Nel Metapontino agricoltori in grave difficoltà: il caldo africano distrugge i raccolti! La richiesta urgente

L’elevato caldo africano in corso da giorni mette a dura prova l’agricoltura lucana, già segnata dalla carenza idrica e dai disservizi per l’irrigazione che in numerose aree agricole – tra le quali il Metapontino e la Val d’Agri – sta caratterizzando la stagione estiva 2021.

I metereologi hanno segnalato che Luglio è stato il mese più caldo della storia, con ben 1,4 gradi di temperatura sopra la media europea, con conseguenze dirette sulla conta dei danni subiti per il settore agricolo che secondo la Cia-Agricoltori è più che consistente.

In particolare le produzioni ortofrutticole sono le più colpite.

Nello specifico, la campagna del pomodoro registra un arretramento nelle quantità prodotte e raccolte.

Sulla resa quantitativa stanno incidendo in maniera pesante eventi climatici estremi.

Con le precedenti piogge persistenti e grandinate, infatti, molte piante e pomodori in fase di crescita sono stati irrimediabilmente danneggiati.

Le altissime temperature dell’ultima decade di Luglio, invece, assieme a una mancanza di normali precipitazioni durante gli ultimi tre mesi, hanno fatto collassare migliaia di piante.

Con la tropicalizzazione del clima, insomma, di acqua ce n’è o troppa o per niente.

Questo crea un vero e proprio shock termico e idrico, capace di causare la distruzione delle piante o un danno che pregiudica una buona parte del raccolto.

Una situazione estremamente preoccupante, dunque, sulla quale, secondo Cia, è necessario si intervenga per aiutare i produttori in difficoltà e determinare una inversione di tendenza tale da mettere al riparo tutta la seconda parte della campagna di pomodori.

In ogni caso, sarà molto difficile che si raggiungano le quantità del 2020, nonostante quest’anno il centrosud, complessivamente, abbia fatto registrare un aumento del 14% delle superfici coltivate a pomodoro, col dato assoluto che si attesta a 32.540 ettari.

Anche le altre colture ortofrutticole pregiate risentono fortemente delle temperature africane con conseguenze dirette sulla vendita dal fruttivendolo o supermercato dove grandi quantitativi di frutta e verdura se non sono commercializzati in un paio di giorni finiscono in spazzatura.

Soprattutto d’estate lo spreco dei prodotti ortofrutticoli raggiunge quantitativi e un gettito economico molto consistenti.

La temperatura ci mette del suo ma è soprattutto la diffusissima tendenza dei consumatori a scartare frutti ed ortaggi “brutti ma buoni” a produrre il fenomeno.

La Cia- Agricoltori lucana mette a disposizione le sue strutture, a partire dal GIE (Gruppo di interesse economico) ortofrutta, come tavolo tecnico, per studiare a fondo la problematica e dare supporto alle Istituzioni e alle Organizzazioni dei Produttori per sollevare questioni importanti sul fronte consumi, come il riconoscimento dei requisiti salutistici della frutta e della verdura , l’armonizzazione europea dell’uso dei fitofarmaci, la creazione di un catasto nazionale delle principali specie frutticole.

Dicono alla Cia:

“Il calo progressivo dei consumi di frutta e verdura specie da noi e al Sud è un fenomeno in atto da oltre 10 anni, con una perdita di quantità acquistate per famiglia di circa 140 Kg annui.

Dobbiamo prestare la massima attenzione alle esigenze dei consumatori sintetizzabili in 5 punti chiave:

  • sicurezza;
  • benessere;
  • legame con la natura;
  • facilità d’uso;
  • stile di vita semplice;
  • risparmio e lotta allo spreco.

Ai consumatori l’invito a riflettere: non tutte le nettarine possono essere perfette, come se prodotte in catena di montaggio e pertanto assicurandosi della provenienza e salubrità non devono finire in spazzatura.

Se tutti i supermercati adottassero la politica di vendere frutti non perfetti esteticamente ma ugualmente commestibili, pensiamo che si potrebbe migliorare di molto il divario tra prezzo di acquisto sulla pianta e prezzo alla vendita.

Forse si registrerebbe anche un maggiore consumo in generale e si espliciterebbe il tanto decantato aspetto etico e sociale del mondo dell’ortofrutta, che finora si è intravisto solo per coltivazioni o prodotti provenienti da Paesi terzi dell’Ue ed extra Ue”.