“Con la nostra tenace pressione siamo riusciti a far scattare nelle prime carceri del centro-nord alcune misure per prevenire il coronavirus tra le quali il blocco dei colloqui dei detenuti.
Adesso è necessario estendere le misure d’emergenza anche nelle carceri del Sud senza perdere ulteriore tempo”.
Ad affermarlo, è il segretario generale del S. PP. Aldo Di Giacomo per il quale:
“Si pensi solo cosa accadrebbe in istituti come Napoli-Poggioreale, Palermo, Catania dove il sovraffollamento è maggiore, un detenuto su due è malato con patologie che ne fanno un rischio per sé e per gli altri, i medici per ogni carcere si contano sulle dita di una mano, scarseggiano persino i termometri e ci sono almeno un migliaio di detenuti con più di 70 anni.
Si tratta, come è noto, di due categorie – malati cronici ed anziani – che come riprovano i decessi avvenuti sinora in Italia e non solo, sono considerati dagli esperti dell’Oms ‘i più vulnerabili’.
Per noi l’unica forma di prevenzione possibile nelle carceri è bloccare ogni contatto con l’esterno, insieme ad una campagna di vera prevenzione e di comunicazione che coinvolga prima di tutto il personale in servizio che è invece abbandonato a sé stesso nel gestire la situazione.
Se invece qualcuno pensasse ad istituire in ciascun carcere una sorta di spazio isolamento per eventuali casi coronavirus farebbe bene a toglierselo dalla testa perché, non solo, non scongiurerebbe la diffusione del virus ma determinerebbe una situazione di panico tra i detenuti del tutto incontrollabile rispetto alla quale non resterebbe che evacuare il carcere con tutto ciò che comporta.
Si provi ad immaginare in un carcere di mille detenuti quale potrebbe essere la reazione alla notizia di un possibile contagio all’interno dello stesso; si consideri, inoltre, che l’unica soluzione possibile per evitare il contagio dell’intero carcere è l’evacuazione dell’intera struttura.
Quest’ultima strada appare del tutto non perseguibile per ovvi motivi, senza voler creare allarmismi, vi è la necessità assoluta di chiudersi verso l’esterno al primo focolaio del virus per evitare che tutti, poliziotti, detenuti, ecc., possano sistematicamente ammalarsi.
Sono molti i detenuti delle carceri del centro-nord, già da qualche giorno, a dimostrare buonsenso chiedendo, sempre più numerosi, di rinunciare ai colloqui con i familiari che invece si continuano a tenere negli istituti del Sud, senza alcun controllo per chi arriva come per nuovi detenuti, proprio come se niente fosse accaduto fuori degli istituti penitenziari.
Si prenda esempio da questo atteggiamento di prudenza e si intervenga rapidamente con piani e programmi che coinvolgano prima di tutto il personale penitenziario”.