Papa Francesco stamane è stato in visita a Matera per la Giornata conclusiva del XXVII Congresso Eucaristico Nazionale intitolato:“Torniamo al gusto del pane. Per una Chiesa eucaristica e sinodale”.
Il Pontefice ha commentato il Vangelo di oggi durante l’omelia della Messa a Matera.
Presenti in circa 12000 fedeli.
Ecco le sue parole:
“Il nostro futuro eterno dipende da questa vita presente: se scaviamo adesso un abisso con i fratelli e le sorelle, ci ‘scaviamo la fossa’ per il dopo; se alziamo adesso dei muri contro i fratelli e le sorelle, restiamo imprigionati nella solitudine e nella morte anche dopo.
È doloroso vedere che questa parabola è ancora storia dei nostri giorni: le ingiustizie, le disparità, le risorse della terra distribuite in modo iniquo, i soprusi dei potenti nei confronti dei deboli, l’indifferenza verso il grido dei poveri, l’abisso che ogni giorno scaviamo generando emarginazione, non possono lasciarci indifferenti.
Dio allora chiede un’effettiva conversione: dall’indifferenza alla compassione, dallo spreco alla condivisione, dall’egoismo all’amore, dall’individualismo alla fraternità.
Sogniamo una Chiesa così: eucaristica.
Fatta di donne e uomini che si spezzano come pane per tutti coloro che masticano la solitudine e la povertà, per coloro che sono affamati di tenerezza e di compassione, per coloro la cui vita si sta sbriciolando perché è venuto a mancare il lievito buono della speranza.
Una Chiesa che si inginocchia davanti all’Eucaristia e adora con stupore il Signore presente nel pane; ma che sa anche piegarsi con compassione e tenerezza dinanzi alle ferite di chi soffre, sollevando i poveri, asciugando le lacrime di chi soffre, facendosi pane di speranza e di gioia per tutti.
Perché non c’è un vero culto eucaristico senza compassione per i tanti ‘Lazzaro’ che anche oggi ci camminano accanto, tanti.
Anche oggi spesso domina la religione dell’avere.
Com’è triste anche oggi questa realtà, quando confondiamo quello che siamo con quello che abbiamo, quando giudichiamo le persone dalla ricchezza che hanno, dai titoli che esibiscono, dai ruoli che ricoprono o dalla marca del vestito che indossano.
È la religione dell’avere e dell’apparire, che spesso domina la scena di questo mondo, ma alla fine ci lascia a mani vuote sempre.
Se adoriamo noi stessi, moriamo nell’asfissia del nostro piccolo io; se adoriamo le ricchezze di questo mondo, esse si impossessano di noi e ci rendono schiavi; se adoriamo il dio dell’apparenza e ci inebriamo nello spreco, prima o dopo la vita stessa ci chiederà il conto.
Sempre la vita ci chiede il conto.
Quando invece adoriamo il Signore Gesù presente nell’Eucaristia, riceviamo uno sguardo nuovo anche sulla nostra vita: io non sono le cose che possiedo e i successi che riesco a ottenere; il valore della mia vita non dipende da quanto riesco a esibire né diminuisce quando vado incontro ai fallimenti e agli insuccessi.
Io sono un figlio amato, ognuno di noi è un figlio amato; sono benedetto da Dio.
Fratelli, sorelle, da questa città di Matera, ‘città del pane’, vorrei dirvi: ritorniamo a Gesù, ritorniamo all’Eucaristia.
Torniamo al gusto del pane, perché mentre siamo affamati di amore e di speranza, o siamo spezzati dai travagli e dalle sofferenze della vita, Gesù si fa cibo che ci sfama e ci guarisce.
Torniamo al gusto del pane, perché mentre nel mondo continuano a consumarsi ingiustizie e discriminazioni verso i poveri, Gesù ci dona il Pane della condivisione e ci manda ogni giorno come apostoli di fraternità, di giustizia e di pace.