Enzo Di Salvatore, professore costituzionalista, riprendendo le redini del discorso sulle estrazioni petrolifere di “Masseria La Rocca”, nella giornata di ieri ha pubblicato questo post:
“Ricordate l’annuncio dello scorso 12 Dicembre con il quale Luigi Di Maio comunicava agli italiani la bocciatura da parte del Governo del progetto petrolifero ‘Masseria la Rocca’?
Ebbene, lo scorso 21 Dicembre, e cioè appena 9 giorni dopo quell’annuncio, il Consiglio dei ministri ha deciso di andare a costituirsi davanti alla Corte costituzionale nel ricorso (per conflitto di attribuzione tra Stato e Regione) che la Regione Basilicata ha promosso proprio contro quel progetto.
Ringraziate il Governo del Popolo per la politica dei due forni”.
Ricordiamo inoltre che, in un post da lui stesso scritto immediatamente dopo l’annuncio di Di Maio al “blocco” del progetto Masseria La Rocca, Di Salvatore decideva di ripercorrere le varie fasi che hanno successivamente prodotto la situazione attuale, spiegando:
“Di cosa si tratta esattamente? Il comunicato stampa della riunione del Consiglio dei ministri non lo dice.
Nell’attesa di leggere la delibera, provo a raccontarlo io nel modo più semplice possibile.
La società Rockhopper aveva presentato anni fa una richiesta per poter cercare petrolio in Basilicata.
Per ottenere il permesso aveva però bisogno di due cose: di un provvedimento di valutazione di impatto ambientale e dell’intesa della Regione.
Nel 2009 la Regione riteneva di non dover sottoporre a valutazione di impatto ambientale il progetto di ricerca, in quanto si trattava solo di acquisire ed elaborare dati sismici già disponibili.
Qualora invece si fosse voluto cercare petrolio con il pozzo esplorativo il discorso sarebbe stato diverso.
La Regione, quindi, adottava un provvedimento di non assoggettabilità a VIA della durata di tre anni.
Nel frattempo, avrebbe dovuto dare l’intesa per il rilascio del permesso di ricerca.
E arriviamo al 2012: il procedimento di rilascio del permesso non è ancora concluso e il provvedimento di esclusione VIA è in procinto di scadere.
A quel punto, la società petrolifera chiede che le sia prorogato il provvedimento di esclusione VIA.
Ma la Regione non dà seguito a questa richiesta e, anzi, non rilascia neppure l’intesa.
Cosa fa la società petrolifera? Impugna entrambi i ‘no’ davanti al TAR e vince.
Successivamente vince anche dinanzi al Consiglio di Stato.
Conclusione: poiché la Regione non ha dato l’intesa, gli atti devono passare alla Presidenza del Consiglio dei ministri, competente ad esercitare il potere sostitutivo e a superare lo stallo come vuole la legge.
Ma la Regione non ci sta e propone ricorso per conflitto di attribuzione alla Corte costituzionale (un ricorso che ho avuto modo di seguire da vicino e che è tuttora pendente).
E siamo arrivati alla giornata di ieri.
A Roma si riunisce il Consiglio dei ministri e alla riunione partecipa anche l’assessore all’ambiente della Regione.
Cosa decide il Consiglio dei ministri? Si pronuncia sia sulla VIA sia sulla mancata intesa della Regione: per la VIA non concede la proroga del provvedimento di esenzione; per la mancata intesa sostanzialmente ratifica il ‘no’ della Regione.
Il punto è che il Consiglio dei ministri ha esercitato, nei fatti, un potere che non gli compete, giacché la legge gli attribuisce una sola competenza: superare il ‘no’ della Regione, non già bloccare il procedimento e, quindi, non rilasciare il permesso di ricerca e non rilasciare il provvedimento di proroga di esenzione della VIA.
Questi due atti sono, rispettivamente, di competenza del Ministero dello sviluppo economico e del Ministero dell’ambiente.
E quando dico atti del Ministero intendo dire provvedimenti amministrativi, non atti ‘politici’: non è il ministro che li rilascia, ma il dirigente competente.
La legge affida una sola e specifica competenza alla Presidenza del Consiglio dei ministri: superare lo stallo esercitando il potere sostitutivo perché il procedimento possa proseguire.
La decisione adottata ieri dal Consiglio dei ministri avrebbe richiesto che si modificasse prima la normativa esistente con LEGGE (o con decreto-legge), giacché il Consiglio dei ministri non può attribuire a se stesso un potere che non ha.
