“La salute pubblica è la priorità assoluta, ma le nuove disposizioni per il contenimento del Covid-19 avranno comunque un impatto negativo sull’economia, causando un’ulteriore riduzione di circa 5,8 miliardi di euro di consumi delle famiglie. L’ennesimo colpo per commercio, turismo e somministrazione, che potrebbe causare la chiusura di altre 20mila attività, portando da 90 a 110mila le cessazioni di impresa previste quest’anno”.
A stimarlo è Confesercenti:
“Anche uno stop relativamente ‘soft’ come quello finora annunciato, infatti, rischia di avere conseguenze difficilmente sostenibili per le imprese, non solo riducendo la spesa negli esercizi che subiscono le nuove restrizioni, ma spingendo anche le famiglie ad aumentare ulteriormente il risparmio, con una generalizzata riduzione dei consumi.
Nell’ipotesi che le chiusure siano imposte oltre che per tutto il restante mese Ottobre anche per la prima settimana di Novembre, l’ulteriore impatto negativo sui consumi potrebbe infatti raggiungere i 5,8 miliardi (-0,3% del Pil), portando la stima della riduzione complessiva della spesa delle famiglie per il 2020 da 90 a 95,8 miliardi di euro.
La stima, inoltre, presume un ritorno alla normalità in occasione delle festività natalizie e quindi incorpora un’attesa di rimbalzo della spesa delle famiglie nel mese di dicembre.
Ben più drammatiche sarebbero le conseguenze nel caso si dovesse tornare a un lockdown completo come quello già sperimentato nel bimestre Marzo-Aprile.
Due ulteriori mesi di lockdown, in questa fase dell’anno, determinerebbero una caduta immediata della spesa di 40 miliardi, minando la fiducia delle famiglie e rivelando effetti persistenti anche dopo la riapertura”.
Il Presidente nazionale di Confesercenti, Patrizia De Luise, dichiara:
“L’aver evitato il lockdown totale è un fatto positivo, ma le restrizioni imposte potrebbero comunque avere ripercussioni drammatiche sulle imprese, in particolare nei comparti colpiti in maniera diretta dalle nuove limitazioni.
Per molte attività, già logorate dalla crisi innescata dalla pandemia, potrebbe voler dire la chiusura definitiva.
Per questo chiediamo non solo che si predispongano sostegni adeguati, ma che stavolta siano davvero immediati: alcune misure già annunciate da tempo – come i contributi per le imprese dei centri storici, o quelli per le attività di ristorazione e dei settori ricreativi e dell’intrattenimento – sono ancora bloccate dalla mancanza di decreti attuativi.
Bisogna cambiare passo: occorre intervenire a sostegno delle imprese durante la fase acuta dell’emergenza, non dopo: si agisca quando necessario, in accordo con le rappresentanze datoriali, mettendo immediatamente a disposizione le risorse necessarie.
È inaccettabile che i provvedimenti di restrizione alle attività delle imprese non siano contestualmente accompagnate da ristori congrui e subito disponibili alle imprese, dal primo minuto.
Servono soluzioni per agevolare l’accesso al credito e per fronteggiare i costi fissi.
A partire da una nuova normativa d’emergenza sugli affitti: secondo le nostre stime, ci sono almeno 70mila attività, in Italia, che non ce la fanno più a pagare il canone.
Dobbiamo aiutarle, introducendo agevolazioni per i proprietari che riducono o sospendono l’affitto. Rimane, inoltre, assolutamente necessario bloccare le procedure di fallimento: se non si farà così, il rischio è che anche Cig e blocco dei licenziamenti non saranno più necessari, perché non ci saranno più imprese a dare lavoro”.