Le Chiese di Basilicata stanno vivendo in questi giorni a Roma la “visita ad limina apostolorum”, cioè il pellegrinaggio alle “soglie”, alle “fonti” della fede, alle tombe dei Beati Apostoli Pietro e Paolo ove ha sede il simbolo stesso dell’unità cattolica. I sei vescovi lucani, compreso Padre Davide Carbonaro, per ora solo eletto a capo della diocesi di Potenza-Muro Lucano-Marsico Nuovo, dove farà il suo ingresso il prossimo 18 maggio, da lunedì 21 aprile e fino venerdì 26 sono impegnati a presentare al Papa e ai vari Dicasteri vaticani lo stato complessivo della loro provincia ecclesiastica.
La “visita ad limina” è una pratica tradizionale che risale addirittura ai primi secoli di cristianesimo; caduta più volte in disuso, sistematicamente riemersa nel tempo, è stata ripristinata e fortemente valorizzata dal Concilio Vaticano II, che alla collegialità episcopale ha dedicato molti dei suoi lavori.
Oggi la visita istituzionalizzata alle tombe degli apostoli rappresenta, ed è vissuta, come segno visibile della comunione “cum Petro et sub Petro”, espressione che al Concilio ha costituito la sintesi efficace ed espressiva del rapporto tra Roma e le Chiese locali.
Da allora tutti i vescovi del mondo, ogni cinque anni, sono invitati in Vaticano per rinsaldare quel vincolo di fraternità e collegialità col Successore di Pietro, il cui compito principale è proprio quello di “confermare i fratelli nella fede”, ruolo che giustifica da sempre, sulla base delle parole evangeliche, l’ufficio petrino.
Nulla quindi di burocratico, o di rendiconto gestionale ed amministrativo alle “autorità superiori” del “lavoro” svolto nelle diocesi, come potrebbe apparire ad una lettura laica, ma confronto, conferma e sostegno nell’opera missionaria nella porzione di Chiesa affidata a ciascuno dei vescovi; e condivisione e stimolo circa la missione nel mondo, o nella società civile, ancora in forte credito di evangelizzazione, Basilicata compresa.
L’ultima “visita ad limina” dei vescovi italiani risale al 2013, ma quello fu un anno particolare, caratterizzato dalla rinuncia di Papa Benedetto e dall’elezione di Francesco. Da allora, complice anche la pandemia, c’è stata una sorta di sospensione. Da gennaio di quest’anno l’appuntamento è stato ripristinato.
Ed in questi giorni tocca alla Basilicata, la più piccola delle regioni ecclesiastiche che costituiscono, nel loro complesso, la conferenza episcopale italiana.
In tutto sono sedici le conferenze regionali e non venti quante le regioni civili, e questo perché la Val d’Aosta si è unita al Piemonte, la conferenza del Triveneto abbraccia Veneto, Friuli e Trentino, e il Molise fa tutt’uno con l’Abruzzo.
Pertanto probabilmente a Roma si parlerà anche della opportunità o meno, in chiave di evangelizzazione ovviamente, di mantenere una conferenza episcopale lucana autonoma, costituita solo da cinque vescovi che diverranno, prima o poi, quattro, visto che dopo l’unificazione” in persona episcopi” di Matera e Tricarico, si procederà secondo lo stesso modulo anche con Acerenza e Melfi. I vescovi si confronteranno probabilmente sui vantaggi e i rischi di una conferenza regionale autonoma così ridotta nel numero dei componenti.
La visita ovviamente è stata preparata nei particolari da ciascuna delle diocesi rispondendo ad un articolato questionario inviato da Roma col compito di focalizzare i temi ritenuti più importanti.
Ma ci sono anche questioni più generali che richiedono un approfondimento collettivo, come, per esempio:
- la dimensione dei comuni-polvere della regione ( l’80% al di sotto dei tremila abitanti),
- l’opportunità o meno di mantenere stabilmente un sacerdote in ogni mini-comunità, con tutti i problemi legati alla solitudine del clero, la promozione di comunità sacerdotali che diano respiro alla missione,
- il ruolo delle congregazioni religiose ancora, in qualche caso, ai margini della vita ecclesiale,
- la promozione della partecipazione delle donne alla vita ecclesiale,
- l’educazione cattolica,
- la penetrazione della voce della Chiesa nel mondo laico,
- la difficoltà ad attrarre i giovani,
- senza parlare del calo delle vocazioni, che, anche se più contenuto rispetto ad altre aree ad avanzata secolarizzazione, comincia a costituire un problema anche da noi.
E poi c’è la sempre attuale questione della religiosità popolare e delle feste patronali, che se da un lato segnano la sensibilità delle comunità, dall’altro richiedono una difficile purificazione perché in non pochi casi si trasformano in manifestazioni troppo simili a vere e proprie sagre paesane.
Il quadro religioso è destinato ovviamente a richiamare anche le condizioni socio-economiche che fanno da sfondo alla missione della Chiesa in Basilicata, tenuto conto che l’evangelizzazione implica naturalmente la promozione umana legata alla liberazione evangelica. Si parlerà pertanto sicuramente anche di crollo della natalità, di fuga dei giovani in cerca di migliori opportunità di vita, di disoccupazione e di povertà, se non di divario di cittadinanza che accomuna un po’ tutto il Mezzogiorno.
Ma i vescovi parleranno sicuramente anche della speranza che viene dal Risorto e che spetta alla Chiesa annunciare, alimentare e contribuire a costruire.
La visita si concluderà con un incontro diretto dei vescovi con Papa Francesco.