“Il quadro complessivo della povertà, in tutte le sue sfaccettature, restituisce per la Basilicata un quadro desolante, persino in confronto con altre regioni meridionali. Iniziando dal concetto più immediato della povertà”.
È quanto affermano il segretario generale Cgil Basilicata, Angelo Summa e il direttore scientifico del centro studi Ires Cgil, Ettore Achilli:
“I dati Istat al 2020 ci consegnano una immagine regressiva della regione: fra 2019 e 2020, il tasso di povertà relativa regionale è cresciuto di ben 7,6 punti percentuali.
Oramai, il 23,4% delle famiglie lucane, quasi una su quattro, è in condizioni di povertà relativa.
Un incremento mostruoso, che spinge la Basilicata all’ultimo posto in Italia per incidenza di tale parametro, superando Calabria, Sicilia e Campania.
L’indicatore torna sui livelli del 2012, cancellando ben otto anni di faticosa riduzione.
E il dato potrebbe anche essere ben peggiore se la Basilicata non avesse una incidenza di popolazione straniera molto più bassa rispetto al resto delle altre regioni (poiché spesso la povertà si annida proprio fra gli stranieri), il che ha per certi versi moderato il pur pesante incremento del valore dell’indicatore.
Non si può non rilevare l’esaurirsi progressivo di ogni politica sociale e welfaristica da parte della giunta regionale attuale:
- l’aver sepolto nell’oblio la legge 4/2007, l’aver dimenticato completamente la necessaria riorganizzazione e riqualificazione dei servizi sociali;
- l’aver abbandonato qualsiasi minima velleità di rilancio del disastrato servizio sanitario regionale, non andando – stavolta in pesante corresponsabilità con l’amministrazione precedente – oltre riforme meramente contabili e prive di strutturalità (il tasso di persone adulte in cattivo stato di salute, nel 2019, quindi prima del Covid, è dell’8,2%, valore più alto di quello meridionale – 7,1% – e di quello nazionale, 6,4%);
- il non aver voluto fare politiche industriali degne di questo nome, con realtà industriali fondamentali come Stellantis che minacciano di abbandonare il territorio, il problema irrisolto dei Consorzi Industriali (quasi come se la loro privatizzazione aprisse a chissà quale prospettiva nuova);
- l’assenza di una idea strategica sul turismo, con l’esperienza di Matera rapidamente archiviata senza un sequitur vero e proprio, con i 3.000 occupati persi fra 2019 e 2020, malgrado i provvedimenti governativi di difesa (cig pandemica e blocco dei licenziamenti).
Segno dell’incapacità culturale, prima ancora che politica, di affrontare i nodi profondi dell’arretratezza della regione.
Quasi come se, mettendosi in una posizione passiva e inerte, le libere forze di mercato avrebbero potuto fare per la Basilicata ciò che decenni di faticosa e non scevra di errori programmazione hanno comunque consentito di fare.
L’immagine tradizionale della Basilicata come nord del Mezzogiorno o come isola relativamente meno infelice nell’ambito del Sud, viene cancellata brutalmente da una recessione che ne ha flagellato il sistema produttivo in misura molto più violenta rispetto alle stesse altre regioni del Sud.
Nel 2020 i fallimenti di imprese sono cresciuti del 7,7%.
La Basilicata è l’unica regione italiana, insieme al Friuli Venezia Giulia, che ha visto crescere il numero di fallimenti nel 2020, malgrado le misure di contenimento (chiusura dei Tribunali, improcedibilità delle cause per fallimento) che hanno portato ad una riduzione del 31,6% su base nazionale.
Dov’è quel ceto medio produttivo di piccoli imprenditori e lavoratori autonomi che la destra promette di tutelare?
Sta in concordato preventivo, nella migliore delle ipotesi.
E intanto, con il precipitare della povertà, crescono i fenomeni di devianza sociale.
Il tasso di abbandono scolastico risale al 14,6%, dal 14% dell’anno precedente, più di 27.000 lucani vivono in condizioni abitative disagiate, i NEET raggiungono il 26,3% dei giovani, una risalita che interrompe un triennio di riduzioni continue e che va ad evidenziare un ‘nocciolo duro’ di emarginazione sociale che rimarrà a pesare sulla collettività regionale per molto tempo.
Il tutto mentre l’ultima relazione semestrale della Dia evidenzia come siano in crescita gruppi criminali autoctoni stabili con connotazione mafiosa e operanti sul territorio regionale, in grado di costruire accordi stabili con organizzazioni mafiose campane, calabresi, pugliesi e albanesi, distruggendo l’immagine di isola tranquilla e priva di significative infiltrazioni criminali che la Basilicata poteva mettere in mostra sinora.
Evidentemente, la povertà e l’assenza di prospettive, specie per i giovani, costituisce un potente motore per il reclutamento di nuove leve criminali.
Il disastro demografico non è che la naturale conseguenza di questo sfacelo sociale:
- fra i mesi di gennaio 2019 e 2021, la popolazione regionale diminuisce di 11.000 unità;
- il saldo migratorio riprende a correre: nel 2020 e nei primi due mesi del 2021 quasi 3.600 lucani sono emigrati.
Prima della fine chiediamo alla giunta regionale di fermarsi, ascoltare le parti sociali e riprendere in mano il protagonismo di una programmazione economica dimenticata e abbandonata”.