Il presidente della Regione Basilicata, Vito Bardi, ha pronunciato il seguente discorso in Consiglio regionale:
“La notizia ricevuta a prima mattina del 5 gennaio della pubblicazione della Carta Nazionale delle Aree Potenzialmente Idonee (CNAPI) mi ha, immediatamente, portato alla mente quanto accaduto nel 2003 a Scanzano Jonico.
Era un no convinto al deposito di scorie radioattive allora. È no, oggi, nel 2021. Sarà no, domani. Perché noi siamo sempre gli stessi di 18 anni fa a Scanzano Jonico. Perché la tutela della salute dei Lucani e la tutela dell’ambiente lucano sono valori inalienabili e imperituri che non mutano negli anni.
E per essere ancora più chiari, voglio sottolineare che alla base delle considerazioni che mi hanno spinto a negare l’assenso non vi è solo un giudizio politico, ma anche scientifico.
Il nostro sarà sempre un no. Questo è bene chiarirlo subito.
Nel 2003 riuscimmo a far eliminare Scanzano Jonico dai siti idonei per l’installazione del deposito nazionale ma non il territorio regionale che, ancora nel 2017, era inserito nel Programma Nazionale per la gestione del combustibile nucleare esaurito e dei rifiuti radioattivi che contiene la panoramica programmatica della politica italiana di gestione dei rifiuti radioattivi e del combustibile nucleare esaurito, approvato poi nel 2019.
Anche in quell’occasione fu un no. Nel procedimento di Valutazione Ambientale Strategica relativa al Programma Nazionale, la Regione Basilicata, con la D.G.R. n. 936/2017, si dichiarò contraria all’individuazione sull’intero territorio regionale di un sito per il Deposito Nazionale di scorie radioattive.
Ancora nel 2019, il 31 luglio il nostro Assessore Rosa ribadì la ferma opposizione della Regione ad ospitare il Deposito Nazionale di scorie radioattive. Il 1° agosto successivo, la Conferenza delle Regioni espresse parere negativo al Programma Nazionale.
Per oltre un anno e mezzo, noi non siamo più stati interpellati.
Oggi, il problema di ripresenta. Il 31 dicembre 2020, è stato dato dal Ministero dello Sviluppo Economico e dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, il nulla osta alla pubblicazione della proposta della Carta Nazionale delle Aree Potenzialmente Idonee (CNAPI) alla localizzazione del Deposito Nazionale e del relativo Parco Tecnologico.
Il Deposito Nazionale è una infrastruttura ambientale di superficie, che copre 150 ettari di terreno, di cui 40 destinati al Parco Tecnologico, costituito dalle strutture per lo smaltimento dei rifiuti radioattivi a molto bassa e bassa attività e da quelle per lo stoccaggio dei rifiuti radioattivi a media e alta attività, che dovranno essere successivamente trasferiti in un deposito geologico idoneo alla loro sistemazione definitiva. L’isolamento dei rifiuti è assicurato da barriere ingegneristiche poste in serie, da un sistema di controllo delle eventuali acque raccolte e dalla barriera naturale costituita dalla geologia del sito.
Questo cosa significa? Significa che circa 78.000 metri cubi di rifiuti radioattivi a molto bassa e bassa attività, saranno ‘conservati’ per un periodo di circa 300 anni. 300 anni, è bene tenerlo a mente, perché solo trascorso questo periodo, la radioattività dei rifiuti sarà decaduta a un livello tale da non generare impatti per la salute dell’uomo e per l’ambiente.
Di questi 78.000 metri cubi di rifiuti: 33.000 metri cubi di rifiuti sono già stati prodotti, mentre i restanti 45.000 metri cubi verranno prodotti in futuro. Dei 78.000 metri cubi previsti: circa 50.000 metri cubi derivano dall’esercizio e dallo smantellamento degli impianti nucleari per la produzione di energia elettrica, circa 28.000 metri cubi dagli impianti nucleari di ricerca e dai settori della medicina nucleare e dell’industria.
Ci sono, poi, 17.000 metri cubi di rifiuti a media e alta attività che verranno ‘conservati’ in un Complesso Stoccaggio Alta attività (CSA), sempre all’interno del Deposito Nazionale, per lo stoccaggio di lungo periodo. Di questi, circa 400 m3, è costituita dai residui del riprocessamento del combustibile effettuato all’estero e dal combustibile non riprocessabile.
Ci rendiamo tutti conto che è un’opera ad alto potenziale di rischio ambientale, naturalistico e sociale che noi non siamo disponibili a sopportare.
Il 5 gennaio 2021, si è aperta la consultazione pubblica. Il 5 gennaio, insieme all’Assessore all’Ambiente e all’intera Giunta, abbiamo espresso pubblicamente la contrarietà della Regione Basilicata ad ospitare il Deposito Nazionale.
La Carta Nazionale delle Aree Potenzialmente Idonee individua, in tutta Italia, 67 “aree, anche vaste, che presentano caratteristiche favorevoli alla individuazione di siti in grado di risultare idonei alla localizzazione del deposito attraverso successive indagini di dettaglio e sulla base degli esiti di analisi di sicurezza condotte tenendo conto delle caratteristiche progettuali della struttura del deposito”.
