Domenica 14 Maggio 2023, a Ferrandina, solenni festeggiamenti per la sua Patrona, Santa Maria della Croce.
Ricco il programma patrocinato dal Comune, a cominciare dalla novena, sino al concerto bandistico a conclusione.
Di seguito la locandina ed alcuni cenni storici riguardanti l’antichissima effige che la rappresenta come Mamma di tutte le Mamme.
Montata su un monumentale sedile in legno dorato con un baldacchino sorretto da due angeli, frutto di una sistemazione tardo-settecentesca, la Madonna col Bambino, venerata col nome di Madonna della Croce, è attualmente collocata nel transetto sinistro della Chiesa.
Dal Ragguaglio del 1756 si apprende che la statua dorata era situata, “ in un nicchio di fabbrica con stucco nel fondo di detto coro, scorniciato (a lacunari) detto coro ed abbellito di più statuette, e di legno, e di stucco poste in oro…”.
Il Caputi riferisce che la scultura “fu ritoccata con profusione di oro nel 1858 per cura dell’egregio canonico D. Francesco de Gemmis”.
L’intervento, che probabilmente dovette comprendere anche la revisione della cromia degli incarnati, comportò quindi il rifacimento della doratura, per il quale la statua ha assunto un aspetto scintillante, che non impedisce, tuttavia, di valutare quest’opera, sinora passata inosservata agli studi.
La scultura è datata sulla base 1530 e, probabilmente, venne realizzata in occasione di un voto, fatto dai rappresentanti di Ferrandina, al “Prezioso Legno di Santa Croce”, in seguito alla pestilenza che colpì la Città nel 1521.
La Madonna, seduta con la mano sinistra protesa in avanti per mostrare la Croce, sostiene con la destra il Bambino benedicente, che reca nella sinistra un pomo.
L’ampio mantello, calato sulla fronte della Vergine a nascondere la capigliatura (le due bande brune di capelli dipinte che sporgono dal copricapo sono visibilmente un’aggiunta), ricade sulle sue braccia, descrivendo innaturalisticamente due anse, tra le quali si accampa il putto, saldamente piantato sulla gamba destra della madre.
Il modulo compositivo denota la provenienza dell’opera dall’ambito napoletano, benché l’autore si dimostri legato a soluzioni alquanto attardate, certamente precedenti agli esiti espressivi più alti della plastica napoletana di quel momento, rappresentati dal lirismo pacato del Siloè, dal grafismo nervoso del Santacroce, dal manierismo struggente e aggressivo dell’Ordonez e dal classicismo inquieto di Giovanni da Nola.
L’opera in esame, uscita dalla bottega di un madonnaro napoletano, si pone nella scia delle sculture lignee giunte nella regione nei primi decenni del cinquecento, alcune delle quali riconosciute dalla critica autografe o della bottega di Giovanni da Nola (Tito, chiesa di S. Antonio, Madonna con Bambino, Melfi, Castello, S. Sebastiano; San Mauro Forte, chiesa del Convento, Madonna col Bambino), e trova un precedente di altissima qualità nella Madonna col Bambino della chiesa del Carmine a Marsico Nuovo, da poco restaurata, che, nel solenne schema compositivo e nell’ovale di perfetta astrazione geometrica della Madonna, si ricollega al clima della plastica napoletana della fine del Quattrocento, animato dalle esperienze dell’ultima attività del Laurana.