“La ricerca archeologica che ha permesso il ritrovamento in territorio di Ferrandina (MT) di un frantoio oleario del IV secolo a.C. – come hanno sottolineato archeologi ed esperti Alsia – per la prima volta una struttura del genere di età pre-romana nella Magna Grecia, testimonia la antichissima propensione di un territorio come quello ferrandinese che rappresenta uno dei simboli dell’olio lucano di qualità”.
A sottolinearlo Lucrezia Digilio, Donne in Campo-Cia e Paolo Colonna, Oprol-Cia aggiungendo che:
“la scoperta rafforza di significato il riconoscimento del marchio IGP olio Lucano che oltre che per la qualità è un riconoscimento di storia, tradizione e passione degli olivicoltori del nostro territorio.
L’Alsia ha reso noto che le principali evidenze sono relative ad una cella olearia costruita con muretti a secco, al cui interno era raccolto il prodotto di spremitura delle olive.
Da essa si dipartono diverse canalette che assecondano il pendio naturale terminando in vasche di pietra funzionali alla purificazione dell’olio.
Il torchio era verosimilmente formato da travi orizzontali con contrappesi mobili, al di sotto delle quali erano collocati i fiscoli con la polpa delle olive.
Facenti parte dell’impianto erano anche due basi di spremitura, attualmente conservate al Museo di Metaponto (MT), e un meccanismo di pressatura con intelaiatura lignea, di cui restano solo le tracce in negativo sul pavimento in terra battuta.
È da immaginare che la cella costituisca solo una porzione di un più ben più ampio complesso rurale, presumibilmente formato da un’area produttiva e da una residenziale.
Giacché i resti messi in luce sono relativi solamente al settore dedicato alla spremitura delle olive, è ipotizzabile che intorno ad essi, in futuro, vadano ricercate le aree adibite alla frangitura e allo stoccaggio delle olive.
Siamo in attesa di conoscere i risultati delle ulteriori analisi paleobotaniche che forniranno ulteriori informazioni sulla tipologia di cultivar e far luce sull’origine della Majatica, l’oliva tipica di Ferrandina.
In tal senso, questo frantoio lucano costituisce un unicum in tutta la Magna Grecia, dove non sono finora documentate strutture olearie di età preromana.
Come è noto, a Ferrandina la cultivar più rappresentata è la maiatica con una superficie di 4266 ha.
La campagna 2020 non è stata delle migliori a causa delle condizioni atmosferiche dei mesi estivi, alla mosca olearea nonché all’abbandono di numerosi areali ad uliveto.
La scoperta del frantoio oleario del IV secolo a.C., ci sprona a continuare nel percorso del progetto di filiera olivicola interregionale che stiamo perseguendo.
Con questo progetto l’organizzazione produttori olivicoli Lucani vuole dare l’opportunità ai propri associati di rafforzare le proprie aziende con la possibilità di una ristrutturazione aziendale a 360 gradi per renderli più competitivi sul mercato.
Obiettivo centrale è produrre olio di più alta qualità.
Le condizioni del comparto in generale sono tutt’altro che facili, ma la sfida che ci viene posta in questo momento è di uscire fuori dalla fase Covid più rafforzati e quindi più forti di prima.
Inoltre, con il progetto si propone a breve di costituire con un proprio marchio una linea di produzione su tutta la filiera regionale al fine di collocare un prodotto a marchio unico in determinati segmenti di mercato per remunerare meglio di lavoro degli olivicoltori.
La filiera è costituita:
- dai soci olivicoltori;
- da 4 centri di raccolta olive situati a Lavello (PZ), Montescaglioso (MT), Grassano (MT) e Ferrandina (MT);
- da 4 tecnici agronomi presenti su tutto il territorio regionale;
- da 7 frantoi che producono olio extra vergine di oliva e commercializzano direttamente al consumatore finale;
- da una rete commerciale indiretta che commercializza sempre direttamente al consumatore finale e quindi alle famiglie, in Italia e all’estero.
La media aziendale è di 1,4 ettari”.