Di seguito il messaggio pronunciato questa mattina da Mons. Antonio Giuseppe Caiazzo, Arcivescovo della Diocesi di Matera-Irsina e Vescovo di Tricarico, durante l’incontro nella Cattedrale di Matera con le autorità civili e militari alla vigilia della festa di Maria SS.ma della Bruna, patrona della città dei Sassi:
“Secondo una tradizione consolidata ormai da tempo, la vigilia della festa della Bruna è riservata a voi tutte, autorità civili e militari della Regione, della Provincia di Matera e delle due Diocesi di Matera-Irsina e di Tricarico, a me affidate da Papa Francesco.
Vi saluto e ringrazio, incominciando da S. E. Il signor Prefetto, al Presidente della Provincia, al Signor Sindaco di Matera e a tutti i Sindaci presenti, a tutte le autorità militari e civili regionali e provinciali.
Voi rappresentate la popolazione lucana, fatta di persone piene di iniziativa e di creatività, gente laboriosa, dal cuore grande, generoso e accogliente, dal carattere forte e tenace che ben conosce il soffrire.
La nostra presenza questa mattina, in occasione della festa della Madonna della Bruna, incarna la fede di un popolo che ha riposto la sua speranza nel Dio di Gesù Cristo e la religiosità che, nella diversità di tradizioni anche culturali, rimane ancora genuina e vivace e si concretizza nel sentirci tutti corresponsabili del presente e del futuro del nostro territorio e dell’umanità intera.
La mia riflessione trova forza in questo mio osare a parlare, da quanto Dio dice a Giosuè dopo la morte di Mosè: “Sii forte e coraggioso”.
Non aver paura e non spaventarti, perché il Signore, tuo Dio, è con te, dovunque tu vada” (Gs 1,9).
A Giosuè Dio chiede di essere forte e coraggioso per portare a compimento quanto Mosè aveva iniziato: avere una terra per il suo popolo dove stabilizzarsi.
Ma non basta. Gli viene chiesto anche di meditare la Parola di Dio, giorno e notte.
Per i credenti il successo è riposto nel binomio che Dio indica: dall’ascolto e meditazione della Parola di Dio nasce l’azione concreta in favore del suo popolo. Solo così avrà successo, cioè prenderà la strada giusta, consapevole del proprio ruolo, davanti a Dio e davanti agli altri.
E’ una grande responsabilità. Compito di Giosuè è quello di vivere e far vivere il suo popolo in modo più dignitoso.
Certo che ognuno di noi è chiamato ad agire in sinergia per il bene della nostra gente e della nostra terra sulla quale trovare stabilità, valorizzando le risorse umane esistenti, è mia ferma convinzione rendermi fattivamente disponibile a contribuire alla promozione integrale del nostro amato territorio, segnato e benedetto dal passaggio e dalla presenza di molti testimoni di santità e di carità, anche nella vita politica e sociale, i quali hanno sostenuto e favorito lo sviluppo sia sociale che culturale dell’intera comunità.
Nel recente Congresso Eucaristico celebrato a Matera dal 22 al 25 settembre scorso, abbiamo vissuto un evento straordinario che rimarrà per sempre scolpito nella storia di Matera e dell’intera Basilicata, per organizzazione, contenuti, vissuti e accolti da migliaia di fedeli e centinaia di vescovi e sacerdoti arrivati nella nostra città e ritornati a casa entusiasti.
Questo è stato possibile anche per il vostro impegno e sostegno.
Nella messa conclusiva, Papa Francesco, nella sua omelia ha esordito con queste parole: “Ci raduna attorno alla sua mensa il Signore, facendosi pane per noi: «È il pane della festa sulla tavola dei figli, […] crea condivisione, rafforza i legami, ha gusto di comunione» (Inno XXVII Congresso Eucaristico Nazionale, Matera 2022). Eppure, il Vangelo che abbiamo appena ascoltato ci dice che non sempre sulla tavola del mondo il pane è condiviso: questo è vero; non sempre emana il profumo della comunione; non sempre è spezzato nella giustizia”.
Il tempo che stiamo vivendo è davvero difficile e complesso, duro, molto doloroso.