La soluzione individuata potrà forse anche essere utile a fini elettorali (visto che la Basilicata tornerà presto al voto), ma non porrà al riparo lo Stato da un ricorso dinanzi al giudice amministrativo.
Si accettano scommesse”.
Pertanto, non essendo competenza del Consiglio dei Ministri, bensì del Ministero, in base a quanto detto dal professore costituzionalista, se la Rockhopper ricorresse al Tar, vincerebbe il ricorso a mani basse.
È così che commenta la situazione il Coordinamento Nazionale No Triv:
“Il 21 Dicembre 2018 il Consiglio dei Ministri ha deliberato di costituirsi innanzi alla Corte Costituzionale nel conflitto di attribuzione tra Stato e Regione, promosso dalla Regione Basilicata avverso la sentenza del Consiglio di Stato, Sezione IV, n. 5471/2018.
Stato da una parte, dunque, e Regione dall’altra, per decidere il futuro dell’istanza del permesso di ricerca (rappresentante unico Rockhopper) noto come ‘Masseria La Rocca’, 13,5 kmq, in provincia di Potenza.
La Regione Basilicata nel 2016 aveva negato il rilascio dell’Intesa, scatenando la reazione della società petrolifera che nel Maggio del 2018 otteneva dal Tar Basilicata l’annullamento della delibera di Giunta con cui la Regione aveva negato l’Intesa.
La Regione era ricorsa al Consiglio di Stato contro l’esercizio dei poteri sostitutivi da parte del Governo, uscendone sconfitta a seguito della Sentenza n.5471/2018.
A seguire, su richiesta congiunta del Comitato No Triv Brindisi Montagna, del Sindaco di Brindisi Montagna, del Coordinamento No Triv Basilicata, Regione e Comune di Brindisi Montagna avevano sollevato un conflitto di attribuzione dinnanzi alla Corte Costituzionale, per far valere le prerogative decisorie a difesa dei diritti di partecipazione, di tutela del territorio e della salute, della democrazia.
Cosa fa il Governo a questo punto? Lo scorso 21 Dicembre delibera di costituirsi ‘in giudizio’ contro la Regione e, di fatto, contro il Comitato No Triv Brindisi Montagna, contro il sindaco di Brindisi Montagna, contro il Coordinamento No Triv Basilicata, così creando le condizioni per uno sbocco della vicenda favorevole alla Rockhopper Exploration & soci.
A rileggere le dichiarazioni del Ministro Di Maio del 12 Dicembre, siamo di fronte ad un macroscopico e spudorato voltafaccia.
Così Di Maio all’Ansa il 12 Dicembre: ‘Per gli amici della Basilicata: abbiamo respinto l’autorizzazione per l’impianto di Masseria La Rocca’.
Voltafaccia a 5 Stelle, che si somma purtroppo alla ormai lunga catena dei pesanti provvedimenti che hanno dato le spalle ai tantissimi cittadini che avevano riposto la propria fiducia in una prospettiva di reale inversione politica riguardante grandi opere inutili e dannose e a favore del superamento del fossile e dell’estrattivismo nel nostro paese.
Si tratta di provvedimenti dei grandi gruppi multinazionali, quali Arcelor Mittal (ex Ilva) a Taranto, la TAP, di recente il TAV Terzo Valico, mentre prosegue l’ambigua e pericolosa altalena politica della ‘valutazione costi benefici’.
Altrettanto grave, da parte di entrambi gli azionisti del Governo giallo-verde, l’aver rinnegato di fatto le ragioni del No alla revisione costituzionale tanto bramata da Renzi.
Nel corso della campagna referendaria del 2016 sia Di Maio che Salvini si schierarono apertamente a difesa delle prerogative delle Regioni e contro il Centralismo in materia di governo del territorio ed energia, invitando a votare per il No.
Di fronte ad un fatto così grave, soprattutto per quanti vanno ancora dicendo strumentalmente di essere No Triv, di essere stati perfino tra i promotori del Referendum No Triv e della campagna contro la deforma costituzionale di Renzi, la richiesta a salvaguardia di un minimo di decenza è una soltanto: DIMISSIONI SUBITO!
Il caloroso invito riguarda in particolare i rappresentanti del Movimento Cinque Stelle presenti a tutti i livelli istituzionali, nessuno escluso”.