Riceviamo e pubblichiamo il testo dell’omelia che Mons. Antonio Giuseppe Caiazzo, neoeletto Vescovo della Diocesi di Cesena-Sarsina, ha pronunciato questa sera nella Cattedrale di Matera durante la Messa di ringraziamento per il servizio pastorale svolto nella Diocesi di Matera-Irsina.
Eletto alla Sede Arcivescovile di Matera-Irsina il 12 febbraio 2016, Mons. Caiazzo fu ordinato vescovo il 2 aprile dello stesso anno ed iniziò il suo ministero episcopale il 16 aprile 2016.
Il 7 gennaio 2025 Papa Francesco lo ha nominato Vescovo della Diocesi di Cesena – Sarsina dove inizierà il suo ministero pastorale il prossimo 16 marzo:
“Carissimi fratelli e sorelle della nostra amata Chiesa di Matera-Irsina, questa sera ci riuniamo per riflettere insieme, alla luce della Parola che abbiamo ascoltato, sul percorso che abbiamo vissuto insieme negli ultimi nove anni.
Un periodo ricco di bellezze, come solo il tempo di Dio può essere, che ci ha rivelato e continua a rivelarci la meraviglia della sua creazione, nonostante i nostri sforzi per deturparla e impoverirla.
Un pensiero particolare in questo momento di apprensione lo rivolgiamo a Dio per la salute di Papa Francesco.
Abbiamo pregato e continuiamo a pregare affinché il S. Padre torni presto nel suo servizio petrino, ma nello stesso tempo ci disponiamo a fare la volontà di Dio. Lo affidiamo alla Mamma celeste.
Grazie a S. E. Mons. Davide Carbonaro che, in qualità di Presidente della CEB, mi onora della sua presenza stasera e all’ingresso del 16 marzo a Cesena. Grazie di cuore.
L’immensità e la vastità dell’universo in cui siamo immersi rappresentano la nostra casa, un luogo da scoprire nella sua ricchezza e varietà di vita. Come ci ricorda la prima lettura, dobbiamo imparare a non lasciarci sopraffare da ciò che è terreno, che logora l’anima e inaridisce lo spirito.
Solo così potremo raccogliere frutti maturi, frutto di un’ardua ma amorevole coltivazione, poiché “da spini non si colgono fichi, né da rovi si vendemmia l’uva” (Lc 6,44).
Diceva il grande scienziato, Servo di Dio, Enrico Medi: «Ogni fiore, ogni sussurro di brezza, l’azzurro del vostro mare, la bellezza delle nostre Alpi, il canto del bimbo che si leva sul mattino, il ridente volto di una bellezza che fa festa al cuore, ovunque è una nota della sinfonia che il Padre fa risuonare per noi da un capo all’altro della terra e dei cieli».
Queste parole ci parlano, essendo noi creature di terra, destinati a ritornare alla terra, ma portando in noi il soffio vitale di Dio, che ci promette l’eternità, come Lui è Eterno.
È fondamentale ricordare che siamo stati creati “a immagine e somiglianza di Dio” (Gen 1,26).
Come viandanti che respirano la speranza di Cristo, abbiamo attraversato insieme questo periodo, riconoscendo l’agire divino in noi, che ci ha mostrato la grandezza delle sue opere.
Non dobbiamo temere Dio, ma collaborare con Lui, rispettando la legge naturale e divina.
È essenziale avere consapevolezza della realtà divina che ci sovrasta. Solo così possiamo allontanarci da un atteggiamento ottuso che spesso ci chiude, rendendoci incapaci di dialogare e comprendere.
Siamo chiamati a fermarci, riflettere e analizzare con intelligenza la grandezza della creazione divina, godendo delle sue meraviglie.
Come diceva il libro del Siracide, i nostri occhi possono vedere la sua gloria e le orecchie udire la sua voce maestosa (Sir 13).
Vi ringrazio, carissimi fratelli e sorelle di Matera-Irsina, perché in questo tempo Dio è passato tra di voi; ci ha parlato e, attraverso di voi, ha arricchito la mia vita.
Così come spero abbia fatto per voi attraverso di me. Insieme abbiamo condiviso momenti di gioia e di tristezza, mettendo a disposizione della Parola di Dio la nostra vita, come terreno pronto ad accogliere il seme, custodirlo e farlo germogliare.
Non sempre siamo stati all’altezza del compito affidatoci.
Personalmente, non sono sempre riuscito a darvi quanto il Signore mi chiedeva come pastore.
Sappiate che ho sempre cercato di rispondere positivamente alla voce di Dio, desiderando essere un servo per tutti.
Se in qualche modo ho mancato, vi chiedo perdono, così come chiedo perdono a Dio. Continuate a sostenermi con la vostra preghiera mentre intraprenderò un nuovo cammino nelle Regioni della nostra bella Italia, fermandomi in Romagna.
Tutti siamo invitati a rimanere saldi e guardando avanti con fiducia e speranza. Dio provvede sempre e provvederà anche ora, inviandovi un nuovo pastore che vi amerà e che voi amerete.
Carissime autorità civili e militari, alla luce di quanto detto, tutte le norme della legge ebraica (365 leggi negative e 248 positive) si sintetizzano in due, come ci insegna Gesù: “Ama Dio e ama il prossimo” (Mt 22,34-40). San Paolo, rivolgendosi ai Corinti, sottolinea il legame tra legge, peccato e morte. Di fronte alla legge divina, la disobbedienza dell’uomo porta alla morte interiore e spirituale. Tuttavia, noi, come tralci uniti alla vite che è Cristo, morto e risorto, riceviamo la vittoria sulla morte.
