In Basilicata sempre più cervelli decidono di fuggire.
Con l’83% dei giovani lucani che con una laurea in tasca lasciano la Basilicata per recarsi al Nord, la nostra regione è la prima del meridione a registrare il primato della fuga dei cervelli.
Il dato scandaloso emerge da uno studio contenuto nel numero monografico della Rivista economica del Mezzogiorno diretta da Riccardo Padovani ed edita dalla Svimez che stima la perdita netta degli investimenti in istruzione delle Regioni meridionali.
Tale ricerca, pubblicata oggi, è stata anticipata ieri da “il sole 24 ore” che accende i riflettori su un dato sconcertante: 200mila laureati meridionali in fuga verso il Nord.
Un dato che assume toni ancora più amari se si guarda alla Basilicata dove l’83% dei laureati decide di fare le valige ed emigrare per studio e lavoro.
Dunque se negli anni cinquanta e sessanta si emigrava al Nord con la valigia di cartone oggi lo si fa con una laurea in tasca.
Secondo lo studio ripreso dal quotidiano nazionale menzionato oggi a migrare verso il verso il centro-nord del Paese sono laureati e studenti universitari (immatricolati fuori regione).
In particolare negli ultimi 15 anni il saldo della migrazione intellettuale italiana è risultato pesantemente negativo per le regioni del Mezzogiorno.
Per effetto dei trasferimenti verso il Centro-Nord, si contano circa 200.000 laureati in meno tra i residenti del Mezzogiorno, senza considerare la crescente quota di pendolari a medio e lungo raggio.
L’indagine spiega che il fenomeno ha assunto “connotazioni preoccupanti”, soprattutto se si considera che nel 2015 ben il 25% dei migranti totali da Sud a Nord erano laureati rispetto al solo 5% nel 1980 e che nel 2016 il 40% dei residenti al meridione iscritti presso un corso di laurea magistrale, si è spostato presso un ateneo del Centro-Nord.
Se ci soffermiamo sui dati relativi alle varie regioni del Sud Italia maglia nera per la Basilicata che con l’83% dei cervelli in fuga è la regione del meridione col tasso più alto.
Segue il Molise (il 61%), Calabria (53%), Puglia (51%), Sicilia (43%), Sardegna (36%), Campania (23%) e Abruzzo (4%).
Nel complesso secondo i dati dell’Anagrafe studenti del Miur, tra il 2004 e il 2015, il numero di immatricolati residenti al Sud ma iscritti ad un corso di laurea (triennale e ciclo unico) al Centro-Nord è passato dal 18% al 26% del totale degli immatricolati meridionali (con quelli magistrali che hanno raggiunto quota 38%).
Ma qual è il danno economico per le Regioni del Sud che soffrono queste migrazioni?
Per calcolare la spesa per istruzione pro-capite, lo studio ha utilizzato i dati dell’Agenzia per la coesione territoriale e dell’Ocse per il periodo 2000-2015 stimando l’investimento pubblico per formare i giovani del Sud residenti poi emigrati prendendo in esame quanto ogni studente beneficia direttamente o indirettamente di alcuni servizi pubblici annoverati nel bilancio pubblico e relativi al capitolo “Istruzione” fino al momento della laurea fissato a una età di 25 anni.
La stima sia dell’Agenzia che dell’Ocse del costo sostenuto ammonta a circa 30 miliardi di euro, con una media di 1,8 miliardi all’anno.
Cifra questa che secondo l’autore di questa indagine cattura la perdita secca di un investimento pubblico effettuato ma del quale, a causa della emigrazione, non si raccolgono i frutti.
Un dato che deve indurre alla riflessione con la speranza che qualcuno riesca a porre un freno a quest’inarrestabile fenomeno che sta prosciugando la nostra terra delle risorse migliori.