Ospedale di Matera: “Sofferenza e malattia appartengono alla condizione umana. Il fallimento è occasione per offrire fede e amore”. Parla l’Arcivescovo Caiazzo

L’arcivescovo di Matera-Irsina, mons. Antonio Giuseppe Caiazzo, stamattina ha celebrato la Santa Messa presso l’Ospedale Madonna delle Grazie di Matera in occasione della XXIX Giornata mondiale del malato.

Ecco la riflessione da lui esposta

“Carissimi fratelli e sorelle che siete nella sofferenza,

da 29 anni, l’11 Febbraio, si celebra la Giornata Mondiale del Malato, proprio nel giorno in cui si ricorda l’apparizione della Madonna a Lourdes.

Fu Papa S. Giovanni Paolo II a istituire questa giornata il 13 Maggio 1992.

Riprendo un passaggio della lettera inviata al Cardinale Fiorenzo Angelini, allora Presidente del Pontificio Consiglio della Pastorale per gli Operatori Sanitari:

‘La Giornata, vuole far meglio comprendere l’importanza dell’assistenza religiosa agli infermi da parte dei sacerdoti diocesani e regolari, nonché di quanti vivono ed operano accanto a chi soffre…la Chiesa ha sempre avvertito nel corso dei secoli il dovere del servizio ai malati e ai sofferenti’.

Mai come quest’anno avvertiamo il bisogno di pregare per tutti voi e per tutti coloro che si prendono cura di voi: familiari, comunità parrocchiali, operatori sanitari, volontari.

Questo messaggio è rivolto soprattutto a voi, carissimi ammalati e a quanti vi prendete cura di loro.

La celebrazione della S. Messa nella cappella dell’Ospedale, dedicata a S. Giuseppe Moscati, medico, luogo di sofferenza ma anche di cura per le diverse patologie, assume, soprattutto quest’anno, un profondo significato: dire a tutti voi che la Chiesa è particolarmente vicina a voi e ai vostri cari, anche se ormai da circa un anno siamo tutti limitati nelle visite e nelle presenze; che il vostro vescovo prega tutti i giorni per voi.

Un pensiero speciale a tutte le associazioni che si prodigano per alleviare e servire la sofferenza.

In particolare l’UNITALSI: stasera con loro celebrerò la S. Messa nella parrocchia dell’Immacolata.

Ogni giorno, alla lista dei tantissimi ammalati che presento al Signore nella preghiera, se ne aggiungono altri.

Tanti vi sto incontrando, con le dovute precauzioni, nelle vostre case, a volte anche nelle sacrestie delle comunità parrocchiali dove mi sto recando.

Vedo nei vostri occhi lucidi tanta tristezza e paura, ma anche tanta speranza.

Ognuno di voi è prezioso agli occhi del Signore; ogni vostra lacrima è una perla di inestimabile valore che ci arricchisce spiritualmente e in umanità; ogni vostro sospiro un alito di vita sul mondo; ogni vostro singhiozzo un grido a tutti noi ad amare la vita; ogni richiesta di benedizione un grido dell’umanità bisognosa di Dio.

Insieme a voi anche noi stiamo sperimentando quanto siamo vulnerabili, ma anche quanto bisogno abbiamo l’uno dell’altro.

Come Chiesa, insieme ai vostri familiari, amici, parenti, vi accompagniamo nel vostro soffrire e vi sosteniamo nella lotta per vincere la malattia.

La pandemia ci impone ancor di più a meditare sul senso del dolore, della sofferenza, delle cure, e a volte della morte.

Papa Francesco, nel suo messaggio, riprende una frase di Gesù che smaschera e critica l’ipocrisia di coloro che dicono e non fanno.

Ma c’è di più.

Gesù focalizza la sua attenzione sul pericolo di scivolare nell’idolatria di se stessi.

È il pericolo che corriamo tutti.

E infatti afferma: ‘Uno solo è il vostro Maestro e voi siete tutti fratelli’.

