Riceviamo e pubblichiamo di seguito una nota della Deputazione di Storia Patria per la Lucania:
“Ricostruire e leggere/rileggere con rigore di metodo e di merito gli elementi storico-identitari portanti di una comunità, “svelarli”, per dare una solida base di riferimento scientifico-culturale alle stesse politiche di sviluppo economico, a partire dai programmi di qualificato turismo culturale.
È quanto, tra l’altro, emerso dall’interessante iniziativa di presentazione del recente volume di Antonio D’Andria, “Identità svelate”.
La parabola dell’antico nelle storie locali del Mezzogiorno moderno (Lacaita, 2018), significativamente pubblicato nella Collana “Europa Mediterranea” (diretta dai proff. Antonino De Francesco, Antonio Lerra, Aurelio Musi e Bruno Pellegrino), svoltasi nella sala Convegni della Sezione Materana della Deputazione Lucana di Storia Patria intitolata al compianto prof. Raffaele Giura Longo.
Ai saluti istituzionali hanno fatto seguito gli interventi del Presidente della Deputazione Lucana di Storia Patria, Prof. Antonio Lerra (ordinario di Storia moderna nell’Università degli studi della Basilicata), del Prof. Aldo Corcella (neo-deputato della Deputazione di Storia Patria, ordinario di Filologia Classica nell’Università degli studi della Basilicata), della Prof.ssa Maria Teresa Imbriani, (del Consiglio Direttivo della Deputazione Lucana di Storia Patria, Docente di Letteratura Italiana Contemporanea nell’Università degli studi della Basilicata), ed il prof. Francesco Panarelli ( neo-deputato della Deputazione Lucana di Storia Patria, ordinario di Storia medievale, Direttore del Dipartimento di Scienze Umane dell’Università degli studi della Basilicata).
Il prof. Lerra, dopo aver delineato l’apporto, in programmi di ricerca ed iniziative scientifico-culturali che la Deputazione Lucana di Storia Patria, in collaborazione con l’Ateneo Lucano, sta portando avanti per Matera-Basilicata 2019, si è soffermato sul percorso metodologico e di ricerca compiuto dall’autore del volume, che ha recensito ed accuratamente analizzato circa novanta storie di comunità locali relative, lungo il ciclo della modernità, al Principato Citra, alla Basilicata, alla Capitanata, alla Terra di Bari ed a Terra d’Otranto, in un’area, quella delle direttrici tra Tirreno, Appennino e Adriatico, di notevole importanza, anche socio-economica, nel corso dell’Età Moderna.
Il volume, ha aggiunto il prof. Lerra, in piena sintonia con gli indirizzi della più aggiornata e rigorosa produzione storiografica su percezioni e rappresentazioni delle comunità locali del Mezzogiorno d’Italia tra i secoli XVI e XVIII, ben delinea tipologie (da quelle cittadine a quelle ecclesiastiche) e motivazioni a base di tali produzioni, da obiettivi di autolegittimazione di ceti e gruppi dirigenti locali ad esigenze di autorappresentazioni di “fedeltà” nei riguardi del potere centrale, attraverso un uso variegato e disinvolto di fonti.
Come, del resto, ha sottolineato ancora il prof. Lerra, si è avuto modo di evidenziare, nel corso dell’ultimo quindicennio, per l’intero Mezzogiorno d’Italia, peninsulare ed insulare, attraverso vari “prodotti scientifici” attuativi di specifico Progetto di Rilevante Interesse Nazionale, cui è da ricondurre anche l’accurato e molecolare lavoro di ricerca e di analisi delle fonti da parte di Antonio D’Andria.
In particolare sulla tipologia delle fonti si è, da par suo, soffermato il prof. Aldo Corcella, evidenziando come falsificazioni e “mitistorie” (per dirla con D’Andria), ossia racconti “favolosi” delle origini di città, fossero evidenziate già nel XVIII secolo da autori più sensibili alla nuova scienza dell’Illuminismo, quando la storia iniziava a distaccarsi dall’elemento “romanzesco” e letterario-erudito.
Il prof. Corcella, anche nel suo ruolo di Presidente dell’Associazione Italiana di Cultura Classica, ha, inoltre, introdotto un notevole spunto di riflessione ed attualizzazione dell’antico, portando ad esempio l’uso dell’antichità italica, preclassica, da parte delle comunità locali italiane nel periodo postunitario, quando, proprio sulla scorta delle informazioni offerte dalle archeologie cittadine d’età barocca, esse aggiungevano, ad esempio, al proprio toponimo aggettivazioni che rimontavano alle loro origini preromane.
Non certo per caso, ha evidenziato il prof. Corcella, varie cittadine legavano il proprio toponimo a popolazioni come i Sanniti, i Lucani, i Messapi, tradizionalmente presentate da quegli storici locali come il “ceppo vecchio” delle tradizioni civiche e morali delle comunità.
Uno spunto, quello dell’attualizzazione e della conservazione dell’antico, ripreso poi anche dalla prof. Maria Teresa Imbriani, che ha richiamato paralleli nella storiografia antecedente e posteriore anche in altre parti d’Italia, esemplificata da precedenti illustri e di fama come – ha ricordato – il trecentesco Giovanni Villani, che, nella sua Cronica dedicata a Firenze, aveva avviato un discorso archeologico-erudito sulle origini della Città che, nella sua complessa politicità, avrebbe fornito anche il gancio agli storici generali del Regno di Napoli, tra i quali il capofila Giovanni Antonio Summonte.
Quest’ultimo, infatti, nella sua Storia della Città e Regno di Napoli (fine XVI secolo), largamente richiamata nel volume di D’Andria, aveva utilizzato le modalità analitiche, volte a politicizzare il discorso delle origini, di Villani stesso, recuperando il mito della fondazione di Napoli ad opera della sirena Partenope per evidenziare come tale fondatrice “impossibile” fosse lo specchio delle virtù civiche della Capitale del Regno.
Elementi tutti, questi, dalla tipologia delle fonti alle motivazioni a base delle produzioni locali, sui quali si è ampiamente soffermato, con particolari riferimenti all’età medievale, anche il prof. Francesco Panarelli, che ha evidenziato, altresì, il rilevante ruolo della Chiesa e della storiografia ecclesiastica nella costruzione delle identità cittadine nel Mezzogiorno moderno, insistendo, poi, sull’importanza politica, più che storico-erudita, di alcune di tali storie, da considerare soprattutto nella dimensione della tipologia di rappresentazione politica da parte delle comunità, volte, spesso, ad ottenere maggiore autonomia politico-istituzionale-amministrativa.
Altra interessante sottolineatura il prof. Panarelli ha rivolto alla configurazione di tali storie locali come veri e propri ipertesti, capaci di stimolare letture a più livelli, dunque non quali semplici trascrizioni, ma con apparati espressivi di “multistratigrafia”, da “pretestuose” letture delle fonti classiche e bibliche di partenza alla manipolazione disinvolta dei documenti e dei monumenti epigrafici e/o archeologici.
Un’iniziativa, dunque, di alto spessore scientifico-culturale, che – ha detto nelle considerazioni conclusive il Presidente dell’Istituto Lucano di Storia Patria, prof. Lerra – oltre ad evidenziare l’interessante valenza del volume presentato, ha portato alla delineazione di ulteriori, possibili, sviluppi di tracciati e programmi di ricerca sui profili storico-culturali delle comunità locali, pur già robustamente al centro dell’ampio ed articolato cantiere di lavoro e di iniziative della Deputazione Lucana di Storia Patria, Istituto per gli Studi Storici dall’antichità all’età contemporanea”.