Il salmista ci invita a ricordare, nel ritmo quotidiano della vita, che il senso del dovere e la fedeltà al compito ricevuto significano riconoscere chi è Dio e cosa ha fatto e sta facendo per noi. In un dialogo intimo e personale, il salmista ci ricorda le meraviglie che Dio ha compiuto nelle nostre vite: perdono, guarigione, salvezza, prosperità, giustizia e difesa degli oppressi.
Tutti noi, nel rispetto del compito altrui, siamo chiamati ad agire solo per amore, scoprendo che l’amore di Dio è eterno e che il bene, anche attraverso il vostro impegno quotidiano, deve prevalere su ogni forma di male.
Vi ringrazio, carissime autorità. La vostra collaborazione e amicizia, anche attraverso i vostri predecessori, hanno sostenuto il nostro territorio nella ricerca del bene comune, che talvolta è minacciato da egoismi e individualismi. Ho sempre percepito la vostra presenza e attenzione.
Insieme abbiamo organizzato momenti indimenticabili, come Materna 2019 Capitale Europea della Cultura, la Settimana Liturgica Nazionale, il XXVII Congresso Eucaristico Nazionale, conclusosi il 25 settembre 2022 con la visita di Papa Francesco a Matera, e tanti altri momenti, non ultima l’ordinazione episcopale di Mons. Biagio Colaianni. Grazie di cuore. Anche a voi chiedo perdono se ho commesso errori.
Carissimi confratelli nel sacerdozio, diaconi, religiosi e religiose, il brano del Vangelo che abbiamo ascoltato si inserisce nel contesto in cui
Gesù esorta: “Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso” (Lc 6,36). Solo con questa consapevolezza possiamo comprendere le parole del Vangelo. Il nostro scopo, come consacrati, è vivere il comandamento dell’amore.
Sappiamo che, nonostante i buoni propositi, ci sono sempre ostacoli, fragilità e pericoli da affrontare. È per questo che il Signore, soprattutto a noi, chiede di avere costanza nella vita interiore, per essere operativi e scoprire di essere sempre più viandanti di speranza.
Questi versetti ci ricordano che, nel nostro ministero di pastori e servitori della Parola, siamo chiamati ad accogliere sempre l’altro, con tutti i suoi limiti e fragilità.
Ogni giorno nella vita pastorale ci troviamo di fronte a persone che bussano alle porte dei nostri cuori, portando con sé disperazione, dolori, incomprensioni e ingiustizie.
Quando qualcuno non viene accolto, significa che la sua esistenza viene ignorata, diventando preda di rapaci.
Nessuno di noi è stato scelto da Gesù per essere una guida cieca, né per puntare il dito sugli altri senza considerare le proprie imperfezioni. Noi viviamo la missione di essere relazione, riconoscendo la nostra fragilità e il nostro bisogno di amore.
Dobbiamo accogliere il bambino dentro di noi, meravigliandoci di come cresciamo accettando di essere figli. Altrimenti, la nostra paternità rifletterà solo il nostro io, non quello di Dio Padre.
Grazie, carissimi presbiteri, siete stati e sarete i primi collaboratori del vescovo. Avete lavorato con impegno, determinazione e amore, anche nei momenti difficili. Ho percepito il bene che mi avete voluto e che continuate a volermi.
Spesso ho cercato di mantenere la calma, come fa un padre in momenti di tensione. Continuate il vostro ministero in questo anno giubilare, animati dalla speranza e con lo sguardo fisso sul Crocifisso, adorando, come Tommaso, il Cristo risorto: “Mio Signore e mio Dio!” (Gv 20,28).
So di poter contare sulla vostra preghiera, ora che sono chiamato a servire Cesena, la città dei Papi: nativi Papa Pio VI, Pio VII, e vescovi Pio VIII e Benedetto XIII. Consapevole dei miei limiti, vi chiedo scusa se non sono sempre riuscito a essere il padre e il maestro che desideravate, capace di offrire un esempio e di condividere le vostre gioie e i vostri dolori.
Rivolgo ancora una volta il mio pensiero ai più fragili, ai bisognosi, agli ammalati, a coloro che, come i pastori di Betlemme, sono stati relegati ai margini della storia.
Nonostante le difficoltà, ho cercato di essere la vostra voce silenziosa, di condividere i vostri dolori nascosti e di entrare nelle vostre sofferenze e solitudini, sempre con rispetto, sia nei luoghi noti che in quelli meno visibili, senza mai cercare appariscenza. Ho tentato di raccogliere i vostri gemiti e grida. Anche a voi dico: perdonatemi se non sono sempre riuscito a raggiungere tutti, come avreste voluto. Vi porterò sempre nel mio cuore.
Infine, un saluto speciale ai giovani, ai quali ho già inviato un messaggio particolare nella chiesa di S. Francesco d’Assisi, dove ci stanno seguendo. La nostra terra di Basilicata ha bisogno di voi, e la nostra Chiesa conta su di voi.
Siate protagonisti, viandanti di speranza, capaci di guidare le generazioni Zeta, Alfa e Beta verso un comune impegno nella costruzione di muri di umanità, sentieri di pace e feritoie di luce, soprattutto nei momenti di difficoltà. Non permettete a nessuno di spegnere la vostra speranza. Sarei felice di potervi accogliere nella mia nuova Chiesa di Cesena-Sarsina, magari per un camposcuola o altre iniziative.
Carissimi fratelli e sorelle di Matera-Irsina, vi affido e mi affido alla Madonna della Bruna, che porterò sempre nel mio cuore e nella mia mente, sotto la protezione di S. Eustachio, S. Giovanni da Matera e S. Eufemia.
Vi abbraccio tutti e vi benedirò sempre.
Così sia”.