Nel nuovo rapporto di Legambiente “Pendolaria 2021” si evince che le ferrovie dedicate ai pendolari non crescono e le metropolitane sono ferme da due anni.
Nonostante ciò si prospettano enormi opportunità con il prossimo Recovery Fund.
Ecco cosa riporta per la Basilicata il rapporto di Legambiente:
“La tempesta del Covid-19 ha cambiato radicalmente le possibilità di spostamento nel Paese e ancora non sappiamo per quanto tempo questa situazione continuerà.
Il 2020 è stato un anno davvero complicato per chi si muove in treno e per chi gestisce il servizio, con regole che sono cambiate innumerevoli volte nel corso dei mesi, di pari passo con l’evoluzione della pandemia, per cercare di garantire i distanziamenti e la sanificazione di treni e stazioni.
Ma quest’anno è stato straordinario anche perché l’Europa si è svegliata da un lungo torpore ed ha deciso di investire sul futuro, con un programma straordinario di investimenti e riforme, Next Generation EU, con l’obiettivo di aiutare i Paesi a uscire dalla crisi e di puntare su un futuro più green, digitale e giusto.
Per il trasporto su ferro lo scenario che si apre è di grande interesse, perché sono previsti investimenti importanti che possono consentire di recuperare ritardi infrastrutturali e di collegare con la mobilità sostenibile aree del Paese, Comuni e quartieri che oggi ne sono sprovvisti.
Guardare al trasporto pubblico ferroviario e locale, monitorare i problemi che vivono milioni di pendolari ogni giorno e i miglioramenti in corso, progettarne il rilancio è quello che serve ad un Paese in cui è aumentato il numero di persone e imprese in difficoltà e che può intorno a questa sfida costruire un progetto di riqualificazione diffusa.
Gli spostamenti sui convogli regionali sono aumentati tra il 2011 ed il 2019 del 6%, ma con numeri molto diversi nelle Regioni in termini di servizio e di andamento dei passeggeri, anche perché il numero delle corse in circolazione ogni giorno è cresciuto solo dell’1,7%.
Il problema è che mentre in alcune parti del Paese la situazione è migliorata rispetto al passato in altre è peggiorata, e si è ampliata la differenza nelle condizioni di servizio tra gli stessi pendolari.
Il secondo grande ritardo infrastrutturale del Paese è nelle regioni del Sud e nell’integrazione delle diverse modalità di trasporto (aeroporti, stazioni, porti, interporti).
Uno dei motivi per cui i numeri degli spostamenti in treno è più basso al Sud dipende dal fatto che in questa parte del Paese troviamo meno treni in circolazione e più lenti, il maggior numero di linee a binario unico e non elettrificate.
Complessivamente in Italia abbiamo 19.353 km di linee ferroviarie e la maggior parte della rete ferroviaria in Italia è ancora a binario unico (il 56,3%).
Se si guardano le differenze a livello regionale il Sud risulta ancora svantaggiato con esempi quali la Calabria con 686 km a binario unico su 965 (il 69,6%), la Basilicata addirittura con soli 18 km di binario doppio ed il 96,1% di rete a binario singolo.
Spesso a condannare le persone a viaggi estenuanti è la totale assenza di una regia di quanto avviene lungo alcune direttrici importanti: ancora in Basilicata per muoversi tra i due capoluoghi di Provincia, Potenza e Matera, con Trenitalia non esistono collegamenti se non in autobus (vista l’assenza dell’infrastruttura di collegamento tra Ferrandina (MT) e Matera e con le Ferrovie Appulo Lucane servono 2 cambi e ci si mette 3 ore e 25 minuti.
Nel Recovery Plan è previsto il finanziamento di alcuni interventi infrastrutturali che potrebbero accelerare l’elettrificazione di linee ferroviarie di grande importanza al Sud.
Nella cartina seguente sono descritte le linee su cui sono previste le elettrificazioni e quelle che ne rimarrebbero fuori.
È fondamentale che questi interventi siano una priorità del Piano.
Uno dei segnali positivi più importanti avvenuti sulla rete, la principale ragione della crescita del numero dei passeggeri in molte realtà, è il rinnovo del parco di treni circolante.
Sono 2.767 i treni regionali in circolazione con un’età media scesa a 15,2 anni, in continua diminuzione rispetto ai 18,6 del 2016.
Rimangono, purtroppo, marcate le differenze tra le diverse aree del Paese.
Al Sud i treni sono più vecchi, con un’età media dei convogli nettamente più alta (19 anni, rispetto agli 11,7 anni del Nord).
Si trovano casi come quelli di Campania (19,9), Abruzzo (19,8), Umbria (19,7), Basilicata e Molise (19,6) dove la media è ben più alta con punte di treni che sono davvero troppo ‘anziani’ per circolare.
Nei prossimi dieci anni saranno disponibili risorse senza precedenti per le infrastrutture ferroviarie, tra quelle straordinarie di Next Generation EU, i fondi strutturali europei e gli investimenti nazionali previsti nel contratto di programma di RFI, sulle altre reti concesse e nei Comuni per il trasporto locale in sede propria”.
Bisogna cogliere al volo questa opportunità.
Cosa ne pensate?