In Italia anche in questa seconda estate di pandemia trovare una spiaggia libera è sempre più difficile.
Oltre il 50% delle aree costiere sabbiose è sottratto alla libera e gratuita fruizione.
A pesare su ciò, in prima battuta, è l’aumento esponenziale in tutte le Regioni delle concessioni balneari che nel 2021, rispetto agli ultimi dati del Demanio relativi al 2018, registrano un incremento del +12,5%.
In questa classifica la Basilicata si colloca al di sopra della media nazionale con un aumento nel periodo considerato di quasi il 18% delle concessioni per stabilimenti balneari.
Un aumento superiore nel sud Italia lo registrano solo Sicilia e Campania.
Tuttavia mentre ci sono regioni come Liguria, Emilia-Romagna e Campania con quasi il 70% dei lidi occupati da stabilimenti balneari, in Basilicata tale percentuale è ancora tra le più basse d’Italia (28.2%).
Ma a pesare sulle spiagge italiane è anche il problema dell’erosione costiera che riguarda circa il 46% delle coste sabbiose, dato che diventa drammatico lungo la costa ionica lucana, dove su 38 km di spiagge circa 28 km sono in erosione (oltre il 70%).
Le cause del fenomeno sono molteplici:
- gli sbarramenti e i prelievi di inerti a monte;
- le opere inutili e spesso sbagliate a mare;
- la cementificazione della costa dove negli ultimi venti anni sono proliferati troppi villaggi e porti turistici.
Il tutto accentuato dalla crisi climatica sempre più grave.
Questi sono alcuni dei dati contenuti nel “Rapporto Spiagge 2021” di Legambiente attraverso il quale viene fornita una fotografia aggiornata e dettagliata dei lidi italiani con dati e numeri alla mano, facendo il punto anche su nodi irrisolti, questioni ambientali da affrontare ed esperienze green che arrivano da stabilimenti e amministrazioni che hanno deciso di puntare sulla sostenibilità ambientale.
Nel Rapporto Legambiente rilancia le sue proposte chiedendo di approvare quanto prima una legge nazionale per garantire il diritto alla libera e gratuita fruizione delle spiagge e per premiare la qualità dell’offerta dei lidi in concessione.
In particolare, i primi tre obiettivi della Legge dovranno essere quelli di stabilire un limite massimo del 50% per le spiagge in concessione in ogni comune, con regole per garantire passaggi e spazi per i cittadini, premiare la qualità dell’offerta dei lidi in concessione anche come criterio di selezione delle gare da espletare e adeguare i canoni delle spiagge in concessione.
L’altra proposta che lancia Legambiente è quella di approvare al più presto un piano nazionale di adattamento al clima, con specifica attenzione per le aree costiere come hanno fatto gli altri grandi Paesi europei.
Solo in questo modo sarà possibile affrontare i crescenti impatti di eventi estremi sulla costa, l’erosione e la questione dell’innalzamento del livello del mare che porterà a sommergere molti tratti del territorio italiano, tra questi anche il golfo di Taranto, secondo gli scenari disegnati da Enea e Cmcc (Centro Euromediterraneo sui Cambiamenti Climatici).
Antonio Lanorte, Presidente di Legambiente Basilicata, sottolinea:
“La Basilicata come emerge dal Rapporto è, insieme a Toscana, Sicilia, Friuli e Veneto, una delle cinque Regioni in cui non esiste nessuna norma che specifichi una percentuale minima di costa destinata alle spiagge libere o libere attrezzate.
Tra i casi virtuosi la Puglia e la Sardegna che hanno stabilito il principio del diritto di accesso al mare per tutti fissando una percentuale di spiagge libere pari al 60%, superiore rispetto a quelle da poter dare in concessione (40%).
Resta, poi, il nervo scoperto della poca trasparenza dei canoni pagati per le concessioni e della non completezza dei dati per delle aree che appartengono al demanio dello Stato.
Per la Basilicata, come per la Sicilia, manca addirittura qualsiasi dato sulle cifre dovute per i canoni di concessione.
