“Il Covid ti soffoca”.
Sono queste le parole con cui Margherita Guidone, di Viggiano (PZ), racconta la sua battaglia contro il virus.
Alle sue spalle un ricovero presso il San Carlo di Potenza iniziato il 21 Ottobre e conclusosi il 3 Novembre.
Ecco la sua testimonianza, dopo ben 12 giorni nel Reparto di Malattie Infettive:
“Ho deciso di raccontare la mia esperienza Covid, nella speranza che io possa essere d’aiuto a chi combatte questa battaglia crudele.
Non ne sono ancora del tutto uscita ma, ora, posso dire che il peggio è passato.
Ho riacquistato un minimo di serenità e mi sono lasciata alle spalle diverse ansie.
Anzi, nonostante sia toccato anche a me, mi reputo fortunata.
Sono stata curata e finalmente ritorno a respirare.
Lavoro da casa e ho due bambine piccolissime, la mia vita è molto tranquilla.
Tutto è cominciato con un comunissimo raffreddore.
Ma si sa sei mamma, lavori, hai una casa da gestire e non puoi fermarti.
Vai in farmacia e abusi di Zerinol e paracetamolo. Ma nulla.
Come se sentissi qualcosa di strano in me mi sottopongo a un esame seriologico che, mi hanno spiegato in seguito, non poteva che essere negativo.
L’infezione era appena in corso ed era impossibile rilevare eventuali tracce della bestia.
Passano due giorni e arriva la tosse. Sempre più forte e lancinante.
Era come se ad ogni colpo di tosse qualcuno mi pugnalasse al petto.
Un dolore atroce, che ti toglie il fiato.
Peggioro nel giro di poche ore, chiamo il 118, saturazione a 86.
Non respiro mi sembra di annegare appena cerco di alzarmi e nell’arco di mezz’ora mi ritrovo in viaggio verso l’ospedale di Potenza, reparto malattie infettive.
È tutto assurdo, surreale.
Vedo i sanitari bardati e capisco che è successo, anche a me.
Penso alle mie bimbe Giulia e Alice di neanche 3 e 2 anni.
Non ho potuto toccarle, salutarle, dirgli una parola carina, uno strazio.
Rivedo gli occhi disperati e inermi di mio marito e inizio il mio viaggio verso l’ignoto.
Dei dodici giorni trascorsi in ospedale, i primi ‘sono disperati’: tosse, ossigeno, dolori, difficoltà a compiere ogni più piccolo gesto.
Il maledetto mi ha sballato diversi valori e possono curarmi solo con cortisone, antibiotico, ossigeno ed eparina.
Le braccia sono ridotte a un colabrodo, le vene non collaborano, la mia ago-fobia anche e gli emogas fanno sempre più male.
Fortunatamente il mio corpo reagisce bene alle cure e dopo dieci giorni mi libero dell’ossigeno.
Finalmente posso fermarmi qualche minuto in più in bagno senza avere la paura di soffocare.
Si, perché il Covid soffoca, ti soffoca perché non respiri, ti soffoca perché non puoi parlare, ti soffoca perché non puoi vedere nessuno, ti soffoca perché non sai se e quando finirà.
Il Covid ti soffoca il corpo, ma anche l’anima.
Non fai che pensare alle tue bimbe, alla tua famiglia, alle persone che hai potuto contagiare.
Oltre al danno, devi giustificare il tuo contagio ai malpensanti e devi anche rassicurare chi ti vuole bene sulle voci assurde messe in giro.
Non sai quando potrai rivedere i tuoi cari e devi accontentarti di qualche foto e qualche telefonata.
Devi fingere di stare bene, importi di non piangere altrimenti la saturazione scende e ti bucheranno ancora. Non sai se ne uscirai.
Senti piangere, urlare e tossire dalle camere vicine e non puoi che ascoltare.
A combattere sei sola.
Devi trovare ogni brandello di forza e di speranza, armarti e combattere.
Non puoi arrenderti, lo devi a te stessa, alla tua famiglia, alle tue figlie.
Dopo 12 giorni vengo dimessa. In maniera quasi improvvisa, io sto meglio e c’è gente più bisognosa del mio letto.
Di nuovo un viaggio in ambulanza, ma questa volta verso casa.
Ci vorrà ancora prima di una passeggiata.
Ci vorrà ancora per ammirare di nuovo il sole, il vento, la pioggia, la vita ma sono a un passo dal traguardo.
Penso alle famiglie che stanno vivendo lo stesso dramma.
Non mollate. Combattete.
Questa è una guerra e nessuno deve arrendersi.
Lo dobbiamo a noi stessi, al nostro futuro e dei nostri figli.
Un ringraziamento va ai medici, agli infermieri e a tutto il personale sanitario, ‘veri santi’, che combattendo in prima linea ci salvano dalle pallottole più grandi.
Il loro non è un lavoro ma una missione. Abbiate rispetto di loro.
Ringrazio ogni singola persona che mi ha scritto, donandomi tanta forze e un sorriso.
Ho riscoperto persone fantastiche.
Sono rimasta commossa dalla gara di solidarietà che si è presto scatenata sotto casa mia.
Vi ringrazio per i doni che avete regalato alle mie bimbe e che ancora trovo davanti la porta.
Avete regalato loro un sorriso e di questo ve ne sarò eternamente grata”.