E ancora: ‘Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me’ (Mt 25,40).

Questo significa riconoscere la nostra appartenenza: non solo figli di questo mondo ma soprattutto figli di Dio, quindi fratelli.

Carissimi fratelli e sorelle che vivete la sofferenza, vi invito a guardare Cristo che, come buon Samaritano, ‘nella sua vita mortale passò beneficando e sanando tutti coloro che erano prigionieri del male.

Ancor oggi come buon samaritano viene accanto ad ogni uomo piagato nel corpo e nello spirito e versa sulle sue ferite l’olio della consolazione e il vino della speranza.

Per questo dono di grazia, anche la notte del dolore si apre alla luce pasquale di Gesù Cristo, Figlio di Dio crocifisso e risorto’.

Ecco perché non dobbiamo cedere alla tentazione di guardare il dolore come un’esperienza soltanto negativa.

Spesso, nella nostra debolezza, dubitiamo della bontà di Dio.

Se invece saremo capaci di volgere lo sguardo al Cristo sofferente sicuramente ognuno potrà trovare il significato del proprio dolore e dei patimenti.

Non è facile per nessuno, soprattutto quando la sofferenza si manifesta in modo devastante e, in un attimo, tutti i sogni di una vita, i progetti… crollano.

Tutti, chi in un modo o nell’altro, chi prima o dopo sperimentiamo come la sofferenza e la malattia appartengono alla nostra condizione di uomini, ma in Cristo morto e risorto, tuttavia, tutti possiamo invece scoprire che ciò che si presenta come un fallimento, si rivela come l’occasione per offrire una testimonianza di fede e di amore.

Le esigenze sono tante, le sofferenze aumentano, i contagiati abbiamo imparato a contarli quotidianamente, così come pure i morti: ormai ci siamo abituati a sentire il bollettino ogni giorno.

Mi chiedo: cosa ci ha insegnato e cosa ci sta insegnando questo soffrire e morire su tutta la faccia della terra?

È l’umanità intera che è fortemente toccata.

Ci sono paesi poveri, fortemente contagiati, dei quali nessuno ne parla.

Senza andare lontano, nel cuore della nostra Europa, c’è una nazione molto piccola, la Moldavia, che più di un anno fa andai a visitare.

In questi giorni sentendomi con il vicario di questa Chiesa (i cattolici in tutto sono 22.000) mi ha detto che loro si stanno sostituendo alle istituzioni nel fare i tamponi sull’intero territorio e che il 30% risulta positivo.

Ormai non hanno più nemmeno i soldi per comprare i tamponi e negli ospedali non c’è posto.

Ho promesso loro che in questi giorni, a nome della nostra Chiesa di Matera-Irsina, invierò un contributo.

Sarà una goccia in mezzo all’oceano, ma, direbbe S. Teresa di Calcutta, se non ci fosse l’oceano risulterebbe mancante.

Anche nella nostra città e nei paesi dell’intera Diocesi ci sono alcuni di voi che si sentono ignorati, esclusi, vittime di ingiustizie.

Anche sul nostro territorio la pandemia ha fatto emergere tante criticità e inadeguatezze del sistema sanitario.

Penso anche ai tanti anziani soli o in case di riposo: nei prossimi giorni, con tutte le precauzioni e i permessi necessari, sarò presente anche da voi per celebrare la S. Messa.

Concludo con le parole di Papa Francesco che ci ricorda: ‘la vicinanza è un balsamo prezioso, che dà sostegno e consolazione a chi soffre nella malattia’.

E ancora: ‘Servire significa avere cura di coloro che sono fragili nelle nostre famiglie, nella nostra società, nel nostro popolo’.

Vi benedico tutti e con voi tutti gli operatori sanitari e quanti si prodigano accanto a voi, affidandovi alla Madonna Regina di Lourdes, l’Immacolata Concezione, Salute degli infermi.

Amen”.