In Italia è vietato ogni atto o comportamento che rechi pregiudizio o svantaggi in ragione del sesso nell’accesso al lavoro, nell’attribuzione delle qualifiche, nell’assegnazione delle mansioni, nella progressione di carriera e delle retribuzioni.
Il licenziamento di una donna perché incinta o la mancata promozione di una lavoratrice perché donna ne sono esempi.
Sono vietate anche le discriminazioni indirette, come prevedere particolari indennità solo per dipendenti full-time: le donne che in percentuale più spesso richiedono il part-time ne sarebbero escluse.
Così, non sono ammissibili gli annunci di lavoro che inseriscono tra i requisiti l’appartenenza all’uno o all’altro sesso.
Sono altresì vietati atti e comportamenti configurabili come molestie sui luoghi di lavoro, ovvero quei comportamenti indesiderati a connotazione sessuale, espressi in forma fisica, verbale o non verbale, posti in essere per ragioni connesse al sesso, aventi lo scopo o l’effetto di violare la dignità di una lavoratrice o di un lavoratore e di creare un clima intimidatorio, ostile, umiliante, degradante o offensivo.
Se hai subito una discriminazione per maternità/paternità o altri motivi legati alla tua appartenenza di genere oppure hai subito una molestia sessuale sul posto di lavoro, chiedi aiuto alla Consigliera regionale di Parità deputata, quale Pubblico Ufficiale, alla prevenzione ed al contrasto delle discriminazioni di genere sul posto di lavoro, ai sensi del D.Lgs. 198/2006 aggiornato con successive modifiche e integrazioni.
I numeri a cui chiamare sono: 0971 666113 oppure allo 0971 669231.