Continua a scendere il numero complessivo degli artigiani presenti nel nostro Paese.
Stiamo parlando di persone che in qualità di titolari, soci o collaboratori familiari svolgono un’attività lavorativa prevalentemente manuale.
Pertanto, per poter contare sulla copertura previdenziale devono iscriversi nella gestione artigiani dell’Inps.
Se nel 2012 erano poco meno di 1.867.000 unità, nel 2023 la platea complessiva è crollata di quasi 410mila soggetti (-73mila solo nell’ultimo anno); ora il numero totale sfiora quota 1.457.000.
In questi undici anni abbiamo assistito a una caduta verticale che si è interrotta solo nell’anno post Covid (+2.325 tra il 2021 e il 2020).
Se questa tendenza non sarà invertita stabilmente, non è da escludere che entro una decina d’anni sarà molto difficile trovare un idraulico, un fabbro, un elettricista o un serramentista in grado di eseguire un intervento di riparazione/manutenzione presso la nostra abitazione o nel luogo dove lavoriamo.
L’SOS è lanciato dall’Ufficio studi della Cgia che ha elaborato i dati dell’Inps e di Infocamere/Movimprese.
Negli ultimi decenni tante professioni ad alta intensità manuale hanno subito una svalutazione culturale – rileva la Cgia- che ha allontanato molti ragazzi dal mondo dell’artigianato.
Il tratto del profondo cambiamento avvenuto, ad esempio, è riscontrabile dal risultato che emerge dalla comparazione tra il numero di avvocati e di idraulici presenti nel nostro Paese: se i primi sfiorano le 237mila unità, si stima che i secondi siano “solo” 180mila.
E’ evidente che la fuga dei cervelli in atto nel nostro Paese e, per contro, la mancanza di tante figure professionali di natura tecnica sono imputabili a tante criticità.
A nostro avviso le principali sono: lo scarso interesse che molti giovani hanno nei confronti del lavoro manuale; la mancata programmazione formativa verificatasi in tante regioni del nostro Paese e l’incapacità di migliorare/elevare la qualità dell’orientamento scolastico.
La contrazione degli artigiani e delle loro attività si possono notare anche a occhio nudo.
Girando per le nostre città e i paesi di provincia sono ormai in via di estinzione tantissime botteghe artigianali.
Insomma, non solo diminuisce il numero degli artigiani e le aziende di questo settore, ma anche il paesaggio urbano sta cambiando volto.
Sono ormai ridotte al lumicino le attività storiche che ospitano calzolai, corniciai, fabbri, falegnami, fotografi, lavasecco, orologiai, pellettieri, riparatori di elettrodomestici e Tv, sarti, tappezzieri, etc.
Attività, nella stragrande maggioranza dei casi a conduzione familiare, che hanno contraddistinto la storia di molti quartieri, piazze e vie delle nostre città, diventando dei punti di riferimento per le persone che sono cresciute in questi luoghi.
Le flessioni più marcate in termini percentuali hanno interessato l’Abruzzo con il -29,2 per cento, le Marche con il -26,3 e il Piemonte con il -25,8. In valore assoluto, invece, le perdite di più significative hanno interessato la Lombardia con -60.412 unità, l’Emila Romagna con -46.696 e il Piemonte con -46.139.
Il dato medio nazionale è stato pari al -22 per cento.
A circa metà classifica si posiziona la Basilicata con il 19,2%.
Ecco le tabelle con i dati regione per regione.