Una capo scout lucana scrive una lettera indirizzata al Presidente Vito Bardi risollevando la questione della precedenza dei disabili alla vaccinazione, anche rispetto a chi, seppur a sostegno delle attività della Protezione civile, potrebbe attendere.
Ecco quanto scrive nella lettera:
“Gentilissimo Presidente Bardi,
sono una scout che fa servizio di Protezione Civile nel proprio comune da Marzo dello scorso anno.
Due settimane fa ci è stato comunicato dal Dipartimento Regionale di Protezione Civile che ci sarebbe stata la possibilità, per noi che abbiamo svolto e svolgiamo questo tipo di volontariato, di essere vaccinati insieme agli uomini delle forze armate e ai Vigili del Fuoco.
Ebbene, da allora sono stata sopraffatta dal grido della mia coscienza civica.
Per cercare di metterla a tacere mi sono confrontata a più livelli e tutti, in assoluta buona fede, mi hanno spiegato quanto fosse importante per noi essere vaccinati subito perché prestando servizio alla popolazione siamo le tra le categorie maggiormente esposte e, per lo stesso motivo, anche tra quelle potenzialmente più attive nell’eventuale diffusione del virus.
Ma nonostante le tante belle parole la mia coscienza non si quietava.
Vede, da Marzo dello scorso anno sono stata a servizio della popolazione del mio comune insieme ai volontari e volontarie delle numerose associazione di protezione civile.
Siamo stati nella Sala operativa, consegnato farmaci e generi di prima necessità, confortato e sostenuto tantissime persone che soprattutto i primi mesi erano sole ed avevano paura, siamo stati di supporto per i test universitari, per gli screening di massa, per le vaccinazioni …
E nessuno di noi ha contratto il virus perché ci siamo strettamente attenuti ai protocolli indicati utilizzando apprestamenti protettivi adeguati e osservando in maniera ossessiva le nuove regole di igiene.
Ma durante questo lungo anno mentre io mi arricchivo, e questo può sembrare all’apparenza paradossale, in umanità, in solidarietà, in socialità in competenze (anche); le Persone con disabilità si impoverivano perdendo le possibilità di socializzazione, di lavorare, di sentirsi parte di una comunità e soprattutto si impoverivano delle tante competenze e abilità faticosamente acquisite.
Pertanto io non mi vaccinerò ora ma aspetterò il mio turno che viene dopo che Paolo, Elisabetta, Rocco, persone con la sindrome di Down ma anche Iulian, Anna e Simone, che hanno altre disabilità, si saranno vaccinate.
Perché la mia vita non cambia se mi vaccino oggi, tra 1 mese o tra 10 mesi ma per loro oggi o domani può fare la differenza.
La ringrazio fin d’ora se troverà due minuti del suo prezioso tempo per leggere questa lettera e se regalerà cinque minuti a se stesso per la riflessione.
Ikky AGESCI Potenza 1“