La speranza dell’Iran sono le donne. Sempre di più. E sono loro a fare la rivoluzione contro il regime della repubblica islamica.
Kiana Tajammol, attrice e regista, da anni in Italia, gira per le scuole e invita i giovani a non essere indifferenti rispetto ai drammi che in tante aree del mondo, compreso l’Iran, si consumano in danno delle libertà dei popoli.
Tajammol, a Matera, ha incontrato studentesse e studenti dell’Istituto tecnico commerciale e geometri (Itcg) Loperfido-Olivetti nell’aula magna della scuola:
“Sono contenta di questo confronto con voi perché contribuisco a sensibilizzare l’opinione pubblica e soprattutto voi giovani sulla repressione e la negazione dei diritti ad opera del regime del mio Paese, in particolare nei confronti delle donne”.
Kiana, accompagnata dalla giornalista Antonella Cervo, che condivide e sostiene la battaglia dell’attrice iraniana, si commuove guardando una ragazza che sta nelle prime file dell’aula magna.
Somiglia tanto a una delle ragazze iraniane uccise dal regime di cui ha fatto vedere il volto nelle immagini che proietta sullo schermo.
Kiana ha detto:
“Non potete disinteressarvi su ciò che accade in Italia così come nel mondo.
Avete delle responsabilità, dovete rendervi conto della realtà in cui vivete e far sentire la vostra voce, in tutte le forme possibili.
Pensate alla fortuna di poter liberamente esprimere la vostra opinione.
Nel mio Paese non è possibile manifestare e si rischia anche la vita quando si protesta in piazza, nelle scuole o in altri luoghi.
Dovete preoccuparvi di quanto è accaduto, di recente, all’Università a Roma con l’intervento delle forze dell’ordine contro gli studenti.
Dovete capire ciò che avviene in Stati come il mio dove un sistema autoritario penalizza e fa soffrire i cittadini”.
Ciò che dice Kiana, atea, come del resto tutta la sua famiglia, è nel solco dell’invito che Papa Francesco rivolge da qualche giorno ai giovani per spronarli a farsi protagonisti e a non ignorare le questioni sociali e politiche vicine e lontane.
Si può essere sulla stessa linea, del resto, anche quando non è un credo religioso ad accomunarci.
Kiana, conosciuta soprattutto per il ruolo nel film “A Dragon Arrives!” dell’iraniano Mani Haghighi, svolge un’importante opera di testimonianza delle atrocità commesse nella repubblica islamica dell’Iran ed è ammirevole ambasciatrice dei diritti della sua gente.
“Diritti fondamentali che sono negati – dice ai giovani della scuola diretta dalla prof.ssa Antonella Salerno, presente all’incontro insieme alla prof.ssa Antonella D’Uggento e al prof. Emilio Salierno nell’ambito dei percorsi di Educazione civica – e tutto questo in un quadro di persecuzione degli oppositori messo in atto scientificamente.
Noi vogliamo essere liberi e democratici, condurre una vita normale come la vostra, studiare senza imposizioni e preconcetti, fare le nostre scelte in tutti i campi, guardarci senza che ci sia un velo che nasconde il nostro volto”.
Kiana ripercorre alcune tappe della storia dell’Iran, le vicende di alcune attiviste per i diritti delle donne che già nel 1800 si sono battute per la democrazia.
Cita Bibi Astarabadi, pioniera dell’attivismo femminile in Iran, poi Tahirih Qurrat al-‘Ayn, che prima di morire disse: “Potete uccidermi quando volete, ma non potete fermare l’emancipazione delle donne”.
Lo Scià, negli anni Trenta, vietò il velo islamico e incoraggiò la partecipazione delle donne alla società come metodo di modernizzazione.
Anni dopo ci fu la “Rivoluzione Bianca” che segnò un cambiamento per le donne iraniane.
Tutto mutò con la rivoluzione khomeinista, alla fine degli anni Settanta, che trasformò la monarchia in una repubblica islamica sciita e fu l’inizio di tanti sconvolgimenti e problemi.
E siamo ad oggi, alle uccisioni della “polizia morale” di Teheran, alla morte di Mahsa Amini, 22 anni, alle contestazioni delle donne e ai disordini in varie città dell’Iran.
Si chiede un cambio di regime, si chiede la libertà.
Ma cosa prevede Kiana?
Qual è lo scenario prossimo dell’Iran?
L’attrice e regista ha risposto così alle domande incalzanti dei giovani dell’Itcg Loperfido-Olivetti:
“Difficile dire se i disordini popolari potranno portare ad un cambiamento significativo.
Come in altre fasi della nostra storia quando si sperava in una virata reale verso la democrazia, gli interrogativi sono tanti.
Il dubbio è che il nuovo che potrebbe accadere non possa essere davvero un vero cambiamento per noi.
Ma speranza e lotta non possono esaurirsi”.