in termini di imprecisa valutazione del rischio, per non parlare della carenza di posti letto, del mancato potenziamento della sanità territoriale e di un sistema dei trasporti che non consente a cittadini e lavoratori di viaggiare in sicurezza. Addirittura riceviamo continue segnalazioni di lavoratrici e lavoratori a casa in isolamento fiduciario a cui scade il periodo di quarantena senza che siano stati sottoposti a tamponi o altre misure diagnostiche.
Ribadiamo quello che avevamo già detto nei giorni scorsi: quello che osserviamo ora è il frutto delle mancate scelte e dell’inazione dei mesi scorsi e della errata convinzione che la pandemia fosse un problema ormai alle spalle. Ricordiamo bene come nell’incontro con la Giunta regionale prima dell’avvio dell’anno scolastico abbiamo dovuto correggere l’affermazione dell’Assessore alla Sanità che “nella scuola primaria il problema era minimo perché in quella fascia di età i bambini non si contagiano e non sono infettivi” (affermazione ora smentita anche dai dati forniti ieri dal Presidente Bardi), così come ricordiamo bene l’intervento del rappresentante di una sigla sindacale (che ora si erge a difensore della salute dei lavoratori) fare dell’ironia sulle misure di contenimento da applicare nella scuola primaria.
Il protocollo nazionale di sicurezza è stato voluto e sottoscritto dalle organizzazioni sindacali per avere forme di intervento e di tutela di chi lavora e opera nella scuola, che, per questo, risulta essere un luogo più sicuro e meglio organizzato, sia in termini di controllo che di rispetto delle regole di sicurezza, della gran parte degli spazi pubblici frequentati dai nostri ragazzi. È il mancato rafforzamento delle misure “esterne” alla scuola che ora invece determina inevitabilmente l’aumento dei problemi sanitari e il conseguente ricorso alla soluzione “più semplice”: ridimensionare l’offerta educativa, con misure persino più restrittive di quelle previste per le zone “rosse”.
Deve essere pertanto chiaro che Cgil Cisl e Uil non sono contrari per principio a provvedimenti di chiusura, ritenendo l’attività scolastica in sicurezza e la salute dei lavoratori e degli studenti beni primari e non negoziabili, ma devono essere altrettanto chiare le responsabilità politiche di chi ne ha determinato le condizioni e non ha fatto nulla perché ciò accadesse, provocando disagio nelle famiglie, comprimendo il diritto allo studio di migliaia di studenti, allargando la povertà educativa nella nostra regione.