Ci sono “due forti disuguaglianze che caratterizzano l’esperienza lavorativa delle donne nel nostro Paese: il divario occupazionale, che è il più alto di tutta l’Unione Europea, e il divario retributivo, che nel settore privato arriva a superare il 30%“.
Lo afferma la segretaria confederale della Uil Ivana Veronese presentando uno studio curato dal Servizio Lavoro, Coesione e Territorio del sindacato.
Così per le lavoratrici lucane:
- assunte a tempo indeterminato la differenza percentuale con i colleghi è pari al 27,7% (31.24 euro per gli uomini, 22.415 euro per le donne),
- per quelle assunte a tempo determinato è pari al 17,7% (11.426 euro per gli uomini, 9.402 euro per le donne),
- per le stagionali è pari al 17,4% (8.733 per gli uomini, 7.265 per le donne).
Aggiunge Veronese:
“La scarsa presenza di asili nido pubblici, il loro costo spesso molto elevato, ma anche, e se ne parla troppo poco, l’inesistenza del tempo pieno nelle scuole in ampie aree del Paese e di servizi pubblici durante i periodi di vacanze scolastiche, sono alcuni degli elementi che ci fanno dire che l’Italia, nonostante una certa narrazione che vorrebbe affermare il contrario, non è un Paese per genitori.
E, siccome la genitorialità è, ancora oggi, declinata, culturalmente e di fatto, al femminile, non è un Paese per mamme.
Tra i tanti fattori che pesano su questo dato così rilevante, un ruolo di primo piano lo ha sicuramente l’incidenza del part-time, il rapporto tra occupate donne in part-time e in full-time è 1:1, mentre per gli uomini diminuisce drasticamente a 1:4″.
Con la ricerca, aggiunge ancora, “andiamo a indagare anche i dati relativi a chi un lavoro non lo cerca neanche più.
Tra gli inattivi, quelli che dichiarano di esserlo per motivi familiari sono 3 milioni e 478 mila: di questi, il 95,6% sono donne.
Le donne vogliono poter lavorare, vogliono un lavoro che sia dignitoso, equo, sicuro e che valorizzi le proprie competenze e capacità.
Vogliono poter scegliere in autonomia se diventare o meno madri e vogliono che, se decidono di vivere l’esperienza della maternità, questa non si ponga in antitesi di fatto con quella del lavoro.
Vogliono una società dove uomini e donne possano e debbano essere genitori allo stesso modo: stessi diritti, stessi doveri.
Invece, essere madri a queste condizioni, alle condizioni che le donne vivono ogni giorno sul lavoro, difficilmente può essere qualcosa da festeggiare.
Noi, come UIL, continueremo a fare la nostra parte, dentro e fuori i luoghi di lavoro, perché le donne possano essere chi desiderano, senza dover rinunciare a parti importanti di sé”.