Fa sapere l’Ufficio studi della CGIA (L’Associazione Artigiani e Piccole Imprese Mestre):
“Possiamo affermare che il numero delle pensioni erogate in Italia ha superato quello degli occupati.
In virtù degli ultimi dati disponibili, se nello scorso mese di maggio coloro che avevano un impiego lavorativo
sono scesi a 22,77 milioni di unità, gli assegni pensionistici erogati sono superiori.
Al 1° gennaio 2019, infatti, la totalità delle pensioni erogate in Italia ammontava a 22,78 milioni.
Se teniamo conto del normale flusso in uscita dal mercato del lavoro da parte di chi ha raggiunto il limite di
età e dell’impulso dato dall’introduzione di ‘quota 100’, successivamente all’1 gennaio dell’anno scorso il numero complessivo delle pensioni è aumentato almeno di 220 mila unità.
Pertanto, possiamo affermare con una elevata dose di sicurezza che gli assegni stanziati alle persone in quiescenza sono attualmente superiori al numero di occupati presenti nel Paese”.
Sottolinea il coordinatore dell’Ufficio studi Paolo Zabeo:
“Il sorpasso è avvenuto in questi ultimi mesi.
Dopo l’esplosione del Covid, infatti, è seguito un calo dei lavoratori attivi.
Con più pensioni che impiegati, operai e autonomi, in futuro non sarà facile garantire la sostenibilità della spesa previdenziale che attualmente supera i 293″.
Come si legge in un comunicato stampa:
“Al Sud tutte le regioni presentano un saldo negativo
Sebbene gli ultimi dati disponibili a livello territoriale non siano recentissimi, tutte le otto regioni del Sud presentano un numero di pensioni superiore a quello degli occupati.
Tra le province meridionali solo tre registrano un saldo positivo, ovvero più lavoratori attivi che pensioni erogate.
Esse sono: Teramo, Ragusa e Cagliari
Al Nord, invece, l’unica regione in ‘difficoltà’ è la Liguria, che ha tutte le 4 province con il saldo negativo e il Friuli Venezia Giulia che ha un saldo pari a zero.
Al Centro, invece, male anche l’Umbria e le Marche.
Ovviamente, le situazioni più problematiche si registrano nelle aree dove l’età media è più avanzata.
A livello regionale quella più elevata si trova in Liguria (48,46 anni medi).
Subito dopo scorgiamo il Friuli Venezia Giulia (47), il Piemonte (46,54), la Toscana (46,52) e
l’Umbria (46,49).
A livello provinciale, invece, la realtà più “vecchia” d’Italia è Savona (48,85 anni medi), seguono Biella (48,70), Ferrara (48,55), Genova (48,53) e Trieste (48,39).
Le più giovani, invece, sono Bolzano (42,30), Crotone (42,18), Caserta (41,35) e Napoli (41,31).
L’invecchiamento un problema che riguarda tutti i paesi avanzati
La questione dell’invecchiamento della popolazione non è un problema solo italiano.
Riguarda, purtroppo, la stragrande maggioranza dei paesi più avanzati economicamente.
Giappone e Germania, ad esempio, presentano degli indicatori demografici molto simili ai nostri.
Ricordiamo che il problema è stato messo all’ordine del giorno addirittura nel G20 tenutosi ad Osaka l’anno scorso che l’ha definito, per la prima volta nella storia, un rischio globale.
Per quali ragioni i grandi della terra si sono occupati di demografia?
Per il semplice fatto che l’80 per cento degli over 65 vive nelle 20 economie maggiormente sviluppate che insieme producono l’85 per cento del Pil mondiale e, più degli altri, potrebbero beneficiare del ‘dividendo demografico’ generato dai paesi emergenti.
In questi ultimi, al contrario, va aumentando la coorte in piena età lavorativa (30-55 anni) ad un ritmo superiore rispetto alla capacità del sistema economico locale di creare posti di lavoro e, pertanto, non viene
assorbita dal mercato del lavoro.
Pertanto, come dicevamo più sopra, il fenomeno dell’invecchiamento della popolazione è rilevante non solo per le conseguenze sociali ma anche per quelle economiche in termini di spesa sanitaria e di sostenibilità del sistema pensionistico.
In particolare, i consumi degli over 60 sono mediamente più alti rispetto a quelli degli under 30 nel comparto dell’alimentazione, della casa e della salute.
Ma in tutti gli altri settori, il divario è ad appannaggio delle classi demografiche più giovani che, però, anche in Italia si stanno contraendo paurosamente.
Con le culle vuote e l’assenza di politiche migratorie di ampio respiro corriamo il pericolo che il Vecchio Continente venga travolto da queste problematiche.
L’Europa ha bisogno disperatamente di più bambini e di più persone al lavoro che possano sostenere gli anziani a riposo o bisognosi di cure.
È necessario far venire alla luce nuove risorse e di attrarne di già disponibili”.
L’Ufficio studi della CGIA conclude:
“Investire per favorire le nascite, purtroppo, è una scelta che non piace a molti governi, spesso in virtù di un banale calcolo statistico, considerato che proprio la tendenza demografica declinante richiede sempre maggiori risorse a favore della parte elettoralmente più rilevante della popolazione.
Ma la tentazione della rendita è di per sé un indicatore evidente di declino e di sconfitta”.
Tab. 1 – Pensioni e occupati per Regione
(1 gennaio 2019) (importi in migliaia)