Gli Agenti della Questura di Matera hanno concluso le indagini nei confronti di una donna materana di 38 anni.
La donna è accusata di calunnia per aver falsamente incolpato il suo ex compagno, 29enne materano, di averla aggredita e di aver tentato di ucciderla.
Nei confronti dell’uomo, che nei mesi scorsi, come atto dovuto, era stato indagato per tentato omicidio, è stata invece richiesta l’archiviazione.
E’ questa la conclusione di un’articolata attività di indagine svolta dalla Squadra Mobile di Matera, coordinata dal Procuratore della Repubblica dr. Pietro Argentino e dal Sostituto Procuratore dr.ssa Annunziata Cazzetta.
La donna aveva denunciato di essere stata vittima di un tentato omicidio da parte del proprio ex convivente.
Riferiva di essere stata aggredita dall’ex subito dopo essere rientrata in casa, in cui l’uomo si era introdotto di nascosto;
lui l’avrebbe colpita alle spalle, spinta di testa contro il muro strappandole dei capelli, e le avrebbe coperto il capo con una busta di plastica, col chiaro intento di soffocarla;
avrebbe poi stretto la busta intorno alla gola, stringendola con un laccio.
La donna sarebbe caduta a terra e, poco prima di perdere i sensi, sarebbe stata colpita con calci e pugni dal proprio aggressore.
Sarebbe rimasta quindi in quella condizione per circa tre ore, fino a quando il proprio padre, insospettitosi per la sua assenza, non la trovava riversa a terra esanime e la salvava, poco prima che sul posto giungesse personale del 118.
La dettagliata denuncia della donna, unita ad altre denunce per presunti altri episodi meno gravi di violenza che sarebbero stati commessi ai suoi danni dal suo ex convivente, obbligavano gli investigatori a denunciare l’uomo per tentato omicidio, violenza privata, minacce e lesioni.
Lo stesso però si dichiarava completamente estraneo alla vicenda, e forniva una precisa ricostruzione dei suoi spostamenti nella serata del presunto tentato omicidio.
Gli investigatori della Squadra Mobile ascoltavano diversi testimoni e visionavano le immagini di numerose telecamere: l’alibi fornito dall’uomo era riscontrato dai fatti, e pertanto si capiva che lo stesso era assolutamente estraneo alla vicenda.
Ma vi era di più: la visione dell’impianto di videosorveglianza consentiva agli investigatori di capire che nel lasso di tempo in cui sarebbe avvenuta la presunta aggressione, nessuno era entrato o uscito dal condominio della donna.
Anche l’analisi dei tabulati del traffico telefonico e del contenuto degli smartphone dei due ex conviventi induceva a ritenere che la versione della donna non fosse veritiera: quanto dichiarato dalla stessa nell’immediatezza non trovava alcun riscontro nei dati oggettivi estrapolati dai dispositivi cellulari.
Inoltre, assolutamente inverosimile appariva la circostanza che, dopo essere rimasta con il capo chiuso in un sacco di plastica per tre ore, senza poter respirare, la donna fosse stata trovata ancora in vita e anche le lesioni che lei mostrava agli operatori sanitari, intervenuti sul posto, erano del tutto incompatibili con la versione dei fatti da lei fornita.
Gli accertamenti della Polizia Scientifica contribuivano a delineare precisamente i contorni della vicenda.
Sulla scena del crimine erano stati ritrovati dei capelli, che la donna aveva riferito esserle stati strappati durante l’aggressione dal suo ex compagno.
Gli accertamenti di laboratorio, effettuati sui capelli, escludevano che gli stessi potessero essere stati strappati dal cuoio capelluto, ed invece chiarivano che su di essi vi fosse un taglio netto, praticato verosimilmente con un paio di forbici.
Anche la maglia indossata dalla presunta vittima al momento dei fatti, che la stessa affermava esserle stata strappata dall’uomo durante la colluttazione, presentava in realtà dei fori che le analisi merceologiche evidenziavano essere stati realizzati ad arte con uno spillone.
Era ormai chiaro che la donna avesse posto in essere una vera e propria messinscena per incolpare il suo ex di aver tentato di ucciderla.
Il movente di questo assurdo gesto andrebbe ricercato nei rancori che la donna nutriva nei confronti del proprio ex compagno, dovuti alla burrascosa conclusione della loro relazione, che aveva comportato dissidi anche per motivi economici.
La donna, che viene accusata di calunnia per aver falsamente incolpato il suo ex convivente pur sapendolo innocente, ha presentato richiesta di patteggiamento.
Solo grazie alle accurate indagini è stato evitato che un innocente potesse venire condannato ad anni di reclusione per tentato omicidio.
La Polizia di Stato è sempre impegnata nell’attività di contrasto al fenomeno della cosiddetta violenza di genere, a tutela delle fasce deboli.
Allo stesso tempo però, l’attività di indagine è sempre accurata ed esclusivamente finalizzata all’accertamento della verità.