Alla luce dei nuovi casi di criminalità che hanno interessato la nostra regione, don Marcello Cozzi di Libera Basilicata dichiara:
“Domanda e offerta. Sono le regole del mercato, e anche di quello criminale.
E anche in Basilicata, oggi come ieri.
Le recenti e ultime inchieste giudiziarie coordinate dalla DDA di Potenza – da quella della settimana scorsa nel vulture melfese a quella di queste ore nella provincia materana – non ci dicono solo che la malapianta malavitosa purtroppo non smette mai di crescere e anzi rifiorisce di continuo tra vecchi nomi e nuove leve, non ci dicono solo che qualche anno fa fu alquanto inopportuno festeggiare un presunto scampato pericolo allorquando i Palazzi romani della giustizia decretavano a tavolino che i Basilischi non erano mafia – come se la mafia dovesse per forza avere un nome altrimenti non è mafia e neanche criminalità -, ma ci restituiscono il quadro preoccupante e allarmante di una Basilicata che si conferma crocevia strategico di affari molto redditizi per le mafie e la criminalità di ogni tipo, come la droga e le armi, e nello stesso tempo anche crocevia – anzi piazza di spaccio, come si dice in gergo – della fragilità e della fatica di tanti giovani e meno giovani non solo lucani ma anche calabresi e campani alla ricerca continua di un sostegno alle loro domande di senso.
La sfida che ci rilancia l’incessante attività della macchina giudiziaria in Basilicata è proprio questa: la nostra regione è sempre più terra di domanda e di offerta.
E se dinanzi alla nostra strategica posizione di offerta criminale nessuno può girarsi dall’altra parte e pensare che il suo contrasto riguardi solo gli ‘sbirri’, ancor di più non ci sono alibi se si mette la testa sotto la sabbia dinanzi all’enorme domanda di droga che si alza diffusamente dalle strade, dalle piazze e dai vicoli delle città lucane piccole e grandi.
In un caso e nell’altro siamo tutti chiamati in causa – agenzie educative, Chiesa, politica – e nessuno pensi che si tratta solo di una questione fra guardie e ladri: questa non è una partita di calcio in uno stadio vuoto ai tempi del Covid, e che se la giochino fra di loro, questa è una questione che riguarda la tenuta sociale, economica e culturale di un’intera popolazione.
Poi si potrà anche non chiamarla mafia ma c’è una malapianta che continua a crescere nella nostra regione e dinanzi alla quale la delega alla magistratura e la tiepidezza nel parlarne continuano ad essere una sconfitta per tutti”.