Il peperone Igp di Senise (PZ) e la Melanzana Rossa di Rotonda (PZ) che può fregiarsi tanto del Presidio Slow Food quanto del marchio Dop sono tra i 50 prodotti alimentari italiani “più contraffatti”.
Come riferisce Cia-Agricoltori Basilicata:
“Ad attestarlo è il report 2020 dell’Ispettorato centrale repressione frodi (Icqrf) rivelando che l’ortofrutta è tra i primi cinque comparti agroalimentari con più tentativi di contraffazione.
Sono 3.191 i controlli registrati nell’indagine portata avanti dall’organo del Mipaaf, su un totale di poco meno di 71mila:
- oltre 26.300 riguardano il settore vitivinicolo;
- seguono l’oleario (10.600);
- il lattiero-caseario (6.800);
- i cereali e derivati (3.400) e l’ortofrutta.
Quest’ultima conta 1.875 operatori sottoposti a verifica, di cui il 18,2% risultato irregolare.
E ancora:
- 3.490 prodotti controllati (il 14,6% irregolare);
- 35 notizie di reato;
- 254 contestazioni amministrative;
- 11 sequestri;
- 155 diffide in un anno.
Oltre 70mila controlli, 1.142 interventi fuori dei confini nazionali, riguardanti in particolare le attività di controllo per l’e-commerce sul web a tutela delle Indicazioni Geografiche, 22 milioni di kg di merce sequestrata, per un valore di oltre 21 milioni di euro.
La produzione del peperone Igp di Senise – secondo i dati più aggiornati del Consorzio di Tutela – è ancora al di sotto delle potenzialità tenuto conto che gli ettari coltivati sono poco più di 10 e la produzione annuale, in base alle rigide regole, imposte dal Disciplinare di produzione, approvato dall’Unione Europea, ammonta intorno ai 300 quintali di peperoni freschi destinati a diventare 30 quintali alla fine del ciclo di lavorazione ed essicazione per i cruschi diffusi in numerosi Paesi esteri.
Attualmente sono una decina le aziende che fanno parte del Consorzio di Tutela del peperone Igp di Senise.
Nato ufficialmente nel 1996, il Consorzio è cresciuto negli anni portando avanti l’arte e la tradizione di un prodotto storico, eccellenza e simbolo del Made in Italy alimentare.
La Melanzana Rossa di Rotonda è uno dei prodotti di punta della gastronomia lucana e la sua produzione è consentita in solo 4 comuni della provincia di Potenza:
- Rotonda;
- Viggianello;
- Castelluccio Superiore;
- Castelluccio Inferiore.
Le sue caratteristiche principali sono il suo colore rosso con sfumature verdi, che potrebbero farla scambiare per un pomodoro (tant’è che nel dialetto lucano viene chiamata ‘merlingiana a pummadora’ ovvero ‘melanzana a pomodoro’) e la polpa bianca.
Il gusto ha delle note piccanti, con un finale gradevolmente amarognolo”.
Sottolinea la Cia:
“Da noi non sono gli unici prodotti ‘taroccati’.
Le vittime più diffuse:
- la fragola del Metapontino;
- il caciocavallo, il pecorino di Moliterno (PZ);
- i salumi di Picerno (PZ);
- l’aglianico del Vulture;
- l’olio delle colline del Materano;
- la farina di grano duro ‘senatore’ del Materano.
La situazione è di estrema gravità.
Ci troviamo di fronte a un immenso supermarket dell’agro-scorretto, del ‘bidone alimentare’, dove a pagare è solo il nostro Paese.
E il danno, purtroppo, è destinato a crescere, visto che a livello mondiale ancora non esiste una vera tutela delle nostre ‘eccellenze’ Dop, Igp e Stg”.
Di fronte a questa ‘rapina’ giornaliera bisogna dire basta.
Ma per mettere un freno al fenomeno dell’italian sounding e all’agropirateria globalizzata servono misure reali ed efficaci.
Ecco perché ora bisogna fare qualcosa di più: il ‘made in Italy’ agroalimentare è un settore economicamente strategico oltre a rappresentare un patrimonio culturale e culinario che è l’immagine stessa dell’Italia fuori dai confini nazionali.
Adesso servono misure ‘ad hoc’ come:
- l’istituzione di una task-force in ambito Ue per contrastare truffe e falsificazioni alimentari;
- sanzioni più severe contro chiunque imiti prodotti a denominazione d’origine;
- un’azione più decisa da parte dell’Europa per un’effettiva difesa delle certificazioni Ue;
- interventi finanziari, sia a livello nazionale che comunitario, per l’assistenza legale a chi promuove cause (in particolare ai consorzi di tutela) contro chi falsifica prodotti alimentari.
Per questo non c’è più tempo da perdere, ora bisogna usare ‘tolleranza zero’ nei confronti degli autori delle truffe e degli inganni a tavola.
E gli ‘agropirati’ si camuffano dietro le sigle più strane e singolari.
Si va dal Parmesao (Brasile) al Regianito (Argentina), al Parma Ham (Usa), al Daniele Prosciutto & company (Usa), dall’Asiago del Wisconsin (Usa) alla Mozzarella Company di Dallas (Usa), dalla Tinboonzola (Australia), alla Cambozola (Germania, Austria e Belgio), al Danish Grana (Usa).
Siamo in presenza di un business di decine di miliardi di euro, praticamente poco meno della metà del fatturato agroalimentare italiano.
E il danno, purtroppo, è destinato a crescere, visto che a livello mondiale ancora non esiste una vera difesa dei nostri Dop, Igp e Stg, che comprendono formaggi, oli d’oliva, salumi, prosciutti e ortofrutticoli”.