In Svizzera (ma anche in altri Stati) funziona così da sempre: i giovani vanno a scuola ed è lo stesso istituto ad avviarli al mondo del lavoro insegnando loro un mestiere mediante l’apprendistato nelle aziende.
In Italia, dove il numero dei giovani disoccupati è spaventoso, si sta iniziando a seguire questo esempio per far si che i giovani escano dalla scuola con in mano già un mestiere.
In questa prima parte del 2018, la Basilicata si conferma “fanalino di coda” tra le regioni italiane che utilizzano i contratti di apprendistato.
Lo rileva il Centro Studi Confartigianato riferendo che:
“Nel corso del 2018, in controtendenza nazionale, si evidenzia l’apporto positivo dell’apprendistato all’andamento all’occupazione.
Gli ultimi dati dell’Istat indicano una pausa a Giugno 2018: dopo tre mesi di crescita gli occupati registrano un calo (-0,2% rispetto a maggio, pari a -49 mila) e il tasso di occupazione scende al 58,7% (-0,1 punti percentuali).
Su base annua, a Giugno 2018 si rileva un significativo aumento occupazionale (+1,4%, +330 mila) e l’espansione interessa anche giovani 15-34enni che registrano un tasso di crescita più accentuato (+2,3%, pari a +119 mila).
Ma si osserva una propensione più bassa in Basilicata (con 5,9 nuovi rapporti di apprendistato ogni cento nuovi rapporti attivati per under 30), Sardegna con 6,7 e Molise con 6,4; dall’altra parte della classifica il primato spetta all’Umbria (dove si contano 18,5 nuovi rapporti di apprendistato ogni cento nuovi rapporti attivati per under 30), seguono la Toscana con 16,2, il Veneto con 15,6, le Marche con 15,4 e il Piemonte con 14,5″.
Commenta Rosa Gentile, dirigente nazionale e regionale di Confartigianato:
“È un dato che deve spronare tutto il mondo imprenditoriale ed istituzionale della nostra regione ad accrescere ogni sforzo per recuperare posizioni nell’interesse di giovani ed imprese.
L’apprendistato è un contratto chiave per le imprese artigiane che lo utilizzano per l’8% delle assunzioni previste, 3 punti in più del 5% del totale imprese.
Pertanto da noi ci sono notevoli margini di incremento, tenuto conto che la quota degli apprendisti dell’artigianato sul totale apprendisti in Basilicata è del 24,6% (38,4% Marche e 32,8% Molise).
Il futuro occupazionale dei giovani per noi incomincia a scuola, dall’alternanza scuola-lavoro, favorendo l’apprendimento in azienda dei giovani studenti che svolgeranno parte della loro formazione ospiti delle imprese per conoscere la realtà produttiva che li circonda e prepararsi a entrare nel mondo del lavoro.
C’è bisogno di colmare la distanza che finora ha separato il mondo della scuola e quello delle imprese.
I risultati di questo gap purtroppo si vedono nelle incerte prospettive occupazionali dei giovani e nelle difficoltà delle imprese a reperire manodopera qualificata, come ha sottolineato il Rapporto Excelsior-Unioncamere secondo cui una assunzione su cinque tra quelle che le imprese hanno in programma nei prossimi primi tre mesi ‘può comportare qualche difficoltà a reperire il personale adeguato’.
Bisogna voltare pagina, quindi.
L’alternanza scuola-lavoro è la strada giusta.
Le novità per far incontrare il ‘sapere’ e il ‘saper fare’ sono positive.
Ma per farle funzionare, le aziende non devono essere gravate da nuovi oneri e adempimenti.
Non chiediamo incentivi, ma semplicemente di non incontrare nuova burocrazia che rischia di scoraggiare la partecipazione degli imprenditori.
Ci sono ostacoli da superare che impediscono ai ragazzi di entrare in azienda per imparare un mestiere.
In un laboratorio d’artigiano uno studente impara più cose che in una grande azienda, e riceve più attenzione.
Noi continuiamo a sostenere che l’apprendistato è lo strumento fondamentale per avvicinare i giovani al mondo del lavoro e per trasmettere le competenze tipiche delle attività che hanno fatto grande il made in Italy nel mondo.
L’Italia deve investire su questo contratto che coniuga il sapere e il saper fare, e che ha formato generazioni di lavoratori ma è stato anche la ‘palestra’ per migliaia di giovani che hanno creato a loro volta un’impresa”.
Voi cosa ne pensate?