Ciò che sta prevalendo a livello globale è l’interesse personale o di parte a scapito di quello comune.
La nostra presenza qui stamattina vuole esprimere quell’attenzione atta a consolidare rapporti di reciproca stima e di collaborazione per il bene comune.
Lo facciamo mentre il nostro pensiero va in terra d’Ucraina, dove si consuma una guerra folle e cruenta, con centinaia di migliaia di morti su entrambi i fronti, dove l’innocenza ancora una volta viene violata nei corpi dei bambini trucidati o deportati in terra russa.
La morte, le lacrime e la disperazione sembrano prendere il sopravvento.
Ritorna il monito di S. Giovanni Paolo II che gridava: “con la guerra tutto e perduto”! Ma che trovano nelle Parole di Papa Francesco la sconfitta dell’umanità: “nella guerra, anche i vincitori ne escono sconfitti”.
Come credenti, noi che attraverso l’Eucaristia sperimentiamo che è fonte e culmine di tutta la vita della Chiesa perché incontriamo il Signore, sappiamo che ogni odio e ogni guerra trova terreno fertile nel cuore di ognuno di noi.
E se non muore nel cuore dell’uomo continuerà ad essere terribile esperienza fratricida, per un potere malato che a volte parla anche di Dio e in nome di Dio ma non parla da Dio.
Senza dialogo e mediazione, senza un incontro di idee e un desiderio di pace vera, i cuori non s’incontreranno e si alimenterà una semina distruttrice di bombe, di droni, di odio che, purtroppo, sarà trasmesso alle generazioni future.
Sono certo che occasioni come queste, capaci di muovere e commuovere i cuori, siano le vere armi che contribuiscono a costruire la pace, facendo crescere le radici nella giustizia sociale e negli equilibri fra poteri grandi e piccoli.
Questa sconsiderata e folle guerra sta procurando danni a livello mondiale, che si manifestano ora nella crisi energetica, ma in seguito investirà con danni irreparabili e irreversibili l’ambiente, la produzione alimentare e anche la salute mondiale.
Da poco sono iniziate le celebrazioni del centenario della nascita di Don Lorenzo Milani.
L’indimenticabile parroco della piccola comunità di S. Andrea di Barbiana, diceva: “Ho imparato che il problema degli altri è uguale al mio.
Sortirne insieme è la politica, sortirne da soli è l’avarizia”[1].
In questa logica non possiamo pensare che le centinaia, le migliaia di persone, miseramente affogate nel cimitero del Mediterraneo, non ci appartengano: figli della stessa madre terra, figli dello stesso e unico Dio. Che muoiano 600 persone nella stiva di un peschereccio è solo una semplice notizia come tante altre.
Dov’è il cuore grande dell’Europa civile e progressista?
Dove il senso cristiano dell’accoglienza?
Indubbiamente c’è bisogno di regole.
Intanto i diversi governi che si sono alternati durante gli ultimi decenni proclamano che bisogna aiutare i popoli in difficoltà nelle loro terre dove invece perdurano guerre, privazione della libertà, miseria, oppressione e malattie.
Per ripartire è necessaria una grande visione di un futuro da ricostruire e riconquistare insieme, e che la politica, come ci ricorda Papa Francesco, con la P maiuscola, adesso è chiamata a dare.
Negli anni ’40, Jean Paul Sartre ironizzava che l’esistenzialismo era diventato una moda tra «la gente avida di scandali e di novità»[2]. L’uomo «non è altro che ciò che si fa […], l’insieme dei suoi atti»[3], per cui Dio non esiste. L’uomo, di conseguenza, è radicalmente libero: sceglie e può diventare ciò che decide di essere.
Mi pare che la cultura moderna si stia muovendo esattamente su questi binari, frantumando l’armonia tra uomo e cosmo, tra terreno e divino.
Un esistenzialismo per cui il mondo, ormai orfano di Dio, è, secondo Nietzsche, «un eterno precipitare […] attraverso un infinito nulla».
