In un comunicato ufficiale il commento del segretario generale del Sindacato Polizia Penitenziaria, Aldo Di Giacomo, dopo l’aggressione nel carcere di Matera di quattro poliziotti penitenziari, condotti a seguito di tale episodio presso il Pronto Soccorso dell’Ospedale di Matera:
“Ci aspettiamo che ci sia solo il morto tra il personale penitenziario per scuotere la classe politica che rispetto ai quotidiani e vergognosi fatti che accadono in tutte le carceri italiane continua a nascondere la testa sotto la sabbia.
‘Liberi tutti’: è ormai chiaro il disegno per far uscire dalle celle almeno 20 mila detenuti, molto più grave della prescrizione per i condannati in primo grado.
Come è altrettanto chiaro il destino del personale di polizia penitenziaria: ‘carne da macello’ per aggressioni ed umiliazioni.
La linea l’ha dettata al Governo e al Parlamento il Garante dei detenuti, Mauro Palma, secondo cui il sovraffollamento degli istituti di pena si risolverebbe solo con le cosiddette misure alternative alla carcerazione, sino ad abolire o comunque rendere ‘più comodo’ il 41 bis.
Non capiamo la giustificazione del Garante: poiché in Italia ci sono 102 detenuti ogni 100.000 abitanti, una percentuale molto superiore alla Germania, dove ci sono 78 detenuti ogni 100.000 abitanti, bisogna ridurre il numero delle presenze in carcere.
E’ come dire che siccome ci sono troppi incidenti stradali su alcune strade statali bisogna chiuderle al traffico.
Altra grande contraddizione che non accettiamo è l’accostamento tra celle con detenuti oltre la capienza prevista ed aggressioni al personale penitenziario.
E’ lo stesso Garante a dare i numeri: nel 2019 sono state 800; nei primi 17 giorni del nuovo anno sono state registrate già 41 aggressioni.
Numero che va aggiornato di giorno in giorno sino ad una cinquantina che proietta il 2020 verso il numero più alto di aggressioni.
Bisogna smetterla con il giustificazionismo delle aggressioni dei detenuti che è l’altra faccia della medaglia del ‘buonismo’, la teoria di base del nostro sistema carcerario che punta a redimere chiunque, anche chi ammazza un poliziotto.
La tutela della polizia penitenziaria e di tutte le forze dell’ordine diventa perciò il primo obiettivo del tour che ho cominciato, da qualche giorno, tra gli istituti penitenziari delle principali città e dello sciopero della fame giunto al dodicesimo giorno per accendere l’attenzione di Parlamento e politica sull’emergenza del sistema carcerario e sulla sicurezza dei cittadini e che nella nuova settimana si sposterà davanti al Parlamento.
Sto pagando in prima persona l’esposizione contro la criminalità: dopo il pacco bomba fatto recapitare nella mia abitazione, lettere e mail dai toni chiaramente di intimidazione ed altro, ho ricevuto sempre a casa sua una lettera contenente due proiettili di arma da fuoco e un messaggio di minacce dirette a me e alla mia famiglia. Ma non mi lascio intimorire come dimostrano le prime azioni di protesta a cui faranno seguito altre più clamorose sino al sit-in davanti al Parlamento organizzato nella prossima settimana.
Ad incoraggiarmi sono già oltre 8 mila i messaggi di solidarietà e sostegno arrivati nel giro di pochi giorni.
Se lo Stato ha ammainato bandiera bianca e delegato il controllo degli istituti penitenziari ai capi clan, noi non ci rassegniamo affatto, siamo e saremo a tutela della legalità, dell’autentica giustizia, della sicurezza dei cittadini”.