Animali in pericolo nel Parco Nazionale Appennino Lucano.
A seguito del ritrovamento, nelle ultime settimane, di alcuni animali con sintomi da avvelenamento, probabilmente riconducibile a prodotti fitosanitari, il sub-commissario Antonio L. Conte lancia l’allarme:
“Dobbiamo tenere alta l’attenzione sul tema dell’uso di prodotti chimici nell’agricoltura e sviluppare un percorso di informazione e condivisione di buone pratiche per intraprendere una strada che porti al loro abbandono”.
L’Ente Parco aggiunge:
“Come ben sanno gli operatori dei Centri di Recupero Animali Selvatici (CRAS) e come più volte denunciato da molte associazioni ambientaliste, soprattutto in primavera, in concomitanza con i trattamenti di gestione delle piante infestanti, molti animali, soprattutto rapaci come i gufi, vengono trovati a terra o moribondi con evidenti sintomi di avvelenamento da sostanze chimiche.
Altrettanto frequentemente vengono ritrovati anche pulli, che nonostante le cure e le attenzioni dei volontari dei CRAS sviluppano patologie neuro-degenerative che ne precludono la liberazione, condannandoli ad una vita in gabbia.
In molti casi il principale indiziato sembra essere l’ormai tristemente noto glifosato, sostanza di base di innumerevoli prodotti usati per diserbare le strade e i frutteti.
Purtroppo, la scelta di usare prodotti chimici, operata da molti cittadini e aziende, ha delle conseguenze a dir poco nefaste sulla fauna e sulla flora locale.
Sono migliaia gli animali, sia selvatici che domestici, che vengono uccisi da queste sostanze ogni anno, come migliaia sono le specie di piante protette distrutte da questi mix tossici.
Ma come se non bastasse, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, circa 26 milioni di persone nel mondo vengono intossicate ogni anni da pesticidi (dati report “Cambia la Terra 2018”).
Ha ancora un senso utilizzare questi prodotti pericolosi anche per la salute pubblica? – “Chiaramente no!” – sostiene il Sub-commissario – ‘Esistono diverse esperienze e molti dati scientifici che dimostrano come si possano gestire le aree verdi urbane e le zone rurali senza per questo avvelenare l’ecosistema.
Ad esempio, una corretta conoscenza del ciclo biologico delle piante più problematiche, integrato ad un trattamento meccanico o biologico, o a trattamenti a base di erbicidi di origine naturale, come l’acido pelargonico, possono evitare il ricorso a sostanze chimiche pericolose’.
Come denunciato da Pesticide Action Network (PAN), una rete di oltre 600 organizzazioni non governative, operante in 60 paesi nel mondo, che lavorano per ridurre gli effetti negativi dei pesticidi pericolosi, queste sostanze si trovano spesso nei luoghi più impensabili e sono in grado di annidarsi nella rete alimentare.
Questo network internazionale, basandosi anche su dati dell’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) e l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), considera il glifosato molto pericoloso e in grado di provocare il cancro (classificazione IARC di sostanze 2A).
Nel report ‘Alternative all’uso di erbicidi nella gestione delle infestanti – Il caso del glifosato’ sempre Pesticide Action Network (PAN) riporta numerosi studi che hanno dimostrato una serie di effetti nefasti sulla salute degli animali da laboratorio esposti al glifosato come cancerogenicità, genotossicità, disturbi riproduttivi, dello sviluppo e del sistema endocrino.
La questione dell’abuso di sostanze chimiche in agricoltura è affrontata con molta preoccupazione, ormai, sia in Europa che in Italia.
Tant’è che il Ministero della Transizione Ecologica sta facendo pressione sulle aree protette affinché si adoperino, per l’attuazione e la diffusione, buone pratiche per la riduzione dell’uso di sostanze chimiche.
In particolar modo si fa riferimento all’applicazione del Piano d’Azione Nazionale (PAN) per l’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari (Direttiva 2009/128/CE, DM 22/2/14 ai sensi dell’Art. 6 del decreto legislativo 14 agosto 2012, n. 150)”.
Il Sub-commissario ribadisce quindi:
“Prendo spunto dalle vicende recenti, che hanno visto il recupero di una famiglia di gufi, intossicata da un uso sconsiderato di erbicidi, per invitare le amministrazioni, i cittadini e le aziende dell’area protetta ad abbandonare pratiche di diserbo basate sull’uso di sostanze tossiche per l’ambiente e per le persone.
Torniamo a guardare alla terra e al territorio con rispetto, abbandoniamo pratiche inutili e dannose, abbiamo le conoscenze per farlo!”.