Shoah, Olocausto, sterminio, genocidio.
Parole scolpite su una lapide che ancora spurga sangue e paura. Perché l’orrore di ciò che è stato fatica a trovare una comprensione razionale, una spiegazione storico-sociale.
La “banalità del male” scriveva la scrittrice ebrea Hannah Arendt, che spiegò come l’atto disumano di sterminare circa 15 milioni di persone – soprattutto ebrei ma anche rom, sinti, jenisch, omosessuali, dissidenti politici, minoranze religiose come testimoni di Geova e pentecostali, persone con handicap psicofisici – fosse diventata un’operazione sistematica, dove la separazione tra componente emotiva e quella fredda esecutrice fosse totalmente scissa.
La “questione finale” perpetrata da Hitler e dal regime nazista aveva come fine ultimo la cancellazione totale di quelle categorie “indesiderabili”, allo scopo di preservare una razza “ariana”, superiore a tutte le altre.
Le fucilazioni di massa non erano tuttavia sufficienti a garantire una pulizia etnica sistematica e fedele. Bisognava realizzare qualcosa di più asettico, in cui il coinvolgimento diretto dei nazisti fosse ridotto al minimo. Nacquero così i campi di concentramento e sterminio – tristemente noti sono i campi di Auschwitz, Belsen, Buchenwald, Gardelegen, Dachau – dopo la breve parentesi dei ghetti.
Il 1° Novembre 2005 la risoluzione 60/7 dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha indicato il 27 Gennaio come “Giornata della Memoria”: in quel giorno del 1945 le truppe dell’Armata Rossa liberarono il campo di concentramento di Auschwitz e il mondo scoprì gli orrori del regime nazista.
Ma fu una vera e propria scoperta? Sono tantissime le analisi storiche sul grado di consapevolezza dei Paesi europei non alleati della Germania circa l’esistenza dei campi di sterminio. Diversi hanno sollevato questioni sulla possibilità di bombardare all’epoca le linee ferroviarie sulle quali correvano vagoni stracolmi di vite umane mandate al macello.
È indubbia invece la connivenza di Paesi che non solo non hanno ostacolato, ma hanno addirittura favorito le deportazioni di massa.
L’Italia in questo ha avuto una grossa responsabilità. Sotto lo schiaffo del regime fascista guidato da Benito Mussolini, alleato di Hitler e della Germania nazista, nel 1938 furono emanate le vergognose “leggi razziali“: per gli ebrei fu l’inizio della fine. Dapprima esclusi dalla vita sociale, poi vittime di spedizioni punitive, infine caricati sui treni della morte.
La “Giornata della Memoria” è sì una giornata del ricordo, ma essa non troverebbe più la sua legittimazione se continuiamo a ripetere ciecamente gli orrori del passato.