In Basilicata sono state individuate 17 Aree Potenzialmente Idonee, di cui solo 1 è classificata nella categoria di interesse A2, ovvero ‘buona’. 4 le condividiamo con la Puglia, e sono classificate, allo stesso modo, nella categoria A2.
La Basilicata che rappresenta solo l’1% della popolazione italiana; la Basilicata che ha il giacimento petrolifero on shore più grande Europa dal quale l’Italia trae più del 90% del suo petrolio con il quale soddisfa più del 10% del suo fabbisogno; la Basilicata che è la Regione del Sud Italia con le maggiori risorse idriche superficiali e sotterranee; la nostra Regione, come se non bastasse tutto quello che fa per l’Italia, dovrebbe ospitare, per 300 anni, scorie radioattive. Se si pensa, poi, al fatto che il Comune di Matera, Capitale europea della Cultura 2020 è quello più a rischio, ci rendiamo conto di quanto le scelte del Governo nazionale potrebbero essere irrazionali.
Fareste voi un deposito di scorie nucleari in una delle isole della Laguna di Venezia, o sui colli di Roma? Bene, lo stesso vale anche per Matera.
Già il 7 gennaio scorso abbiamo incontrato i Sindaci interessati dalla localizzazione delle aree, l’ANCI, i Presidenti delle Province per condividere una strada comune finalizzata a contrastare questo scellerata ipotesi e con i quali si è deciso di costituire una Cabina di Regia che si occuperà solo di questa vicenda. Abbiamo coinvolto anche l’Università della Basilicata e gli Ordini professionali che entreranno a far parte della Cabina di Regia. Abbiamo partecipato anche le rappresentanze sindacali e datoriali, le associazioni ambientaliste per confrontarci sul problema. Tutto questo per consentire alla Basilicata di parlare con un’unica voce e con un unico scopo: la salvaguardia del nostro territorio.
Abbiamo sollecitato la Regione Puglia per unire i nostri sforzi e percorrere una strategia comune. Proprio ieri, insieme all’Assessore all’Ambiente, abbiamo tenuto una videoconferenza con il Presidente Emiliano e l’omologa dell’Assessore Rosa, la dottoressa Maraschio con i quali abbiamo iniziato un confronto costruttivo.
Noi abbiamo già dato all’Italia, stiamo ancora dando e continueremo a dare, nei limiti, però, di quanto è giusto e ragionevole. Costruire il Deposito Nazionale in Basilicata non è né giusto né ragionevole.
Non è giusto perché non si può continuare a chiedere tanto ad un territorio che riceve così poco. Non è ragionevole perché la Basilicata sta facendo molti sforzi per cercare di affrancarsi da un’economia in difficoltà attraverso politiche di industrializzazione sostenibile e a minor impatto ambientale, cercando di tutelare la salute dei suoi cittadini già sotto costante pressione da parte di attività antropiche altamente impattanti.
Ho fatto realizzare delle slide riepilogative con le quali si prova a riepilogare tutta la procedura per agevolare i lavori di questo Consiglio. Inoltre, nei giorni scorsi, avete ricevuto un link dove il Dipartimento Ambiente sta pubblicando tutti i documenti utili per un maggiore approfondimento della vicenda.
Infine, permettetemi un giudizio politico sull’intera vicenda.
All’indomani della pubblicazione di questo elenco per la parte che riguarda la Basilicata abbiamo assistito a quello che in altri termini era un disconoscimento di paternità. Nel senso che le stesse forze di governo che hanno approvato la relazione tecnica hanno fatto sapere, anche per il tramite di autorevolissimi esponenti, di essere contrari a che la Basilicata diventi sede di questo ulteriore deposito di scorie.
E su questo tema sono proprio intervenuti tutti.
E tutti hanno tenuto a ribadire la loro contrarietà.
Quindi lo stesso organismo che ha emanato il provvedimento un minuto dopo che lo ha emanato lo disconosce e basterebbe solo questo a dimostrare l’improvvida scelta, calata dall’alto che ha costretto ad una repentina retromarcia partiti ed esponenti politici di governo. Una scelta giusta, infatti, è rivendicata ed è fatta propria.
Una scelta sbagliata come questa è orfana di padre e madre. Ora al netto delle cose che pure vi ho comunicato ed ho avuto modo di illustrarvi il NO a questo impianto non è di pancia, ma meditato e ragionato e non solo perché abbiamo già dato ma soprattutto perché non siamo più nelle condizioni di dare. Ed anzi ci attendiamo di ricevere dalla comunità nazionale proprio in base a quello che nel passato abbiamo offerto. I lucani sono una comunità fatta di uomini e donne di buon senso.
Di persone concrete che hanno dimostrato di non essere adusi a subire soperchierie. Bene ed è proprio da qui da quest’aula che raccoglie l’intera comunità lucana che deve giungere il nostro NO netto e chiaro ad una richiesta sbagliata nel metodo e nel merito e sono certo che quando si tratterà di ragionare con il governo nazionale le nostre buone ragioni saranno ascoltate ed accolte”.