A seguito di indagini dirette dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Potenza e condotte da personale della DIGOS di Matera, in data odierna è stata data esecuzione ad un’ordinanza applicativa disposte dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Potenza nei confronti di 11 indagati, precisamente:
- 5 misure custodiali cautelari in carcere;
- 1 misura custodiale degli arresti domiciliari;
- 3 misure cautelari di obbligo di presentazione alla P.G.;
- 2 misure cautelari di divieto di esercizio delle attività imprenditoriali e di uffici direttivi di persone giuridiche ed imprese.
In particolare, nelle prime ore della giornata odierna, sono state eseguite le seguenti misure cautelari nei confronti di 6 uomini originari di Potenza, Nova Siri, Pakistan e Taranto
Non è stato possibile dare esecuzione a 4 misure di custodia cautelare in carcere ed una misura dell’obbligo di presentazione alia P.G., a carico di cittadini Pakistani al momento irreperibili, due dei quali promotori ed organizzatori dei due sodalizi oggetto d’indagine.
L’ordinanza cautelare rappresenta l’epilogo di una complessa attività d’indagine originata dalla ricorrente attività di analisi e monitoraggio compiuta dalla D.I.G.O.S. della Questura di Matera, relativa ai flussi migratori in entrata nell’ambito provinciale di Matera (2012 e 2013), con particolare riferimento alla componente extracomunitaria proveniente dall’area centrale asiatica, a far data dai primi mesi dell’anno 2012, veniva rilevato un quadro fenomenologico ritenuto meritevole di attenzione info-investigativa.
Si tratta di lavoratori stagionali la maggior parte provenienti da diverse città della provincia Pakistana del Punjab a prevalente vocazione religiosa islamica che, dopo “regolare” assunzione (flussi migratori dell’anno 2012) alle dipendenze di aziende che svolgono attività a carattere stagionale, essenzialmente legate all’agricoltura nella fascia jonico-metapontina, non si erano presentati in Questura a Matera per formalizzare il rilascio del Permesso di Soggiorno.
L’ingresso per motivi di lavoro nel territorio italiano e regolato con il sistema della quote annuali e la concessione del permesso di soggiorno e subordinato alla firma del contratto di soggiorno per lavoro tra lo straniero e il suo datore di lavoro.
Il contratto e stipulato presso lo sportello unico per l’immigrazione territorialmente competente (Prefettura), nel quale e concentrata la gran parte delle competenze nella procedura dell’accesso al lavoro degli immigrati.
La sottoscrizione del contratto di soggiorno costituisce requisito essenziale per il rilascio del permesso di soggiorno per motivi di lavoro.
Numerosissimi cittadini extracomunitari di nazionalità pakistana, entrati nel territorio nazionale, entro il termine consentito, con regolare visto di ingresso per motivo di lavoro, rilasciato dall’ambasciata Italia in Pakistan, si presentavano presso lo Sportello Unico per l’immigrazione della Prefettura di Matera, li registravano il visto d’ingresso e, dopo aver firmato il contratto di soggiorno e ricevuto il kit postaIe, lo spedivano alla Questura – Ufficio Immigrazione per ottenere il rilascio del permesso di soggiorno relativo al “lavoro stagionale”.
Invece i lavoratori extracomunitari Pakistani oggetto di attenzione investigativa non si presentavano in Questura, nei termini di scadenza della validità del visto, al fine di completare l’iter giuridico finalizzato al rilascio del Permesso di Soggiorno.
Evitando così la presentazione, si eludono i controlli identificativi, effettuati anche attraverso la comparazione tra il passaporto ed i rilievi.
Il permesso di soggiorno così ottenuto avrebbe avuto necessariamente per legge una limitata durata che non poteva superare il periodo di validità del visto di ingresso (durata massima 9 mesi); quindi alla scadenza del contratto di lavoro gli stessi sarebbero stati costretti a ritornare in Pakistan.
Non facendosi fotosegnalare e quindi identificare, avrebbero potuto all’atto di un’eventuale successiva emanazione di legge in “sanatoria”, da parte del Governo italiano e sempre grazie alla compiacenza dei loro reclutatori, soggiornare in Italia o in Europa illegalmente ed avere la possibilità di trovare altri datori di lavoro favorevoli dietro compenso economico, ad avanzare infondate richieste di sanatoria dichiarando così di aver falsamente avuto alle dipendenze lavoratori extracomunitari a nero e privi del permesso di soggiorno.
Contratti di lavoro stagionali e quindi richieste di ingresso in Italia che venivano avanzate dai datori di lavoro italiani, sulla base di falsi presupposti lavorativi.
A conclusione di una lunga, complessa ed articolata attività investigativa, sono state deferite in stato di libertà alla competente A.G., n. 119 persone, ritenute responsabili a vario titolo, in violazione del Testo Unico dell’Immigrazione ex D.lgs 286/1998 e s.m.i., dei reati di favoreggiamento dell’ingresso e della permanenza illegale in Italia di cittadini extracomunitari di nazionalità pakistana che non avevano titolo di residenza permanente in Italia.