In questo caso spetta al Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili rendere trasparenti e accessibili questi dati.
In questo contesto continua a incombere la minaccia del rischio idrogeologico e dell’erosione costiera.
In Basilicata come è noto tra la fine degli anni 50 e gli anni 70 del secolo scorso, sono stati realizzati grandi invasi artificiali su 4 dei 5 fiumi che interessano l’area jonica, Sinni, Agri, Basento e Bradano, che trattengono in media 5 milioni di metri cubi l’anno di materiali inerti. Ingente è stata poi l’attività di estrazione di inerti dalle aree alluvionali dei fiumi, tra cui molta sabbia.
È fuori di dubbio che si è venuto a creare un deficit sedimentario di sabbia nella zona litoranea, con conseguente forte arretramento della linea di riva, che in lunghi tratti è arretrata anche di 100-150 fronte mare, andando ad intaccare le dune costiere e le aree forestate retrostanti.
Le zone tra Policoro e Nova Siri (a sud) e tra Scanzano Ionico e Lido di Metaponto (a nord) risultano le più colpite dall’erosione, con un arretramento fino a 3 metri annui registrati nell’arco dell’ultimo decennio.
In particolare nell’area del Lido di Metaponto le mareggiate hanno determinato un ulteriore arretramento della linea di riva ed arrecato ingenti danni strutturali nonché effetti secondari di inquinamento delle falde di acque dolce a servizio di un area di notevole estensione a forte vocazione agricola”.
Gli interventi realizzati sino ad ora per mitigare questo grave dissesto del litorale sono risultati però un rimedio peggiore del male.
Si è spesso cioè operato con i soliti interventi emergenziali basati in sostanza sul posizionamento di barriere radenti, scogliere e pennelli che hanno peggiorato la situazione invece di migliorarla, sia nei tratti protetti che in quelli adiacenti.
La catena di opere rigide in mare realizzata negli ultimi decenni ha risolto quindi ben poco dei problemi locali (e comunque temporaneamente) e spostato via via l’erosione nel senso di scorrimento della corrente longitudinale litoranea di fondo.
Il problema è che questi interventi sono puntuali, realizzati spesso a seguito di mareggiate eccezionali, senza alcun coordinamento o studio degli effetti sui territori costieri, senza alcuna verifica successiva dei risultati prodotti.
Sostiene ancora Lanorte:
“A preoccupare è ovviamente lo scenario che ci aspetta nel corso del XXI secolo.
Perché il fenomeno naturale dell’erosione, aggravato dall’intervento antropico lungo la costa, cambierà e accelererà in un processo di aumento della temperatura del mare e dell’atmosfera, di innalzamento del livello del mare e dei fenomeni meteorologici estremi.
Processi rispetto ai quali bisognerà adottare strategie di adattamento e di mitigazione attraverso la progressiva decarbonizzazione dei processi produttivi e la transizione ecologica dell’economia.
Infine con Delibera di Giunta Regionale è stato adottato alla fine di giugno 2021, il Piano Regionale delle Coste –I° Stralcio Costa Ionica.
Un provvedimento di cui, unitamente al Piano Lidi, Legambiente Basilicata ha più volte richiamato la necessità.
Tuttavia sulle indicazioni progettuali per le opere di difesa della costa e sulle modalità di intervento non verifichiamo il cambio di strategia da noi auspicato.
In sostanza nel piano vengono bocciati gli interventi di ripascimento artificiale e le barriere longitudinali (barriere soffolte), mentre si individuano nelle barriere trasversali (pennelli) le uniche opere in grado di determinare risultati efficaci nella lotta all’erosione costiera.
Noi continuiamo a ritenere che non si tratti della scelta migliore e che invece, come riportato da diversi studi scientifici recenti, l’unica soluzione resiliente di contrasto all’erosione costiera sia la ricostruzione delle spiagge una volta esistenti, secondo un’estensione e una forma che riesca ad opporre un contrasto naturale all’azione di onde e soprattutto delle correnti litoranee di fondo che sono la causa prima della migrazione delle sabbie”.