La CRAL[4] (Consulta Regionale delle Aggregazioni Laicali), a margine del percorso sinodale attivato lo scorso anno, su tutto il territorio regionale ha promosso tavoli tematici per “sentire il polso” e provare a riattivare energie, che sembrano sopite, di quella società che pare vivere una condizione complessiva di disagio e rassegnazione.
Nel documento finale emerge che grande è la fragilità che si avverte nella nostra Regione, una fragilità che “si tocca” e “si respira” ovunque e si traduce, perfino visivamente, in spopolamento, emigrazione giovanile e denatalità.
Riporto un passaggio del documento che sintetizza quanto la nostra gente, da credente, desideri operare concretamente:
“Si avverte l’esigenza di un nuovo e forte patto sociale, di una nuova alleanza, inedita nei metodi e nei contenuti, fuori dagli schemi rigidi di appartenenza civile o politica, che sappia coinvolgere i tanti finora ai margini rendendoli protagonisti nella costruzione di quell’ atteso “sogno di cambiamento”: ora o mai più!
Occorre però superare logiche di competizione che usano il discredito come arma per prevalere ed avviare riflessioni dialettiche orientate a trovare convergenze per realizzare scelte buone e sane per le comunità.
Non tutti i confronti devono portare ad un vincitore ed un vinto, si può vincere tutti o, ahimè, essere tutti sconfitti!
Riteniamo, come cristiani, di dover dare un contributo a questo sogno di cambiamento con una partecipazione attiva alla vita pubblica e con una presenza più visibile nella costruzione del bene comune, conservando la mitezza come metodo, il dialogo come linea guida del nostro agire e lo studio come ragione di ogni nostra proposta progettuale”.
E’ emersa la necessità di una Basilicata che sia più capace di essere: solidale, inclusiva; una Basilicata capace di camminare con il passo degli ultimi e seminare fiducia.
Dopo la pandemia, la gravissima crisi economica ha procurato ulteriore povertà, dipendenze, solitudine, fragilità di vario tipo; partecipata: bisogna prendersi cura della democrazia.
I bisogni e i desideri dei nostri cittadini devono diventare occasione per creare nuove relazioni, nuovi modelli, nuove forme di gestione condivisa e partecipata per migliorare la qualità della vita e costruire nuove opportunità; giovane, operosa e attraente: i nostri giovani amano la Basilicata ma devono potersi fidare del proprio territorio.
Si avverte il bisogno di investire in un capitale di fiducia, di reciprocità, di corrispondenza tra i luoghi della vita pubblica e gli spazi creativi di chi può, realmente, costruire il futuro.
Si avverte l’urgenza di alimentare la creatività giovanile, costruendo insieme il futuro che desiderano per la nostra regione e non ciò che si decide per loro dall’alto; in salute: il tema della sanità è stato affrontato in ben 10 incontri pubblici con il contributo dell’ordine dei medici, chirurghi, odontoiatri delle due province, l’adesione di tutti gli ordini professionali sanitari della Basilicata, cittadini, operatori del settore, rappresentanti sindacali, istituzioni.
E’ emerso un processo di depotenziamento della sanità pubblica che presidia i territori più fragili del Mezzogiorno d’Italia, a deterioramento del diritto, costituzionalmente garantito, di accesso alle cure e all’assistenza pubblica secondo un principio di universalità e di gratuità.
Le aeree interne sono quelle più penalizzate; a misura di famiglia: siamo di fronte ad una inversione demografica con la tendenza allo spopolamento dei piccoli centri e all’emigrazione verso altre regioni.
Quali politiche a favore della famiglia?
Non basta avere una casa, servono un lavoro dignitoso, collegamenti efficienti tra i diversi centri, scuole presenti anche nei piccoli centri;
connessa, conversione ecologica: occorre una nuova consapevolezza ambientale quale cura del creato, una nuova cultura del lavoro basata sulla spiritualità del lavoro.
Cittadini pienamente consapevoli e adeguatamente informati, in dialogo con i principali portatori di interesse, saranno in grado di supportare la giusta transizione ecologica della regione, che deve essere eticamente orientata entro la dimensione del “sentirsi parte” del Creato, partendo da stili di vita sostenibili, volti al potenziamento dell’ARPAB, alle azioni di bonifica.
