Riceviamo e pubblichiamo un comunicato stampa di Fp Cgl di Potenza SPI CGIL Potenza:
“Una situazione drammatica quella che sono costretti a subire i cittadini lucani che hanno necessità di accedere alle strutture sanitarie regionali.
Liste d’attesa anche di molti mesi e agende bloccate per alcune specialità, con sospensioni e ritardi per interventi, visite ed esami, con un notevole danno alla salute dei cittadini.
Se si muore sempre meno di Covid, si rischia sempre più di farlo per altre patologie.
La Legge di Bilancio 2022 prevede che le Regioni per accedere ai 500 milioni di euro stanziati dallo Stato per il recupero delle prestazioni saltate durante questi due anni di pandemia Covid-19 debbano rimodulare il proprio piano di recupero delle liste di attesa.
Inizialmente il piano andava presentato entro il 31 gennaio 2022 al ministero della Salute e al ministero dell’Economia, poi è arrivata una proroga al 24 febbraio.
Rimodulazione, appunto, perché il piano già doveva essere approntato nel 2020, ma purtroppo, a oggi, nulla è dato sapere del piano di recupero delle prestazioni della Regione Basilicata.
La riduzione dei tempi d’attesa per l’accesso alle prestazioni sanitarie oltre ad essere una priorità se si vuole assicurare la salute agli abitanti di una regione, è uno dei livelli essenziali di assistenza.
A fronte di obiettive difficoltà dopo i due anni di pandemia, è inderogabile ricercare soluzioni per ridurre le liste di attesa.
Il piano regionale di rientro deve indicare tempi, modalità, personale e fondi messi a disposizione, dando ai direttori generali obiettivi concreti, raggiungibili e misurabili in tempi certi.
Ed è proprio sul raggiungimento di tali obiettivi che i dg, come stabilito nel patto per la salute sottoscritto da Governo e Regioni e nelle direttive ministeriali, dovranno essere valutati.
L’appropriatezza delle prestazioni sanitarie e la certezza e congruità dei tempi in cui esse vengono erogate rappresentano un caposaldo da cui non si può prescindere.
I cittadini devono avere risposte appropriate e in tempi ragionevoli altrimenti vedranno negato il loro diritto alla salute dal sistema pubblico e saranno costretti a rivolgersi al privato distogliendo altri fondi dal sistema sanitario nazionale.
È questo che si sta perseguendo in Basilicata dove, ormai, è tutto un rifiorire di strutture private che si stanno sostituendo al pubblico?
Bisogna che la Regione aggiorni il piano di rientro e che apra il confronto con le organizzazioni sindacali.
Non è più tempo delle scuse, è tempo di operare in modo concreto, trasparente e veloce.
Sappiamo bene che il problema delle liste di attesa è strettamente legato a quello del personale, come d’altronde la pandemia ha reso drammaticamente evidente.
Negli anni la sanità si è svuotata: medici, infermieri, operatori sanitari e amministrativi che hanno lasciato il lavoro per pensionamento e che per legge non si è potuto sostituire.
I decreti emergenziali del 2020 e del 2021, però, hanno permesso alle aziende sanitarie di assumere personale per affrontare l’emergenza pandemica.
E, se nel caso dei medici ci si è scontrati con l’impossibilità di reperire le figure richieste, per carenza di specialisti o per la poca disponibilità a trasferirsi in Basilicata e in particolare nelle sue zone più periferiche, dall’altro, per le altre figure professionali si è tardato a superare la precarietà.
Da tempo chiediamo un piano straordinario di assunzioni e la stabilizzazione del personale precario, in tutte le forme e utilizzando tutti gli strumenti possibili.
Mai come in questo momento i soldi in sanità ci sono.
Tra fondi derivanti dal Pnrr, decreto ministeriale Aiuti, fondi per la prevenzione da rischi ambientali e climatici, decreto ministeriale 71 sulla riforma dell’assistenza territoriale e aumento del fondo sanitario regionale, abbiamo a disposizione strumenti e soldi come non mai.
La Regione deve solo attrezzarsi per utilizzarli e utilizzarli bene.
Noi non permetteremo che il pubblico restringa sempre più il suo perimetro di azione a vantaggio del privato, in un momento storico in cui, a seguito della progressiva riduzione del potere di acquisto delle famiglie, si riduce per molti la possibilità di accesso alle cure“.