“In qualità di esponenti della politica lucana, siamo senza remore chiamati ad esprimere un no serio e responsabile al deposito unico di scorie potenzialmente localizzato nella nostra regione.
Memori del 2003 quando l’intera Basilicata alzò la voce e con una mobilitazione di massa allontanò l’imminente pericolo, dobbiamo essere ancor più oggi uniti e coesi. Siamo chiamati ad una concreta operatività, e perciò ad esprimere la nostra certa contrarietà all’ipotesi avanzata dalla società Sogin, attraverso la Carta Nazionale, dove sono indicate le aree potenzialmente idonee ad ospitare l’‘osteggiato’ deposito unico. Siamo tutti chiamati ad evitare rischi sociali e ambientali alla nostra popolazione, occorre per fare questo avviare politiche che comportino la promozione di misure ispirate ai principi dello sviluppo sostenibile per cercare di rispondere realmente ai bisogni delle persone”.
Lo dichiara il consigliere regionale di Fratelli d’Italia, Piergiorgio Quarto che aggiunge:
“Oramai la natura, l’ambiente ci pongono di fronte ad un definitivo ultimatum, siamo l’ultima generazione in grado di avviare una politica di salvaguardia ambientale, da sempre preannunciata ma mai concretamente iniziata e realizzata.
Grande la responsabilità nel voler continuare a rifuggire o a fare orecchie da mercante, il tempo è ormai scaduto e gli atteggiamenti dilatori non hanno più motivo di esistere.
La Basilicata deve darsi le giuste priorità, sistematicamente rinnegate e oscurate negli ultimi anni dalle giunte passate e avviare con razionalità pedissequa politiche di valorizzazione del territorio, dilaniato dal bubbone della desertificazione. Ecco perché occorre un no serio e responsabile per evitare il baratro e la decadenza di una regione già compromessa dalla presenza di una moltitudine di rifiuti più o meno occulti, da tempo parcheggiati sul suo sottosuolo.
A tal fine in relazione alla problematica in discussione considero estremamente positivo il fronte comune di contrasto, definiamolo estremo, messo in campo attraverso il connubio con la Regione Puglia, chiamata anch’essa ad una fiera ed ovvia opposizione alle scellerate scelte dell’esecutivo.
Sgomberando il campo da fraintendimenti o inutili giri di parole, occorre essere chiari, quella che si vuole costruire sul territorio lucano è una costruzione enorme in cemento armato di ben 110 ettari, alta oltre 20 metri e profonda 10, una discarica nucleare in cui saranno depositati circa 18.000 metri cubi di rifiuti radioattivi per migliaia di anni.
Il deposito sembra essere stato progettato per durare circa 100 anni.
Il dramma di un simile progetto è che tra le 67 aree individuate ben 17 si trovano tra la Puglia e la Basilicata, le localizzazioni finiscono principalmente col riguardare i comuni di Genzano di Lucania, Oppido Lucano, Irsina, Matera capitale europea della cultura 2019, Bernalda e Montalbano Jonico.
Tutti ricordano bene che già nel 2003 sempre ‘la famigerata’ Sogin tentò di avviare lo smantellamento accelerato delle quattro centrali nucleari italiane e la costruzione di un deposito unico di scorie nucleari a Scanzano Jonico.
Noti a tutti i fatti di quei giorni, la risposta delle comunità lucane e pugliesi fu così forte da costringere il Governo e la Sogin a fare marcia indietro, l’orgoglio lucano ebbe il sopravvento e il miserabile progetto fu accantonato, definitivamente debellato.
Ad onore di cronaca con una analisi realistica ed obiettiva la problematica sussiste ab origine, occorre infatti mettere in sicurezza le scorie nucleari dei circa 20 depositi temporanei di materiali radioattivi conservati in uno stato precario e presenti ad oggi sul territorio nazionale, di cui oltre l’80 per cento dislocati nelle regioni settentrionali.
Il deposito unico ebbene dirlo a chiare lettere non rappresenta la soluzione giusta e la stessa decisione in questione non può in alcun modo essere presa senza avere opportunamente valutato tutte le soluzioni possibili, la problematica infatti va affrontata in maniera analitica e settoriale con tutti gli Stati dell’Unione Europea.
Oggi dislocare un deposito di tale portata sui nostri territori avrebbe una portata nefasta sui molteplici investimenti già posti in essere dalle nostre comunità in materia ambientale, finirebbero con l’essere minati gli equilibri estremamente delicati degli ecosistemi fisici e biologi. L’agricoltura lucana subirebbe danni incalcolabili, il settore già in ginocchio per gli effetti pandemici derivati dal Covid non riuscirebbe a sopravvivere per le ingenti perdite a cui andrebbe incontro.
Parimenti, sarebbe ugualmente sbagliata l’idea o il principio esclusivo di una proclamata salvaguardia territoriale a discapito di altre realtà dislocate altrove.
Il rilanciare la patata bollente o rifugiarsi nell’egoismo territoriale finisce solo con l’allontanare la soluzione della criticità.
Operando in tal modo raggiungeremmo il risultato di una visione limitata e datata temporalmente.
Infatti dovunque il deposito unico sorga avrà come risultato immediato il consegnare alle generazioni future una eredità difficile e pesante da gestire e sopportare nel tempo.
Siamo onesti, seri, nessuno merita di doverla subire una situazione di tale portata, con tutte quelle che sono le inevitabili conseguenze negative. Ecco che in Basilicata necessita passare dalle parole ai fatti, occorre far prevalere l’aspetto decisionale e porre in essere tutte le iniziative possibili a tutela del territorio, tutte le istituzioni devono divenire il suo logico baluardo. Nessuno può e deve permettersi di minare la salute dei lucani, ovviamente la mia è una posizione trasversale che prescinde dai colori e dagli schieramenti politici.
La Basilicata non può essere abbandonata alla mercè di interessi biechi e di parte, privi di qualsiasi logica costruttiva. I valori, i nostri valori esistono e non vanno dimenticati o peggio cancellati, se sarà il caso alzeremo le barricate.
Scanzano 2003 docet. Il popolo lucano già forte della passata esperienza non rinuncerà facilmente al suo futuro, alla sua entità culturale.
Lo ripeto un no chiaro, univoco, senza remore o ripensamenti al deposito nazionale dei rifiuti radioattivi nei comuni lucani individuati, deve risuonare ad ogni latitudine. Prendere atto poi che tra i centri individuati esiste anche la citta di Matera, Capitale Europea della cultura 2019, non può non produrre imbarazzo, siamo al cospetto nella fattispecie specifica di un paradosso privo di qualsiasi ratio giustificativa.
Tutta la Regione non può subire dalla politica nazionale una ulteriore condanna, dopo avere infatti ‘maltrattato’ il territorio con la presenza di tanti pozzi petroliferi, qualcuno avrebbe in mente di completare l’opera, sarebbe ‘un dramma’ con le scorie radioattive.
Così facendo si finirebbe inevitabilmente col distruggere il turismo, l’agricoltura, le tradizioni, i costumi, in poche parole tutta la cultura e l’economia lucana.
Perché questo, ma soprattutto a chi giova una tale situazione, forse a qualcuno nelle sfere alte dei poteri forti?
In conclusione per quanto di mia competenza, in qualità di Presidente della terza commissione regionale, ritengo che necessiti partire subito con iniziative mirate, partecipate e condivise, i cui effetti scoraggino definitivamente i cattivi propositi di matrice governativa, il riferimento è ovviamente all’ex Governo Conte”.