Si avverte il bisogno di un futuro dove il servizio, soprattutto in politica, si senta come urgenza di una svolta, di un nuovo inizio partendo da quanto di buono c’è già da condividere.
Nello stesso tempo vedere concretamente tutto ciò che possiamo costruire insieme.
La diversità politica è ricchezza se ognuno, oltre le schermaglie di appartenenza partitica, intende lavorare su progetti precisi assumendo responsabilità nel rispetto delle differenze, per amore della nostra gente e della nostra terra, uscendo dalla logica di eterna campagna elettorale.
State facendo tanto e vi ringrazio, ma, come dice una canzone di qualche anno fa: “Si può dare di più”. Vi incoraggio!
Non vi mancano le idee, le capacità, la voglia di operare per il bene di tutti.
Bisogna puntare su un confronto più rispettoso, responsabile, per creare unione e vincere le ostilità che non ci aiutano a sostenervi, e tracciare strade nuove da percorrere e dare concretezza ai cambiamenti.
Voi, carissimi Sindaci, che avete un ruolo importantissimo, non solo nella città di Matera, ma in tutti i centri, piccoli e grandi, soprattutto delle aeree interne, siete chiamati a garantire un futuro possibile.
Creare rete, valorizzare itinerari culturali, storici, religiosi, che rendano attrattivo il nostro territorio dal punto di vista turistico.
Penso anche a percorsi di formazione, di educazione al dialogo, alla integrazione culturale e religiosa, alla pace, con uno sguardo tutto particolare alla cura della casa comune, il Creato.
La ricchezza e il futuro della Basilicata non stanno solo nel petrolio che oggi dà sicuramente benefici a un limitato numero di residenti, ma nella salvaguardia di tutto il territorio lucano che si affaccia su due mari, è attraversato dalle montagne del Pollino e delle Dolomiti Lucane, e si distende nella Murgia materana guardando la pianura del metapontino.
Abbiamo valli attraversate da fiumi e torrenti, che altre regioni confinanti ci invidiano: la ricchezza dell’acqua vale più dell’oro nero che tanti danni procura all’ambiente e alla salute dei cittadini.
Alla luce di queste considerazioni penso che tutti desideriamo che i nostri giovani restino in Basilicata: dobbiamo lavorare per creare e salvare il lavoro.
Ogni forma di assistenzialismo è mortificante e contribuisce a fomentare una cultura del disimpegno e del disinteresse.
Anche questo è un modo per consentire che i diritti e la dignità dei lavoratori vengano calpestati.
Impegniamoci tutti a promuovere il buon lavoro soprattutto pensando ai nostri giovani, mettendo insieme le tante e diverse intelligenze e competenze.
Questo ci permetterà di guardare avanti fiduciosi, rivelando nella sua bellezza la nostra “Terra promessa di Basilicata”, guidata dai tanti nuovi Giosuè che siamo anche noi.
C’è bisogno di coraggio, di osare, di crederci. Dio ci sosterrà di sicuro perché vuole il bene nostro e della nostra terra.
Il vostro convenire qui stamattina, in questa Basilica Cattedrale e sotto lo sguardo materno della Madonna della Bruna, è segno che siete consapevoli e capaci di creare comunione, unione, per abbattere muri e steccati e attraverso un dialogo sincero e duraturo aprire nuove strade da percorrere.
Ognuno ha qualcosa da dare e da ricevere per contribuire a costruire una società lucana più solidale, più rispettosa, più inclusiva.
A Maria vi affido e vi benedico”.
[1] Da Lettera ad una professoressa.
[2] Jean-Paul Sartre, Il muro, traduzione di Elena Giolitti, Einaudi, Torino 2015.
[3] Jean Paul Sartre, L’esistenzialismo è un umanismo, a cura di M. Schoepflin, Armando Editore, 17 aprile 2008.
[4] CRAL, Segni di speranza. Costruttori di futuro. Documento di sintesi del percorso sinodale di ascolto e confronto sui temi sociali, economici e culturali della nostra Basilicata, giugno 2023.