Nei campi italiani mancano oggi 100mila lavoratori per assicurare le attività di raccolta.
Ad annunciarlo è stata Coldiretti.
Secondo l’analisi dell’organizzazione degli imprenditori agricoli riportata da tg24.sky, nelle 185.000 aziende agricole che assumono manodopera sono impiegati circa un milione i lavoratori, per un totale di oltre 120 milioni di giornate lavorative l’anno.
Oltre un terzo della forza lavoro nei campi proviene da Paesi esteri, con lavoratori di origine rumena, indiana, marocchina, albanese e senegalese tra i più numerosi.
“È ora essenziale completare il percorso avviato negli ultimi mesi per far incontrare realmente domanda e offerta, abbattendo la burocrazia, togliendo spazio al caporalato e rispondendo alle effettive esigenze delle imprese agricole e di sicurezza degli addetti”, riferisce il sindacato.
Come recita la nota di Coldiretti, “il problema principale è che l’attuale sistema non prende in considerazione il carattere stagionale dell’attività agricola.
Accade spesso che, a causa di problemi burocratici e nei visti, un lavoratore arrivi a stagione di raccolta finita, quando ormai non serve più. Ma è anche assurdo imporre alle aziende di prendere a febbraio un lavoratore che magari servirà in autunno inoltrato.
Senza dimenticare il fatto che gli effetti dei cambiamenti climatici stanno rendendo sempre più complicata la programmazione a lungo termine delle attività nelle campagne”.
L’organizzazione ha quindi avanzato la richiesta di “adottare una gestione diretta e monitorata dei flussi migratori, che sarebbe oggi possibile proprio grazie al lavoro di concertazione fatto nei mesi scorsi con le modifiche al Decreto flussi”.
Il prossimo passo, per Coldiretti, è quello di “potenziare l’attività di formazione, a partire da quella effettuata nei Paesi di origine, per consentire alle imprese di avere addetti già formati e ai lavoratori di essere pienamente consapevoli circa il corretto uso dei mezzi di produzione, anche dal punto di vista della sicurezza”.
Ma, secondo Coldiretti è necessario anche “risolvere il problema di quei lavoratori che sono venuti in Italia per essere impiegati nei campi e che poi sono rimasti nel nostro Paese per poter essere assunti l’anno successivo, finendo però in questo modo in una condizione di irregolarità. Con il paradosso che le aziende che vorrebbero e potrebbero utilizzarli non possono farlo.
In questo modo si finisce per alimentare fenomeni malavitosi, a partire dal caporalato, con pericoli per i lavoratori e concorrenza sleale verso le imprese oneste”.