Tra i complessivi n. 129 capi d’imputazione contestati, sono stati anche accertati, reati in materia di falsità ideologica, anche con induzione in errore dei PP.UU. preposti alla trattazione delle pratiche di lavoro-soggiorno, operanti presso il S.U.I. (Sportello Unico Immigrazione – Prefettura) e presso gli Uffici Immigrazione di diverse regioni del sud Italia.
In particolare e stata accertata l’esistenza di due distinte associazioni a delinquere, operanti a tutt’oggi in Italia, con ramificazioni strutturali in Pakistan e aventi sedi operative in Nova Siri (MT), con a capo cittadini extracomunitari di nazionalità pakistana, regolarmente soggiornanti sui territorio dello Stato, e a cui hanno anche aderito datori di lavoro (imprenditori agricoli) italiani, residenti in quest’ambito provinciale.
A capo dei due sodalizi criminali con strutture piramidali ci sono due soggetti. Relativamente al primo, per come emerge dalle intercettazioni telefoniche, si tratterebbe di soggetto appartenente ad una potente famiglia pakistana denominata “RAJE” (principi) che gestisce in tutto il mondo il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina anche attraverso l’utilizzo e la predisposizione di falsi documenti validi per l’espatrio.
Relativamente al secondo è stato accertato che il 25 Maggio 2013, trovandosi in Italia, dopo aver appreso telefonicamente da una sua parente che era in corso un conflitto a fuoco, in Pakistan tra il suo “clan” e quello di un’altra famiglia di CHAWE VALLE, dava indicazioni su come affrontare il conflitto e sulle armi e munizioni da utilizzare, incitando i partecipanti ad avere fermezza e coraggio nella circostanza.
Durante le numerose telefonate ricevute ed effettuate veniva udite e registrate diverse raffiche e colpi di arma da fuoco.
Emergeva in tal senso il ruolo sociale, preminente e di rilievo che 10 stesso ha in Pakistan nella regione del Punjabi nel distretto di Sargodha.
Affermava in tal senso di avere alte probabilità di diventare Governatore della regione del Punjabi.
Significativa appare la circostanza che entrambi decidevano di costituire la sede operativa delle rispettive associazioni a delinquere a Nova Siri (MT), in ragione della posizione geografica del paese, al limite della provincia di Cosenza, al fine di evitare controlli e susdtare 11nteressedegli organi di Polizia, desumibili dalla rilevante presenza in loco di cittadini extracomunitari di nazionalità pakistana.
Infatti al fine di suscitare dubbi gli stessi venivano regolarmente assunti da imprenditori agricoli della zona, una senza mai lavorare nelle campagne, anche al fine di percepire indebitamente assegni di sostegno dall’INPS (indennità di disoccupazione).
Tuttavia entrambi avevano disponibilità di danaro e di alloggi in Nova Siri (MT) in cui ospitare loro connazionali che a loro si erano rivolti per ottenere i titoli legittimanti il loro ingresso in area Shengen.
E’ stato altresì accertato che gli stessi nell’arco solare di un anna hanno affrontato diversi viaggi da e per iI Pakistan e per alcune nazioni europee, sostenendo considerevoli spese economiche al fine di raggiungere diretti accordi con i loro connazionali disposti ad ottenere un titolo legittimante iI soggiorno in Italia.
Gli accordi tra coloro che avevano intenzione di arrivare in Italia 0 entrare in area Shengen e gli appartenenti ai sodalizi criminali, avvenivano in Pakistan.
Per entrare in Italia ed ottenere un visto di ingresso regolare, per lavoro stagionale una senza garanzie occupazionali e alloggiative, venivano corrisposti mediamente a persona dai 10.000 ai 12.000 euro.
Anche i cittadini extracomunitari che soggiornavano illegalmente in Italia, in Francia e Spagna si rivolgevano ai consociati per trovare datori di lavoro disposti ad avanzare mendaci richieste di “sanatoria” dietro compenso personale dai 5.000 ai 6.000 euro a persona.
E’ stato accertato inoltre che diversi cittadini extracomunitari di nazionalità pakistana domiciliati in Francia e Spagna dopo aver ottenuto il permesso di soggiorno in Italia ritornava nei paesi europei di provenienza per svolgere attività lavorativa.
Il motivo secondo quanto emerso dalle intercettazioni telefoniche e che in Italia le maglie della legislazione in materia di immigrazione e Meno rigida rispetto a quella degli altri paesi, da qui il nome convenzionale “RED ZONE” dato all’indagine.
E’ stato denunciato anche un Funzionario Amministrativo della Prefettura di Bari PP.UU. per aver avanzato una domanda di emersione, viziata da elementi di falsità nei confronti di un cittadino extracomunitario di nazionalità pakistana, con il coordinato apporto del capo di uno dei sodalizi criminali.