Riceviamo e pubblichiamo un comunicato di CGIL, CISL FP, UIL FPL, USB, UGL, FINDICI:
“Siamo seriamente preoccupati per la situazione dei lavoratori dell’ex Consorzio Asi che, a distanza di circa dieci giorni dall’ultimo incontro in Regione, non hanno ancora nessuna certezza del proprio destino.
Il 2 luglio si era tenuto un incontro, alla presenza del commissario Fiengo, per definire i tempi per la costituzione di APIBAS e i successivi passaggi dei lavoratori alla medesima società e agli altri soggetti ospitanti.
La riunione si era chiusa con una certa soddisfazione perché ci era stato anticipato che il mercoledì successivo il presidente Bardi si sarebbe recato a Roma dal notaio per costituire la nuova società.
Qualcosa è andato storto se oggi, a distanza di dieci giorni, siamo qui ancora ad aspettare che APIBAS prenda forma. Ancora una fumata nera dai palazzi di via Verrastro sulla nascita della nuova società.
Ci chiediamo se il problema sia esclusivamente connesso alla scelta di chi dovrà guidare Apibas o se, invece, come temiamo, ci siano altre situazioni ben più gravi da risolvere.
Esigiamo chiarezza.
Oggi a farne le spese sono solo gli insediamenti industriali e i lavoratori che non hanno nessuna certezza né del futuro nè delle retribuzioni.
Trentuno famiglie lasciate in bilico ad aspettare che la politica regionale decida e dia stabilità ad una situazione che ora è davvero insostenibile. Lavoratori nel limbo che attendono che le promesse annunciate dal Governo regionale prendano forma.
Qualcuno deve darci risposte, qualcuno deve assumersi le sue responsabilità.
Per quanto ci riguarda, come organizzazioni sindacali, non possiamo che attivare ogni forma di protesta perché la dignità dei lavoratori dell’ex Consorzio ASI non sia umiliata da illusorie promesse di chi, anziché essere a servizio della collettività, si è incamminato in un tunnel buio e forse senza uscita.
Per questo chiediamo al presidente Bardi un incontro urgente nel quale si parli di questi lavoratori che, oggi, sono in una condizione di precarietà inaccettabile, sia sul fronte delle retribuzioni che su quello del loro destino lavorativo”.