A legislazione vigente, afferma la Cgia (Associazione Artigiani e Piccole Imprese), nei prossimi 5 anni quasi il 12% degli italiani lascerà il posto di lavoro per sopraggiunti limiti di età.
Dei 2,7 milioni di addetti totali che nei prossimi anni scivoleranno verso la quiescenza, la metà, poco meno di 1,4 milioni, interesserà i dipendenti privati e oltre 670mila ciascuno il pubblico impiego e il mondo del lavoro autonomo.
Il pubblico impiego è il settore in cui l’incidenza della domanda sostitutiva sul totale del fabbisogno occupazionale è più elevata (91,6% del totale).
Le filiere produttive più interessate dall’esodo degli occupati verso la pensione, in termini assoluti, sono:
- la salute (331.500 addetti),
- le attività immobiliari, di noleggio, di servizi pubblici e privati (esclusi sanità, assistenza sociale e l’istruzione) con 419.800 addetti,
- il commercio e il turismo (484.500).
Come sottolinea ilGiornale si tratta di “una valutazione coincidente con quella dell’Ufficio studi di Confcommercio che, sempre basandosi sui dati Unioncamenre Anpa, aveva ipotizzato che nel 2023 ci sarà bisogno di 560mila lavoratori in più rispetto al 2022 e di questi il 40% (220-230mila unità) si stima siano introvabili per mancanza di competenze.
Se nel 2023 si osservasse una crescita delle presenze turistiche a oltre 500 milioni, solo nelle imprese di alloggio e ristorazione servirebbero 280mila nuovi lavoratori in più.
Nei prossimi 5 anni, osserva la Cgia, i settori più impattati dai pensionamenti saranno la moda (91,9% del fabbisogno totale), l’agroalimentare (93,4%) e il legno-arredo (93,5%), cioè il cuore del «made in Italy».
A livello regionale, questa dinamica interesserà, in particolare, l’Abruzzo (82,5%), la Liguria (85,5%) e la Basilicata (88,3%).
Il Def 2023 aveva analizzato queste tendenze demografiche rimarcando che con un aumento della speranza di vita e una diminuzione del tasso di fertilità del 20% (già ai minimi con i 393mila nuovi nati del 2022) il debito/Pil si appresta a toccare vette del 180% di qui la necessità di almeno 233mila immigrati all’anno e di una crescita media annua della produttività dello 0,8% per tenere il sentiero del debito sotto controllo.
Al di là della eventuale mancanza di qualificazione della manodopera immigrata che arriva in Italia (il 47% della popolazione straniera residente ha solo la licenza media), il vero problema è che in assenza di un equilibrio demografico l’unica soluzione per ridurre il debito sarebbero maximanovre restrittive da 50 miliardi all’anno”.